domenica 8 novembre 2015

La riflessione
Protezione-Obbedienza:
alla ricerca  dell’endiadi perduta…
di Giuliano Borghi





 La Politica costituisce una attività autonoma che ha in se stessa, e non fuori di sé, la ragione che la giustifica e la caratterizza. L’arte della politica è essenzialmente un’arte della decisione e risponde ad una precisa necessità della vita sociale. Il suo compito è quello di impiantare le condizioni di fondo che permettano di realizzare con la migliore efficacia la salus populi. Ossia:la protezione e la prosperità (*) dei Cittadini, consentendo ad ognuno di essi di seguire la sua vocazione nel mosaico della Città, senza portare nocumento agli altri. 

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All’aurora della Modernità, quelli che diverranno i nuovi cittadini moderni stipulano tra di loro un preciso patto sociale, dopo aver convenuto che per regolare la loro convivenza sociale e politica, non dovessero più ubbidire alla legge dell’imperatore o a quella del Papa, ma unicamente ad una legge fatta da uomini liberi per altri uomini liberi. E’ il tempo della autonomia della politica che risponde solo al suo punto cardinale di intimazione: garantire ai cittadini come condizione necessaria una sicura protezione contro i nemici interni ed esterni e come condizione sufficiente una adeguata prosperità. Per questo, gli uomini convengono nel patto con il quale si uniscono in società , di rinunciare al loro individuale diritto naturale di vendetta e di resistenza, consapevoli che conviene ad ognuno concedere il monopolio della violenza all’istituzione che “ li fa stare”, Stato, potendo questo godere di apparati, polizia, giudici, tribunali, di potenza di gran lunga superiore alla misura dell’individuo e anche all’assieme delle forze dei singoli.
Il patto politico ha termini inequivocabili: obbedienza , con la rinuncia al naturale diritto di vendetta,  quale controparte obbligante della protezione   Questa è la conditio sine qua non che stringe tra  loro gli autori del patto stesso.
Un tale patto, disteso sull’accettazione del rapporto comando-obbedienza, ha vigenza unicamente se alla prestazione d’obbedienza dei cittadini fa contraccambio la controprestazione della protezione e della prosperità da parte dei governanti, se questi ,cioè, sanno garantire con le loro decisioni la salus populi.

Pertanto, o l’organizzazione dei poteri pubblici assicura a tutti i settori sociali, compresi quelli “genuinamente” più deboli,  la protezione, con questo onorando il patto sociale che le conferisce autorità, oppure lo contraddice, ponendosi con questo al di fuori della decisione del patto sociale e perdendo a seguire ogni ragione ad essere obbedita. In questa seconda ipotesi, finirebbe per innescarsi un naturale processo di delegittimazione e la simultanea lievitazione di quel legittimo “diritto di resistenza”, che il patto sociale implica e predica come giusta azione di rivalsa e difesa contro ogni illegittimo autoritarismo. Con la ri-appropriazione da parte del singolo del suo naturale diritto di vendetta.
Se rigettato, non per sua colpa, ma per l’ignavia, l’ insipienza, o l’incapacità dei governanti in quel disordine originario pre-statale, dal quale era uscito con il patto sociale, l’individuo non potrebbe avere altra scelta se non quella di organizzare legittimamente da sé la difesa di se stesso, utilizzando tutti i mezzi che gli sarà possibile far propri.
Almeno fino a quando, con un rinnovato patto politico, gli sarà dato di rientrare in quella Città, dalla quale, suo malgrado, era stato costretto ad uscire.
                                                                                                            Giuliano Borghi

(*) Si è qui considerata solo la prima condizione del patto, quella necessaria della protezione. Per la seconda, quella della prosperità, non meno vitale della prima, non mancherà più avanti l’occasione. 

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Giuliano Borghi, docente di filosofia politica nelle università di Roma e Teramo. Ha pubblicato studi su Evola, Platone, Nietzsche, il pensiero tragico e la filosofia della crisi.  Si occupa in particolare dei rapporti tra pensiero politico ed economico dal punto di vista dell'antropologia filosofica.



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