Privatizzazioni
Perché
non cominciare dalla Sanità?
A fronte del nostro
debito pubblico i dieci/dodici miliardi di privatizzazioni
annunciati da Letta sono un’inezia. Fumo da gettare negli
occhi della Ue, confidando nella benevolenza, qualcuno
direbbe il buon cuore, dei Commissari di Bruxelles,
soprattutto ora che Berlusconi, non amato in Europa, sembra fuori
dai giochi.
In realtà, in
Italia il vero nodo da sciogliere resta quello della spesa sanitaria che
si aggira intorno ai cento/centoventi miliardi annui, grosso modo l’otto per
cento del Pil. Ma nessuno ha il coraggio di parlare apertamente di privatizzazione.
Per quale ragione?
I politici
perché hanno paura di perdere la gestione, soprattutto sul piano
regionale, della cassaforte-sanità… I medici perché hanno l’Intra
Moenia… I sindacati perché contrari per principio… I privati del
settore perché al rischio di impresa privilegiano le nicchie o
rendite del sistema misto… I cittadini perché quando si
tratta di salute preferiscono pagare e tacere, mostrando
di gradire il certo per l’incerto.
Di conseguenza
si preferisce rilanciare il pubblico evocando le mitiche
virtù della razionalizzazione. Tradotto: un taglio qui,
un taglio lì, senza però cambiare direzione di marcia e procrastinando i
miglioramenti. In questo modo, inevitabilmente, la qualità dei servizi,
già cattiva, peggiora, ma, d'altra parte, neppure si recide
la speranza che le cose, grazie ai tagli di oggi, possano
migliorare domani. Del resto solo così - spostando sempre più
avanti la linea del traguardo - possono continuare a dettar
legge le varie lobby: politici, medici, sindacati, e
imprenditoria privata assistita… E il cittadino? Viene considerato un
fesso da intimorire agitando lo spauracchio del “salto nel buio” o
da rincuorare evocando la sanità pubblica perfetta di
un futuro a portata di mano.
Che aggiungere? Continuiamo a farci del male.
Che aggiungere? Continuiamo a farci del male.
Carlo Gambescia
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