venerdì 22 novembre 2013

Privatizzazioni 
Perché 
non cominciare dalla Sanità?   




A fronte del nostro  debito pubblico i dieci/dodici miliardi di privatizzazioni  annunciati da Letta sono un’inezia. Fumo  da gettare  negli  occhi  della  Ue,  confidando nella benevolenza, qualcuno direbbe il buon cuore,   dei Commissari di Bruxelles, soprattutto  ora che Berlusconi, non amato in Europa, sembra  fuori dai  giochi.
In realtà,  in Italia il vero nodo da sciogliere resta  quello della spesa sanitaria che si aggira intorno ai cento/centoventi miliardi annui, grosso modo l’otto per cento del Pil. Ma nessuno ha il coraggio di  parlare apertamente di privatizzazione.   Per quale ragione?
I politici  perché hanno paura di perdere la gestione, soprattutto sul piano regionale, della cassaforte-sanità…  I medici  perché hanno l’Intra Moenia… I sindacati perché contrari per principio…   I privati del settore  perché al rischio di impresa privilegiano le nicchie o  rendite del sistema misto…  I cittadini perché  quando si tratta di salute preferiscono  pagare e  tacere,  mostrando  di gradire   il certo  per l’incerto.

Di conseguenza  si preferisce rilanciare il pubblico evocando  le mitiche  virtù  della razionalizzazione.  Tradotto: un taglio qui,  un taglio lì, senza però cambiare direzione di marcia e procrastinando i miglioramenti.  In questo modo, inevitabilmente,  la qualità dei servizi, già cattiva, peggiora,  ma,  d'altra parte, neppure si recide  la speranza che  le cose, grazie ai tagli di oggi, possano migliorare domani.  Del resto solo così -  spostando sempre più avanti la linea del traguardo -   possono  continuare  a dettar  legge le varie lobby:  politici, medici, sindacati, e imprenditoria  privata assistita… E il cittadino? Viene considerato un fesso da intimorire  agitando lo spauracchio del  “salto nel buio” o  da rincuorare evocando la  sanità pubblica perfetta  di  un futuro a portata di mano.
Che aggiungere? Continuiamo a farci del male.

Carlo Gambescia

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