venerdì 8 novembre 2013


Draghi e il taglio dei tassi
Il dirigismo non funziona più



Draghi riduce quasi a zero il cosiddetto tasso di riferimento  e i mercati, satolli  di denaro a buon mercato, snobbano la sforbiciata e continuano a perdere colpi.  Altro che  ripresa a portata di mano …  
Esistono, grosso modo,  due teorie sul rapporto tra  costo del denaro  e  andamento del mercato.
La prima,  puntando  su una visione dirigista, ritiene manipolabile il tasso di sconto.  
La seconda, confidando in  una concezione liberista,  rifiuta qualsiasi  manipolazione del tasso di sconto.
Dal punto di vista storico - semplificando al massimo -   l’Ottocento vide  vincere le idee dei liberisti, il Novecento, quelle dei dirigisti.  E il nostro secolo, appena iniziato, da che parte sembra andare? Per il momento, ancora verso la sponda  dirigista. Anche se i fatti,  sembrano dare ragione ai liberisti. Infatti, la discesa  dei tassi  non pare conseguire i risultati sperati e influire sulla durata della crisi. È giusto sottolineare,  che dal punto di vista liberista, sarebbe criticabile, se imposta dall’alto, anche una politica  di crescita del tasso di sconto.
Va infine ricordato che Murray Rothbard, in un libro  dedicato alla Grande Depressione, dall’omonimo titolo (Rubbettino), collega  causalmente, e  in modo convincente,    il  denaro facile,  pilotato dall’ autorità politiche,  alla crisi del 1929 e alla  lunga  depressione economica che ne seguì, prima favorendo la speculazione borsistica,  poi la proliferazione di  rendite  politico-sociali.      
Naturalmente Rothbard, come è noto, non è un simpatizzante di Keynes e dei lavori pubblici a manetta.  Tuttavia,  il nostro  non è un invito  a  sposare, in chiave fideistica, l’una o l’altra tesi,  ma, più semplicemente, ad allargare l’orizzonte della riflessione economica. E soprattutto a  rinunciare a stereotipi e pregiudizi: se i fatti provano che  -  almeno per ora -  il dirigismo dei tassi  non  funziona più,  perché insistere?      

Carlo Gambescia 


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