Il dirigismo non
funziona più
Draghi riduce quasi
a zero il cosiddetto tasso di riferimento e i mercati, satolli di
denaro a buon mercato, snobbano la sforbiciata e continuano a perdere
colpi. Altro che ripresa a portata di mano …
Esistono, grosso
modo, due teorie sul rapporto tra costo del denaro e
andamento del mercato.
La prima,
puntando su una visione dirigista, ritiene manipolabile il tasso di
sconto.
La seconda,
confidando in una concezione liberista, rifiuta qualsiasi
manipolazione del tasso di sconto.
Dal punto di vista
storico - semplificando al massimo - l’Ottocento vide vincere
le idee dei liberisti, il Novecento, quelle dei dirigisti. E il nostro
secolo, appena iniziato, da che parte sembra andare? Per il momento, ancora
verso la sponda dirigista. Anche se i fatti, sembrano dare ragione
ai liberisti. Infatti, la discesa dei tassi non pare conseguire i
risultati sperati e influire sulla durata della crisi. È giusto
sottolineare, che dal punto di vista liberista, sarebbe criticabile, se
imposta dall’alto, anche una politica di crescita del tasso di sconto.
Va infine ricordato
che Murray Rothbard, in un libro dedicato alla Grande Depressione,
dall’omonimo titolo (Rubbettino), collega causalmente, e in modo
convincente, il denaro facile, pilotato dall’
autorità politiche, alla crisi del 1929 e alla lunga
depressione economica che ne seguì, prima favorendo la speculazione borsistica,
poi la proliferazione di rendite politico-sociali.
Naturalmente
Rothbard, come è noto, non è un simpatizzante di Keynes e dei lavori pubblici a
manetta. Tuttavia, il nostro non è un invito a
sposare, in chiave fideistica, l’una o l’altra tesi, ma, più
semplicemente, ad allargare l’orizzonte della riflessione economica. E soprattutto
a rinunciare a stereotipi e pregiudizi: se i fatti provano che
- almeno per ora - il dirigismo dei tassi non
funziona più, perché insistere?
Carlo Gambescia
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