giovedì 7 novembre 2013


Il libro della settimana:  Roberto Zapperi, Freud e Mussolini. La psicoanalisi in Italia durante il regime fascista, Franco Angeli 2103, pp. 140, Euro  18,00.



Che cosa potevano avere in comune Freud e Mussolini?  Il raffinato speleologo dell’anima umana e lo spregiudicato incantatore di anime politiche? Nulla.  Eppure esiste un reciproco scambio di dediche… Quindi,  sotto sotto? Come vedremo, no.  
Il merito di aver fatto luce su un accoppiamento poco giudizioso è del  ghiotto libro di Roberto Zapperi, Freud e Mussolini. La psicoanalisi in Italia durante il regime fascista (Franco Angeli). Dove lo storico ricostruisce  l'intera  vicenda, allargando giustamente  le  indagini anche i “rapporti”, più che altro di “polizia”,  tra i pochi  ma ferrati  seguaci italiani della psicanalisi  e  l'occhiuto  fascismo  maggioritario dei funzionari. 
Diciamo subito che l’idea della prima dedica  non fu propriamente di Mussolini, ma del suo drammaturgo preferito, Giovacchino Forzano,  giunto a Vienna al seguito di  Edoardo e Concetta Weiss, figlia del famoso allievo italiano di Freud,  bisognosa di  un consulto a così  alto livello.  Forzano ebbe il classico lampo di invasività italiana: quello di donare al padre della psicanalisi, l’edizione tedesca di  Campo di Maggio, dramma sui "Cento giorni" napoleonici,  messo in scena nel 1930, più pensato (che scritto)  a quattro mani dal drammaturgo con  Mussolini,  il quale, nella versione tedesca,  figurava in copertina come coautore. Di qui,  la dedica di Forzano, unico autore presente fisicamente,  e perciò debita e indebita al tempo stesso: «A Sigmund Freud/ che renderà migliore il mondo,/ con ammirazione e/ riconoscenza/Vienna 26 aprile  1933 XI° - Benito Mussolini und G. Forzano».   
Non ancora  contento,  il drammaturgo  chiese a Freud di ricambiare con un libro per Mussolini, ovviamente con dedica. Freud  reciprocò con  Warum Krieg? (Perché la guerra?): opera  fresca di stampa che ospitava due saggi  freudiani e il carteggio con Alfred Einstein (in copertina quale coautore) sulla necessità di un'eziologia pacifista della guerra.  L'esatto contrario - dettaglio non trascurabile -  della visione mussoliniana.  E Freud vi appose la seguente dedica: « A Benito Mussolini coi rispettosi  saluti di un vecchio che nel detentore del potere riconosce l’eroe della civiltà. Vienna, 26 aprile 1933. Freud». Dedica che il Duce  gradì,   sicuramente più di un  libro "panciafichista"  per dirla con il linguaggio politicamente corretto dell'epoca fascista. Ogni età ha il suo.
Come è noto, la dedica  è  tuttora molto  criticata.  Ma in realtà, come si evince dalla ricostruzione di  Zapperi,  Freud - siamo nel 1933  -  confidava, da buon conservatore liberale, nella politica filo-austriaca ( e quindi anti-Anschluss)  di Mussolini. Per farla breve: nel fascismo italiano  come scudo contro Hitler per conservare l'indipendenza dell'Austria di Dolfuß , cattolica, corporativa con tratti antisemiti  ma non ancora ferocemente  nazista,  e così evitare la  brutale  persecuzione della comunità ebraica. Un atto di calcolato realismo, da parte di  uno scienziato digiuno di aritmetica politica,  che la  crudele  forza  delle cose (politiche) avrebbe tristemente sconfessato.  Tutto qui. Nessuna adesione ideologica, insomma. Del resto,  i due uomini erano profondamente diversi per carattere, ruolo sociale,  idee.  Da una parte la scienza, come studio disinteressato della psiche umana (Freud) dall’altra la politica (Mussolini) come volontà di trasformazione della realtà. In sintesi: da un lato l'olimpico comprendere, dall’altro il dionisiaco agire… 
Freud e Mussolini è molto interessante anche per altri aspetti. Ne ricordiamo alcuni: l’approfondimento della figura di Edoardo Weiss; le critiche della cultura cattolica a Freud, in primis quella di Wilhelm Schmidt, sacerdote ed etnologo; le roventi pagine antifreudiane di Guido De Ruggiero; il mito di Mussolini tra gli intellettuali tedeschi; la microstoria della dignitosissima  voce dedicata a Freud (scritta da Weiss) nella gentiliana Treccani;  la descrizione, senza sconti, del liberalismo freudiano, però giustamente  nemico di tutti gli estremismi, rossi, bruni,  neri  e clericali.

Roberto Zapperi,  Freud e Mussolini,  Franco Angeli, p. 36

Singolare, infine, il documento (sopra riprodotto) della Regia Questura di Roma,  pubblicato da Zapperi, datato  25 maggio 1935, dove parlando di Emilio Servadio, altro notevole studioso italiano di psicanalisi, si accenna al «dottor Sigismondo Freud, Professore all’Università Vienna […] già segnalato a questo Ufficio  come elemento sospetto da rintracciare a fermare, dalla locale Regia Prefettura, con nota n. 01259 del 1° Febbraio 1930».

Insomma, su Freud  pendeva fin dal 1930 un  mandato di arresto... Mussolini, seppure per interposta mano, aveva  scritto la dedica per un ricercato…  Inutile però stupirsi:  per dirla con il grande Foscolo, «ne’ tempi licenziosi e tirannici i governi sono sempre ubriachi di lodi e sempre di lodi assetati».   

Carlo Gambescia  

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