Il libro della settimana: Roberto Zapperi, Freud e Mussolini. La psicoanalisi
in Italia durante il regime fascista, Franco Angeli 2103, pp. 140, Euro 18,00.
Che cosa potevano
avere in comune Freud e Mussolini? Il raffinato speleologo dell’anima
umana e lo spregiudicato incantatore di anime politiche? Nulla. Eppure
esiste un reciproco scambio di dediche… Quindi, sotto sotto? Come
vedremo, no.
Il merito di aver fatto luce su un accoppiamento poco giudizioso è del ghiotto libro di Roberto Zapperi, Freud e Mussolini. La psicoanalisi in Italia durante il regime fascista (Franco Angeli). Dove lo storico ricostruisce l'intera vicenda, allargando giustamente le indagini anche i “rapporti”, più che altro di “polizia”, tra i pochi ma ferrati seguaci italiani della psicanalisi e l'occhiuto fascismo maggioritario dei funzionari.
Il merito di aver fatto luce su un accoppiamento poco giudizioso è del ghiotto libro di Roberto Zapperi, Freud e Mussolini. La psicoanalisi in Italia durante il regime fascista (Franco Angeli). Dove lo storico ricostruisce l'intera vicenda, allargando giustamente le indagini anche i “rapporti”, più che altro di “polizia”, tra i pochi ma ferrati seguaci italiani della psicanalisi e l'occhiuto fascismo maggioritario dei funzionari.
Diciamo subito che
l’idea della prima dedica non fu propriamente di Mussolini,
ma del suo drammaturgo preferito, Giovacchino Forzano, giunto a Vienna al
seguito di Edoardo e Concetta Weiss, figlia del famoso allievo italiano
di Freud, bisognosa di un consulto a così alto livello.
Forzano ebbe il classico lampo di invasività italiana: quello di donare
al padre della psicanalisi, l’edizione tedesca di Campo di Maggio, dramma sui
"Cento giorni" napoleonici, messo in scena nel 1930, più
pensato (che scritto) a quattro mani dal drammaturgo con Mussolini,
il quale, nella versione tedesca, figurava in copertina come
coautore. Di qui, la dedica di Forzano, unico autore presente
fisicamente, e perciò debita e indebita al tempo stesso: «A Sigmund
Freud/ che renderà migliore il mondo,/ con ammirazione e/ riconoscenza/Vienna
26 aprile 1933 XI° - Benito Mussolini und G. Forzano».
Non ancora
contento, il drammaturgo chiese a Freud di ricambiare con un
libro per Mussolini, ovviamente con dedica. Freud reciprocò con Warum Krieg? (Perché la
guerra?): opera fresca di stampa che ospitava due saggi
freudiani e il carteggio con Alfred Einstein (in copertina quale
coautore) sulla necessità di un'eziologia pacifista della guerra.
L'esatto contrario - dettaglio non trascurabile - della visione
mussoliniana. E Freud vi appose la seguente dedica: « A Benito Mussolini
coi rispettosi saluti di un vecchio che nel detentore del potere
riconosce l’eroe della civiltà. Vienna, 26 aprile 1933. Freud». Dedica che il
Duce gradì, sicuramente più di un libro "panciafichista"
per dirla con il linguaggio politicamente corretto dell'epoca fascista.
Ogni età ha il suo.
Come è noto, la
dedica è tuttora molto criticata. Ma in realtà, come si
evince dalla ricostruzione di Zapperi, Freud - siamo nel 1933
- confidava, da buon conservatore liberale, nella politica filo-austriaca
( e quindi anti-Anschluss) di Mussolini. Per farla breve: nel fascismo
italiano come scudo contro Hitler per conservare l'indipendenza
dell'Austria di Dolfuß , cattolica, corporativa con tratti antisemiti ma
non ancora ferocemente nazista, e così evitare la brutale
persecuzione della comunità ebraica. Un atto di calcolato realismo,
da parte di uno scienziato digiuno di aritmetica politica, che la
crudele forza delle cose (politiche) avrebbe tristemente
sconfessato. Tutto qui. Nessuna adesione ideologica, insomma. Del resto,
i due uomini erano profondamente diversi per carattere, ruolo
sociale, idee. Da una parte la scienza, come studio disinteressato
della psiche umana (Freud) dall’altra la politica (Mussolini) come volontà di
trasformazione della realtà. In sintesi: da un lato l'olimpico comprendere,
dall’altro il dionisiaco agire…
Freud e Mussolini è molto interessante anche per altri
aspetti. Ne ricordiamo alcuni: l’approfondimento della figura di Edoardo Weiss;
le critiche della cultura cattolica a Freud, in
primis quella di Wilhelm
Schmidt, sacerdote ed etnologo; le roventi pagine antifreudiane di Guido De
Ruggiero; il mito di Mussolini tra gli intellettuali tedeschi; la microstoria
della dignitosissima voce dedicata a Freud (scritta da Weiss) nella
gentiliana Treccani; la descrizione, senza sconti, del liberalismo
freudiano, però giustamente nemico di tutti gli estremismi, rossi,
bruni, neri e clericali.
Roberto Zapperi, Freud e Mussolini, Franco Angeli, p. 36 |
Singolare, infine,
il documento (sopra riprodotto) della Regia Questura di Roma, pubblicato
da Zapperi, datato 25 maggio 1935, dove parlando di Emilio Servadio,
altro notevole studioso italiano di psicanalisi, si accenna al «dottor
Sigismondo Freud, Professore all’Università Vienna […] già segnalato a questo
Ufficio come elemento sospetto da rintracciare a fermare, dalla locale
Regia Prefettura, con nota n. 01259 del 1° Febbraio 1930».
Insomma, su Freud
pendeva fin dal 1930 un mandato di arresto... Mussolini, seppure
per interposta mano, aveva scritto la dedica per un ricercato…
Inutile però stupirsi: per dirla con il grande Foscolo, «ne’ tempi
licenziosi e tirannici i governi sono sempre ubriachi di lodi e sempre di lodi assetati».
Carlo Gambescia
Nessun commento:
Posta un commento