Con
la morte di Costanzo
Preve l’anticapitalismo italiano, nelle sue varie
tendenze politiche, perde il maggiore protagonista. Nella prima metà
degli anni Duemila ebbi modo di seguirlo editorialmente come autore e al
contempo frequentarlo come uomo. E, a un decennio di
distanza, non posso non riconoscere l’eccellenza dell’uno e dell’altro.
Naturalmente,
parliamo di un pensiero anti, e perciò come ogni antismo non
privo di chiusure, ovviamente non ravvisabili - anzi
addirittura viste come meriti - da coloro che ne condividevano
e condividono l’impostazione ideologica. Parliamo, purtroppo,
di celebrazioni passive che, soprattutto negli ultimi
anni, hanno finito per non favorire uno sviluppo
più fecondo della sua ricerca anche in altre direzioni.
All’epoca, provai a fargli scoprire (e scrivere di) altre cose. Rammento, ad esempio, la mia proposta di mettere mano a un saggio sul Marx di Gentile, da studiare partendo dall’interpretazione di Augusto Del Noce. Preve lesse, compulsò e alla fine mi disse, con grande onestà, che voleva e poteva scrivere solo di quel che conosceva a fondo.
Ne ricordo anche la curiosità per la vita politica e culturale americana: reputandomi un conoscitore, mi chiedeva sempre informazioni e notizie, con una vivacità di pensiero e un rispetto per gli States assai lontani da certo rozzo antiamericanismo all’italiana.
Difficilmente dimenticherò le nostre lunghe discussioni su un suo possibile libro - da me consigliato - intorno al concetto di decadenza. Progetto, purtroppo, mai decollato.
All’epoca, provai a fargli scoprire (e scrivere di) altre cose. Rammento, ad esempio, la mia proposta di mettere mano a un saggio sul Marx di Gentile, da studiare partendo dall’interpretazione di Augusto Del Noce. Preve lesse, compulsò e alla fine mi disse, con grande onestà, che voleva e poteva scrivere solo di quel che conosceva a fondo.
Ne ricordo anche la curiosità per la vita politica e culturale americana: reputandomi un conoscitore, mi chiedeva sempre informazioni e notizie, con una vivacità di pensiero e un rispetto per gli States assai lontani da certo rozzo antiamericanismo all’italiana.
Difficilmente dimenticherò le nostre lunghe discussioni su un suo possibile libro - da me consigliato - intorno al concetto di decadenza. Progetto, purtroppo, mai decollato.
Preve
apprezzava anche la sociologia, da lui
correttamente interpretata come scienza dedita allo
studio dell’ordine e del conflitto. Non eravamo però d’accordo su un punto
metodologico fondamentale. Per farla breve: io
ritenevo le costanti sociologiche ( o metapolitiche) insopprimbili
e, cosa più importante, a prescindere dal tipo di società storica;
Preve invece credeva fortemente nella realizzazione di una
società postcapitalista, capace di andare oltre il ciclo istituzione-movimento,
o se si vuole conservazione-progresso. Inutile, qui, sottolineare la forte
impronta platonica, hegeliana, marxiana e lukácsiana, del suo
pensiero. E, di riflesso, la sua fede
nella plasmabilità dell’uomo e nel superamento -
ecco il punto in discussione - di qualsiasi ontologia
sociale ma non dell'ontologia, a prescindere da come egli la
qualificasse, di matrice marxiana, che veniva perciò
usata al tempo stesso come mezzo interpretativo e come fine storico.
Il che - sia detto con immutata stima umana e intellettuale - confondendo realtà storica (come "sono" le cose) e valori (come "devono" andare) non contribuiva né contribuisce a sciogliere alcun nodo. E non solo del pensiero previano.
Caro Costanzo, che la
terra ti sia lieve. Il che - sia detto con immutata stima umana e intellettuale - confondendo realtà storica (come "sono" le cose) e valori (come "devono" andare) non contribuiva né contribuisce a sciogliere alcun nodo. E non solo del pensiero previano.
Carlo Gambescia
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