Il libro della settimana: Giorgio Galli, L’impero antimoderno. La
crisi statunitense da Clinton a Obama, Bietti 2013, pp. 112, Euro 14,00.
http://www.edizionibietti.it/Item.asp?Tipo=6&ProdId=72 |
L’opera di
Giorgio Galli piacerebbe di sicuro, se fosse ancora tra noi, a
Vilfredo Pareto. Perché? Per la semplice ragione che i libri di
Galli sono pieni zeppi di preziosi riferimenti sul ruolo delle azioni non
logiche degli uomini: una sfera sociologica freddamente
dissezionata dal "Solitario di Céligny". E non ci
riferiamo soltanto ai bellissimi testi del politologo e storico
milanese sui rapporti tra politica ed esoterismo. Ma al
suo approccio complessivo, altrettanto chirurgico, che tiene in
debito conto l' uso ideologico delle passioni umane:
consapevolezza euristica già evidente nel giustamente famoso studio sul
“bipartitismo imperfetto".
Parliamo, per farla
breve, di un "metodo" che si impone di
trovare il bandolo della matassa sociologica: quell'imbroglio
rappresentato dagli effetti perversi delle azioni sociali, anche le
più logiche e perfino nobili, quando costrette a valicare
l’invalicabile: la montuosa e sconosciuta terra di mezzo della
hegeliana eterogenesi dei fini. Si pensi ad esempio alla
tragica parabola costruttivista del comunismo, dottrina
razionalmente costruita in biblioteca. E per il bene dell'umanità...
Ma torniamo a
Galli. Si prenda come esempio la sua ultima fatica: L’impero antimoderno. La crisi
della modernità statunitense da Clinton a Obama (Bietti). Qui l’approccio,
per così dire, paretiano-hegeliano è esteso a tre valori
tipicamente americani: l’individualismo, la democrazia politica e la libertà
economica. Il primo valore rischia di trasformarsi in individualismo armato, il
secondo in vuota ritualità, il terzo nel predominio dei grandi monopoli
privati. Il tutto sembra trovare, sempre a detta di Galli, il
denominatore comune in una democrazia imperiale che, dalla
presidenza Clinton, vive sempre più male la novecentesca
contraddizione, causata (anche) dal declino europeo, di dover
“esportare” la democrazia a suon di bombe: una modernità politica
antimoderna, perché basata non sul libero e ragionato convincimento
ma sulla pura forza incarnata dalle portaerei.
Esiste una via
d’uscita all’impero delle bombe controvoglia? Galli, che si
definisce un «illuminista aggiornato», ritiene innanzitutto, prendendola
giustamente da lontano, che « forse l’errore maggiore è
consistito nel passare dal tentativo di prevedere il corso degli eventi
(della storia) alla presunzione di poterli forzare, un miraggio che va da
Robespierre a Lenin». Insomma, saremmo davanti alla crisi
del costruttivismo. Argomento sul quale varrebbe la pena di
leggere anche le illuminanti pagine del grandissimo Hayek di Legge,
legislazione e libertà.
Comunque sia, si tratta di una resa di conti che rischia di travolgere l’intero Occidente. Tuttavia, prosegue Galli, « non si tratta di essere “contro” il mondo moderno», di opporsi alla «modernità», ma di riscontrare «segnali di difficoltà in quella che è una sua tipica manifestazione, oggetto specifico di questa trattazione, cioè il funzionamento della democrazia rappresentativa» (p. 93).
Ora, al di là dei rimedi
“empirici” suggeriti da Galli alla democrazia americana e indirettamente
alle democrazie europee (un mix di buon elitismo politico e partecipazionismo
economico), resta ancora più importante il basso continuo metodologico,
che caratterizza non solo L’impero
antimoderno ma, come dicevamo, la sua intera opera: la
necessità di fare i conti con il lato oscuro e quindi imprevedibile degli
uomini. Detto altrimenti: con l' impero antimoderno che è dentro ciascuno di
noi. Il che, di questi tempi, non è poco.Comunque sia, si tratta di una resa di conti che rischia di travolgere l’intero Occidente. Tuttavia, prosegue Galli, « non si tratta di essere “contro” il mondo moderno», di opporsi alla «modernità», ma di riscontrare «segnali di difficoltà in quella che è una sua tipica manifestazione, oggetto specifico di questa trattazione, cioè il funzionamento della democrazia rappresentativa» (p. 93).
Carlo Gambescia
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