venerdì 11 ottobre 2013


Reato di clandestinità 
Nessun pasto è gratis



Le polemiche sul reato di clandestinità  hanno assunto un  tono del tutto surreale.  Certo,  è comprensibile che ci si divida sui valori:  da un lato gli abolizionisti, dall’altro, per così dire,  gli instaurazionisti.  E in mezzo tutte le  sfumature del  grigio,  ossia  quelle posizioni  a metà strada  tra l’umanitarismo più ingenuo e il   segregazionismo più brutale.  Insomma, come in un agguerrito  talk-show  -  però infinito -  ce n’è per tutti i gusti…  
Il che, forse, va bene in tv,  ma non in Parlamento, e per la semplice ragione che  il punto è un altro.  Cassare il reato di clandestinità ha un costo:  chi, dopo l'abolizione, entrerà  in Italia dovrà essere accolto e seguito nell’iter dell’inserimento, e di riflesso serviranno case-famiglia, medici,  assistenti sociali, mediatori culturali, eccetera. Ma anche mantenere in vigore la Bossi-Fini  ha un costo: chi viene arrestato e condannato  finisce in carcere, perciò, per renderla effettiva occorrono  prigioni,  poliziotti,  giudici,  guardie penitenziarie, eccetera.
Inoltre, le strutture esistenti ( CDA, CARA, CIE - 
http://www.interno.gov.it/mininterno/export/sites/default/it/temi/immigrazione/sottotema006.html ), oltre ad essere costose,  sembrano scontentare tutti, inclusi  lassisti e rigoristi.

Ora, il bello è che nessuno parla di costi: dell'ammontare  monetario occorrente per produrre i beni (o servizi) "apertura o chiusura delle frontiere".  Si dibatte, e animatamente,  ma  le parti in causa non  indicano mai il costo  delle due scelte  e -  cosa  fondamentale -  le precise  fonti di  finanziamento. La questione non è priva di importanza,  dal momento che saranno sempre  gli italiani a pagare… Perché  sia  la bontà che la cattiveria hanno un prezzo, sempre e comunque. Nessun  pasto è gratis, dal carcere alla casa-famiglia...    

Carlo Gambescia

Nessun commento:

Posta un commento