mercoledì 2 ottobre 2013


Disoccupazione giovanile
Il trionfo dell’ipocrisia





Questa mattina  tutti si strappano i capelli: " Oddìo,  la disoccupazione giovanile  ha varcato la soglia del 40 per cento!"  ( http://www.ansa.it/web/notizie/rubriche/associata/2013/10/01/Disoccupazione-giovani-balza-40-1-record-storico-_9387536.html ). Imprenditori e sindacalisti  implorano  incentivi pubblici per assumere giovani, i politici, annuiscono, più compunti che mai: "L'ora è grave".    
Il massimo dell’ipocrisia... E spieghiamo perché
Da un lato, le imprese per anni non hanno  migliorato la produttività (in Europa siamo tra gli ultimi), dall’altro i sindacati si sono trasformati in organizzazioni di difesa dello status quo; la politica, infine,  ha  assecondato  ora gli uni, ora gli altri.   Morale della favola,  poche assunzioni e malpagate.  
Adesso  però  si pretende dallo stato  la  creazione di   nuovi  posti di  lavoro.  "Creare"   è la parola giusta. E dal nulla, visto il crollo del Pil.   Ci spieghiamo meglio: se  ogni punto di Pil in meno rappresenta, grosso modo,  duecentomila  posti di lavoro perduti,  come sarà  possibile creare  più  occupazione ?  Se non la si è creata,  in tempi di vacche grasse, come sarà possibile crearla in tempi di vacche magre?  Facendo scavare e ricoprire buche ai giovani?  A spese dell'erario?   
Insomma, non è  un problema  ( o non solo)  di maggiore qualificazione, recupero della dispersione scolastica, eccetera, come declamano le anime belle:  se  la torta produttiva  si restringe, la riduzione colpisce a cascata e per settori (anche se con percentuali di partenza diverse) l'occupazione . Perciò  il primo obiettivo resta quello di produrre di più,  non di meno. E qui ovviamente le ricette economiche sono differenti.  Salvo che  su un punto, crediamo. Quale?  Che non si può distribuire (anche in termini di posti di lavoro)  quel che non si è prodotto.  

È così difficile capirlo?   

Carlo Gambescia

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