Il libro della settimana: Elio Cadelo e Luciano Pellicani, Contro la modernità. Le radici
della cultura antiscientifica in Italia, Rubbettino 2013, Euro 12,00.
Si può essere contro
la scienza? Per alcuni va combattuto l’uso che ne viene fatto. Ma
chi decide sulla giustezza o meno degli impieghi di un’invenzione?
Secondo altri invece, la scienza è dannosa o benefica per ragioni
di principio. Anche qui, però di quali ragioni si parla?
Insomma, chi decide? Politici, scienziati, preti,
imprenditori, sindacati, ecologisti ? Tutti mossi da ragioni,
emozioni, interessi molto diversi? Difficile dire.
Come si vede, anche
nell’attività scientifica come nelle altre azioni umane, è implicito un
giudizio di valore sui mezzi e sugli scopi dell’azione stessa; giudizio
che rinvia alla cultura e al significato che gli uomini attribuiscono a una
certa attività; culture e significati che possono modificarsi o comunque mutare
nel tempo e nello spazio e di conseguenza incidere, talvolta
pesantemente, sulle azioni degli esseri umani.
Se le cose stanno
così, diciamo allora che il brillante studio di Elio Cadelo e Luciano
Pellicani, Contro la
modernità. Le radici della cultura antiscientifica in Italia(Rubbettino),
riflette le posizioni, più o meno simili, di due ardenti seguaci
della modernità scientifica, non meno orgogliosi dei successi
della società capitalistica: il primo, un giornalista e
divulgatore scientifico piuttosto noto in Italia; il secondo, un
sociologo di fama internazionale che non ha davvero bisogno di
presentazioni. In questo senso il libro è un buon antidoto o
comunque un ottimo contraltare a quei testi di taglio
decrescista-ecologista che sparano alzo zero sulla
scienza come prodotto derivato del capitalismo.
Dal punto di vista
strutturale Contro la
modernità è diviso in sei ben argomentati capitoli. Nel
primo, opera di Luciano Pellicani, si riserva
particolare attenzione all’interazione idee-società, sullo sfondo
delle note tesi dell’autore sulle componenti gnostiche del pensiero
anticapitalista e antiscientifico. Si tratta di un’ affascinante
cavalcata intellettuale, “alla Pellicani”. Addirittura commovente -
per gli inconsolabili lettori della vallardiana e solidissima
Storia letteraria d’Italia -
l'opportuna citazione a pagina ventisette, tratta dal Novecento di Alfredo Galletti, profondo
storico della letteratura, oggi quasi dimenticato
Gli altri cinque
capitoli sono scritti da Elio Cadelo. E dedicati a
un’impietosa disamina, anche statistica, dei cattivi se non pessimi
fondamentali italiani. Per ricordane solo alcuni: scarsa o nulla
cultura scientifica di base, formazione universitaria insufficiente, ricerca
manchevole se non del tutto assente, fuga di cervelli, brevetti a singhiozzo,
inutili pregiudizi sociali verso la scienza. L’ultimo capitolo, sul
lato oscuro dell’ecologismo, oltre a ricongiungersi idealmente con il primo
(sulle radici storiche della cultura antiscientifica e antimoderna), fa
da ponte all’ultimo, dove catastrofismo e cospirazionismo, oggi
purtroppo di moda, sono collegati all’ irrazionale paura verso la
scienza: atteggiamento che, implicando comunque un senso di sfiducia verso ciò
che è ignoto, mina alla base qualsiasi forma di agire scientifico, fondato per
così dire proprio sulla fame di ignoto. D’altronde, secondo gli
autori, la scienza resta l’unica forma di attività umana
attraverso la quale si potrà riuscire a preservare la vita dell’uomo sul nostro
pianeta. Insomma, se ci si passa l'adagio rivisto e corretto,
"chi di scienza (talvolta) ferisce, (solo) di scienza
guarisce". Per farla breve: «La sfida ecologica», comunque non
negata nel libro, « non può essere vinta, osserva Pellicani, con le
armi retoriche dei diffusori dell’ “ideologia della paura”, bensì con quelle
della politica, della scienza e della tecnologia: le uniche risorse con le
quali potrà essere corretta la rotta dell’astronave
Terra»(p.50). Come non condividere? Del resto qual è
l’alternativa? Il regresso all’Età della Pietra, inseguendo
irrazionali paure umane?
Si esagera?
Consigliamo di meditare il seguente passo: «Vorremo ricordare - scrive
Elio Cadelo - che dopo la scoperta dell’America nel 1492 giunsero in
Europa numerosi prodotti agricoli del tutto nuovi come la patata, il
pomodoro, il peperone e così via. Bene, ancora nel 1850 si discuteva se il
pomodoro facesse male alla salute e se provocasse malattie a causa della sua
“natura umida”. Lo stesso per la patata che nel 1765 veniva descritta come
“cibo del demonio” o anche come “cibo flautulento”. Oggi questi giudizi
ci fanno sorridere, ma non sono molto diversi dai giudizi espressi da molte
persone su talune applicazioni della ricerca scientifica. Insomma,
oggi come ieri, la propensione al cambiamento è proporzionale
all’alfabetizzazione, alla cultura, alle conoscenze scientifiche che, come
abbiamo descritto in questo lavoro, in Italia presenta livelli molto
bassi tanto che ancor oggi si confonde la scienza con l’industria, la
ricerca scientifica con la ricerca del profitto e lo scienziato con
l’ingegnere» (p. 167).
Più chiaro di così.
Buona lettura.
Carlo Gambescia
Nessun commento:
Posta un commento