venerdì 25 ottobre 2013


Esiste un diritto alla salute?
Fingere di essere sani







Esiste un diritto alla salute? E cosa significa diritto alla salute? La morte di Raffaele Pennacchio (nella foto),  medico malato di Sla,  può essere occasione per qualche rapida riflessione in argomento. Anzi,  controindicazione.  
Diciamo che la causa di fondo,  per cui il dottor Pennacchio, sfidando una grave  malattia, si è battuto e morto, è più che giusta,  perché riguarda la libera scelta, da parte del paziente, di farsi assistere (o meno) dai familiari  in casa propria.  Quindi si tratta di un diritto di libertà.
Ma, come si osserva, non tutti possono permettersi questo “lusso”. Di qui,  l’intervento  “parificatore”  dello stato in nome del  diritto alla salute.  Il che però - cosa che spesso non si dice - porta automaticamente allo sviluppo di fondi “dedicati”, controlli,  burocrazie, trattative politiche, tagli, aggravi fiscali. Dal momento che ogni diritto,  mai dimenticarlo,  ha  un  prezzo, di regola oneroso,  che ricade sulle spalle di tutti i cittadini.

Naturalmente, come nel caso del diritto alla salute,  più il diritto è astratto, o comunque indefinibile, più l’onerosità  cresce. E per quale ragione?  Perché inevitabilmente  la “platea”  di coloro che desiderano fruirne si amplia  in modo incessante  e con essa la burocrazia preposta alla gestione concreta del diritto in questione.  E più i burocrati si moltiplicano (anche se in elegante  camice bianco) più resta difficile -  per alcuni  impossibile  -  controllarne l’ attività.
In realtà,  che cos’è la salute?   Difficile dire. E poi quale salute?  Psichica o  fisica?  O entrambe?  Mah… Certo, come avviene, possono fissarsi parametri “pubblici”, riconosciuti, che però, proprio perché convenzionali, sono sempre frutto di trattative politiche.  Cosicché, a ogni cambio di governo, il diritto alla salute si allarga e restringe come un elastico.  E  di volta in volta  gli ammalati delle più diverse patologie  si ritengono autorizzati  a scendere in piazza, sulle orme dei sindacalisti, per difendere il "proprio"  diritto alla salute,  guardando  in cagnesco i portatori di altre sindromi  perché  giudicati  meno gravi  o addirittura sani.  In questo modo si finisce per rispettare, in modo consapevole o meno,  il rigido copione di una società, stupidamente conflittuale, dove si lotta tutti contro tutti  nel nome di astratti  diritti  universali  come il diritto   alla salute. E ogni tanto, purtroppo, qualcuno cade sul campo di battaglia,  come il povero dottor Pennacchio.    
Carlo Gambescia

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