Facebook, tutto e il
contrario di tutto
di Carlo Pompei
Avevamo già sfiorato l’ argomento Facebook (http://carlogambesciametapolitics.blogspot.it/2011/12/alcuni-giorni-fa-una-diciassettenne-e.html ), ma riteniamolo utile approfondirlo. Da dove (ri-)partire? Diciamo subito che i post pubblicati sul social network più diffuso al mondo, sono come gli oroscopi: ognuno ci vede quello che gli/le pare.
Capita che le stesse
persone siano d'accordo contemporaneamente con il pensiero filantropico
di Gandhi e con quello misantropico di Bukowski. Il primo dice un
"ama tutti" estroflesso, il secondo dice "odio tutti"
introflesso: due modi esagerati di leggere la realtà, sui quali
ci si misura a seconda del come ci si sveglia o procede il
lavoro quotidiano...
"Sì, è proprio
vero!" E giù mi piace e condividi. Oppure: "No, non è
vero!" E giù commenti al vetriolo e fulmicotone.Commenti tanto
velenosi ed esplosivi (la base solforica è la stessa) che dopo un paio di
battibecchi ci si dimentica da dove si è partiti e perché si sta litigando, ma
si mettono a nudo le proprie convinzioni recondite e, indirettamente, le
proprie debolezze. Vere e proprie truppe virtuali sul campo del nulla pronte a
rompere le righe (e altro) per rischierarsi con i propri avversari precedenti,
se i motivi del contendere vengono variati da abili manovratori.
Capita che alleate
sul femminicidio si scoprano moglie ed amante del medesimo uomo, tifosi della
medesima squadra siano divisi su cani e gatti, colleghi di lavoro affiatati non
concordino sulla genuinitá di una ricetta della Clerici, e così
via. Insomma, psicologi online potrebbero fare la propria fortuna senza
incontrare fisicamente il cliente e probabilmente qualcuno sta già scrivendo un
"best seller" alla Fabio Volo, Moccia,
Muccino, Caffé e cappuccino. La formula è quella universale che gioca
sulla commiserazione, sull'invidia, sulla frustrazione, sulla prepotenza, sul
fanatismo, sul protagonismo. Insomma, sulla miseria umana di vittime e
carnefici autocategorizzatisi a rotazione.
Non è raro vedere un
susseguirsi di post nettamente in contrasto tra loro: commenti esagerati di
casalinghe disperate tipo "tragedia! Mi si è rotta un'unghia"
inframmezzati a video di sgozzamenti di bambini in zone di "guerra
santa".
Picchi pseudocomunicativi
a parte, alla fine, nonostante i buoni propositi e i BUONGIORNO A TUTTI!
(scritti in maiuscolo e corredati da foto di tazzina di caffè fumante) si
finisce per mandarsi reciprocamente a quel paese, palesemente o meno, cioè
scollegandosi. La sensazione di forza che dà il potersi scollegare, però,
viene vanificata quando lo fa qualcun altro che volevamo tenere attaccato ad un
filo invisibile.
La comunicazione
remota sembra semplice, invece è molto complessa, necessita di faccine a
corredo che esprimano il nostro stato d'animo: sentimenti come gioia, ironia,
sarcasmo, rabbia, tristezza, soddisfazione, non traspaiono e gli equivoci sono
ricorrenti.
La presenza di
provocatori, complottisti, debunker, troll, finti profili, spie, completa il
quadro di uno zoo antropologico interessante, ma anche ingannevole, a tratti
divertente, spesso paranoico e paradossalmente, ma non troppo, popolato da
sociopatici veri o presunti. Ad un certo punto, infatti, se ancora
ragioni, ti accorgi di non sopportare più nulla, di essere stato messo su una
giostra che non ti diverte più, ma ti distrae e ti fa perdere tempo.
Diversamente, la
dipendenza che questa giostra genera in molte persone, probabilmente già sole,
provoca ulteriore scollamento dalla realtà. Saltano gli ultimi rapporti
interpersonali reali e ci si isola socialmente, anche se si pensa di essere
circondati da amici e conoscenti. Emblematica in questo senso è la
trasformazione dei convogli ferroviari, prima suddivisi in compartimenti da sei
posti ove la socializzazione di pensieri, biscotti e caramelle era quasi
obbligata. Oggi sono totalmente aperti con singola alimentazione elettrica e
connessione wifi per non farci scambiare neanche una parola con il vicino e far
sentire inadeguato chi non si allinea a questa follia iniziata con l'utilizzo
del telefono cellulare ovunque.
Non va infine
dimenticato qualcosa di nuovo, ma negativo, che sembra segnare
l'avvicendarsi generazionale: un bambino di 5 anni può essere più esperto
di suo nonno. Sembra una gran cosa, ma non lo è: la pseudopreparazione tattile
(digitale) del bambino non ha nulla di utile sul piano pratico, serve soltanto
ad illuderlo (lui e i suoi genitori) che sia già pronto per affrontare
qualsiasi problematica. In realtà è vulnerabile contro qualsiasi cosa reale che
non possa essere copiata, incollata, annullata, resettata, etc. Un
improvviso blackout elettrico informatico prolungato, inoltre, farebbe
riversare in strada zombies con una propria fotografia in mano che si chiedono
vicendevolmente "ti piace?". Da questo virus si salverebbero
soltanto i nonni dal sorriso triste.
La domanda è: cui prodest?
In attesa di avere
elementi e prove per svelarvi l'arcano, ma sperando di avervi fornito almeno
una chiave di lettura, ricordiamo che cosa diceva Ernesto Calindri in una
vecchia pubblicità di 40 anni fa: "Fermate il mondo, voglio
scendere". Il finale recitava: "Contro il logorio della vita
moderna". Oggi, aggiungeremmo, "virtuale".
Carlo Pompei
Carlo
Pompei, classe 1966, “Romano de Roma”. Appena nato, non sapendo ancora né
leggere, né scrivere, cominciò improvvisamente a disegnare. Oggi, si divide tra
grafica, impaginazione, scrittura, illustrazione, informatica, insegnamento ed…
ebanisteria “entry level”.
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