In Italia, a dire il
vero, la questione dell’ “introvabilità” riguarda destra
e sinistra. Anche se quest’ultima, nei suoi due versanti
(riformista e radicale), quando si tratta di tosare i cittadini, sembra sempre
parlare un unico linguaggio. Tuttavia, se si osserva bene, anche la
destra non è da meno, come prova il flop del
Pdl a proposito dei tagli fiscali sempre evocati, mai realizzati. Ecco perché le
polemiche degli ultimi mesi su Imu e Iva sono veramente ridicole: come pretendere di abbassare le
imposte in coabitazione con la sinistra, dal momento che non
le si è diminuite quando si governava in solitudine? Roba da
pazzi.
Perciò quando si
parla di “introvabilità” della destra, in
primis, ci si deve riferire alla questione fiscale: non è necessario
volare alto, andando in cerca di chissà quali grandi valori, basta
ragionare terra terra sull'andamento del ciclo fiscale,
seguendo un principio politico elementare: se la
pressione erariale cala siamo davanti a un governo di destra, se
sale di sinistra. Inutile qui infierire sul totale
fallimento della promessa "rivoluzione tributaria"
berlusconiana.
Naturalmente si tratta di una regola che governa quei paesi privi di tradizioni consociative, dove destra e sinistra, per farla breve, non si sono mai mescolate insieme, o comunque non sistematicamente come in Italia. In particolare, pensiamo a Stati Uniti e Gran Bretagna.
Naturalmente si tratta di una regola che governa quei paesi privi di tradizioni consociative, dove destra e sinistra, per farla breve, non si sono mai mescolate insieme, o comunque non sistematicamente come in Italia. In particolare, pensiamo a Stati Uniti e Gran Bretagna.
Ovviamente, siamo
consapevoli di semplificare, forse troppo, tuttavia quando
si parla di differenze fra destra e sinistra, e di riflesso dell
"'introvabilità" della destra, chiunque si dichiari di destra,
prima di spiccare il volo verso i cieli delle dottrine politiche, dovrebbe
verificare il “colore” delle sue tasche…
Carlo Gambescia
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