Il colore “giusto” della pelle rischia di non bastare
Torniamo
ancora una volta sulla questione siriana. Non perché ci riteniamo esperti di
politica estera, ma per ragioni sociologiche interne al funzionamento della
democrazia, non solo statunitense. Ci spieghiamo subito.
È ormai evidente che
Barack Obama non è assolutamente all’altezza della carica che ricopre. Il buon
realismo politico - sorvolando sulla condivisione o meno della “linea dura”
verso Assad - impone che quando si decide pubblicamente un attacco
militare è necessario metterlo in atto nel più breve tempo possibile: per
ragioni tattiche (sorprendere
l’avversario); strategiche ( creare sul campo le basi
per vincere, anche diplomaticamente, un possibile conflitto
ristretto o allargato); di deterrenza ( tutti gli eventuali nemici, presenti
e futuri, devono capire cosa rischiano). Di conseguenza, più
Obama tentenna più rischia di perdere faccia e posta in
gioco. E con lui l’America e gli alleati.
Come è possibile che
un uomo politico di così scarse qualità sia riuscito a diventare
presidente? E qui veniamo al problema sociologico: quello della
selezione delle élite politiche negli Stati Uniti e nei paesi
liberal-democratici di più lunga tradizione.
Le ragioni
naturalmente sono numerose. Ne ricordiamo solo una: nel conflitto
elettorale oggi si tende a puntare sull’immagine politicamente
corretta del leader. Di qui, per tornare a Obama, l’idea che basti il
colore "giusto" della pelle per essere anche capaci.
Il discorso potrebbe essere esteso alle cosiddette quote e alle
altre forme di discriminazione politicamente corretta oggi in uso. Detto
altrimenti: certe qualità politiche (ad esempio, fermezza o prudenza
quando occorrono) sono indipendenti da fattori come il genere o la razza.
E far prevalere un candidato mediocre su uno bravo per
ragioni di pura immagine può essere controproducente. Anche perché,
per reazione, le opposizioni, soprattutto quelle
extra-istituzionali, tendono a guadagnare consensi puntando su
leader politicamente scorretti Si pensi a certi pittoreschi
personaggi dell’estrema destra americana oppure alle oscene battute della
Lega sulla signora Kyenge, che però, sia detto con tutto il dovuto
rispetto, sembra veramente diventata ministro per caso.
Insomma, da un
eccesso si passa all’altro. Cosicché la tenuta della
liberal-democrazia, alla lunga, non potrà non risentirne.
Carlo Gambescia
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