venerdì 13 settembre 2013


Delinquente!  




Il delinquente  è colui che delinque.  L'incipit è degno di Totò...  Possiamo però garantire  che il post è serissimo.  Delinque viene dal latino delinquere (  de- e  linquere),  termine   che  significa   lasciare indietro, mancare, commettere una mancanza, una  colpa. Dal punto di vista  giuridico,  il delinquente è colui che, violando la legge penale,  commette un delitto.  Secondo i vocabolari il termine  delinquente ha come sinonimi   reo, criminale, malfattore e come contrari innocente, onestuomo, galantuomo.
Ma torniamo sugli  aspetti giuridici: la legge distingue il delinquente abituale (chi ricade nel delitto) e  professionale (chi ne vive). Ma c’è tuttora chi,  sulla scia dell' antropologia criminale lombrosiana,  parla  del cosiddetto delinquente nato. Ripetiamo:  il  delinquente  viola la  legge.  Per essere più precisi infrange le norme del diritto positivo (penale). Quindi chi subisce una condanna passata in  giudicato è un delinquente. L'asserzione sotto il profilo giuridico-formale non fa una piega. Tuttavia, in passato,  era considerato tale  chi non andava alla santa messa, chi non versava la decima al prete. Alcune leggi puniscono tuttora la sodomia e l’infedeltà coniugale, come del resto sanzionano chiunque non paghi  le tasse, non più alla chiesa vorace,  ma allo stato brigante.  Ciò significa che per quel che riguarda la sostanza,   il concetto di delitto  e quello di delinquente  mutano nel tempo.  Ma allora chi uccide?  Talvolta viene punito, talaltra no. Ad esempio,  se si ammazza  per la patria, soprattutto quando si è  dalla parte dei vincitori si finisce quasi sempre per  farla franca. D'altronde,  non è forse vero che proprio  i delinquenti  spesso si  trasformano in ottimi soldati? 
Insomma, tutto è relativo. Perciò asserire  che  un condannato è un delinquente e che una sentenza di condanna va eseguita perché siamo tutti uguali davanti alla legge è al tempo stesso vero e falso. Vero, perché oggi  così prescrive la legge, asserendo di ispirarsi ai più elevati valori di giustizia.  Falso, perché non è detto chedomani, come ora  avviene per la decima alla chiesa -  anch’essa  un tempo  giudicata quale  frutto delle più alte norme di giustizia - potrebbe  risultare altrettanto  ripugnante  e inconcepibile pagare le tasse allo stato.
Dove vogliamo andare a parare?  Presto detto:  che quando un assioma  è al contempo  vero e falso   ha valore di verità  solo in base alla premessa storica da cui dipende.  Il che vale per il diritto ma anche per  l’idea stessa di giustizia, almeno in questo mondo. Ciò spiega  la necessità per il diritto positivo di piegarsi allo spirito del tempo. Detto altrimenti: di sposare  la causa dei più forti.  E questo avviene per ragioni organizzative, di  pragmatica certezza del diritto e di ordine pubblico. I più forti, ovviamente,  in quel momento storico,

Carlo Gambescia

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