Il delinquente
è colui che delinque. L'incipit è degno di Totò... Possiamo però
garantire che il post è serissimo. Delinque viene dal latino delinquere ( de- e linquere),
termine che significa lasciare indietro, mancare,
commettere una mancanza, una colpa. Dal punto di vista giuridico,
il delinquente è colui che, violando la legge penale, commette un
delitto. Secondo i vocabolari il termine delinquente ha come
sinonimi reo, criminale, malfattore e come contrari innocente,
onestuomo, galantuomo.
Ma torniamo sugli
aspetti giuridici: la legge distingue il delinquente abituale (chi ricade
nel delitto) e professionale (chi ne vive). Ma c’è tuttora chi,
sulla scia dell' antropologia criminale lombrosiana, parla
del cosiddetto delinquente nato. Ripetiamo: il
delinquente viola la legge. Per essere più precisi infrange
le norme del diritto positivo (penale). Quindi chi subisce una condanna
passata in giudicato è un delinquente. L'asserzione sotto il profilo
giuridico-formale non fa una piega. Tuttavia, in passato, era considerato
tale chi non andava alla santa messa, chi non versava la decima al prete.
Alcune leggi puniscono tuttora la sodomia e l’infedeltà coniugale, come del
resto sanzionano chiunque non paghi le tasse, non più alla chiesa
vorace, ma allo stato brigante. Ciò significa che per quel che riguarda
la sostanza, il concetto di delitto e quello di delinquente
mutano nel tempo. Ma allora chi uccide? Talvolta viene
punito, talaltra no. Ad esempio, se si ammazza per la patria,
soprattutto quando si è dalla parte dei vincitori si finisce quasi
sempre per farla franca. D'altronde, non è forse vero che proprio
i delinquenti spesso si trasformano in ottimi soldati?
Insomma, tutto
è relativo. Perciò asserire che un condannato è un delinquente e
che una sentenza di condanna va eseguita perché siamo tutti uguali davanti alla
legge è al tempo stesso vero e falso. Vero, perché oggi così prescrive la legge, asserendo di
ispirarsi ai più elevati valori di giustizia. Falso, perché non è detto
chedomani, come ora avviene per la decima alla chiesa -
anch’essa un tempo giudicata quale frutto delle più
alte norme di giustizia - potrebbe risultare altrettanto
ripugnante e inconcepibile pagare le tasse allo stato.
Dove vogliamo andare a parare?
Presto detto: che quando un assioma è al contempo vero
e falso ha valore di verità solo in base alla premessa
storica da cui dipende. Il che vale per il diritto ma anche per
l’idea stessa di giustizia, almeno in questo mondo. Ciò
spiega la necessità per il diritto positivo di piegarsi allo
spirito del tempo. Detto altrimenti: di sposare la causa dei più forti.
E questo avviene per ragioni organizzative, di pragmatica certezza
del diritto e di ordine pubblico. I più forti, ovviamente, in quel
momento storico,
Carlo Gambescia
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