Si deve partire da
un dato fondamentale: come provano la storia umana e
l'indole aggressiva dell’uomo la guerra, quale risoluzione
delle controversie tra i popoli mediante l’uso della
forza, è un fenomeno socialmente insopprimibile.
Certo, si può limitare, talvolta sublimare, ma
non “abolire”, magari, come alcuni sostengono, per legge...
Pertanto, la pace è assenza di guerra. E non una mitica
condizione naturale a cui ricondurre l’uomo - paradossalmente
- dopo aver fatto guerra a tutti i guerrafondai…
Sulla guerra, come
impone il gioco retorico, altrettanto caro agli uomini, si
sono imbastite teorie di ogni genere. Si parla di guerre giuste, ingiuste,
difensive, preventive, eccetera. In realtà, l’unico criterio
valido è quello della guerra vittoriosa. Chi vince sosterrà sempre
di aver avuto ragione. Da ciò, la necessità, prima di
“armarsi e partire” o “rispondere all’offesa” di valutare
attentamente le conseguenze della “discesa in campo”:
occorre fare insomma un attento calcolo dei vantaggi e degli
svantaggi; una comparazione del "possibile" dopo con il
"certo" prima. Il che non sempre è facile a causa del
carattere imprudente e fallibile dell’uomo.Si deve però tentare, dal
momento che non esistono guerre giuste o ingiuste, ma
soltanto guerre che si possono vincere o perdere. Detto altrimenti:
guerre utili o inutili.
Carlo Gambescia
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