martedì 2 ottobre 2012

Solo  il "metodo Pompei"  può permettersi il lusso di rileggere  "La Scuola di Atene" partendo, diciamo così, dal basso (Archimede),  per poi risalire  fino alle  vette  dell'affresco ( Platone e Aristotele)... Mentre di solito  si fa  il contrario. Per essere più esatti, diciamo che   l'amico Carlo Pompei  si diverte a  rileggere  la storia della filosofia politica e in particolare della democrazia,  puntando su  una  "prospettiva altra".      E che rileggendo... integra...  Come per l'appunto  impone  - e il circolo  si chiude -   il " metodo Pompei".   Buona lettura. (C.G.)


Democrazia o Aristodemoarchia?  
di Carlo Pompei


"La Scuola di Atene" (Raffaello Sanzio, 1509-1510). Nel piccolo  riquadro  in alto, per distinguerlo,  Archimede.



«Ogni corpo immerso in un liquido riceve una spinta verticale dal basso verso l'alto di intensità pari al peso del volume del liquido spostato» è il principio di galleggiamento dei corpi scoperto e formulato da Archimede. Questi, originario di Siracusa, visse in un periodo nel quale la Magna Grecia, dopo la morte di Alessandro Magno, andava sgretolandosi dopo avere avuto nobilissimo passato e pur lasciando splendide vestigia nel sud del Belpaese.
Ne “La Scuola di Atene”, il celeberrimo affresco di Raffaello Sanzio, oltre ai canonici Aristotele e Platone, scorgiamo nel gruppo in basso a destra, Archimede, raffigurato - anche se vi è una diatriba con chi sostiene sia Euclide - accanto alle più grandi menti dell’antica Grecia, ove nacque, tra le altre cose, la democrazia. Il suo principale fautore – Pericle – però, viene definito, tuttora, da alcuni un populista, un sostenitore della demagogia, ovvero l’esatto contrario di chi dovrebbe attuare la democrazia non per il bene comune, ma per il proprio gruppo di potere o aspirante tale. La disputa è più che mai accesa, e noi ci facciamo una domanda: è veramente possibile evitare il baratro demagogico? Probabilmente no. Vediamo che cosa ne pensavano due grandi menti dell’antichità…
La democrazia periclea assunse un valore negativo già nell’accezione aristotelica. Aristotele, infatti, pensava che il potere - e non il governo - del (o al) popolo fosse una degenerazione del consenso di quanti erano riusciti a farsi eleggere. Vi ricorda qualcosa? Andiamo avanti…
Egli distingueva sei forme di “governo/potere”, tre cosiddette “pure”: monarchia, governo di uno su tutti, re; aristocrazia, potere ai “migliori”; la politia (o repubblica) sorta di governo misto, probabilmente il migliore, sempre però a rischio di tramutarsi nello strapotere degli “eletti” per censo o in quello di tiranniche maggioranze popolari. Tre invece le cosiddette forme corrotte, o deviazioni : dispotismo, il re si fa imperatore e tiranno; oligarchia, i “migliori” diventano peggiori e sono definiti “casta” o “élìte”; infine democrazia, il già menzionato ed esclusivo “potere al popolo” che ricorda più uno slogan sessantottino da sommossa di piazza che un governo stabile (Aristotele, Politica, Libri IV-V). A tal proposito - e sotto tale luce - sarebbe bene riesaminare il prima e il dopo della Rivoluzione francese. Ma lo faremo un’altra volta, la carne al fuoco è già troppa. Proseguiamo, pur andando indietro nel tempo.
Platone distingueva soltanto cinque forme. Dalla migliore alla peggiore: aristocrazia, timocrazia, oligarchia, democrazia e tirannia come ultima conseguenza, non del delirio di un monarca – peraltro non contemplato – come avrebbe sostenuto successivamente Aristotele, ma dei comportamenti inevitabilmente demagogici del singolo o del gruppo più importante tra gli eletti dal popolo ( Platone, La Repubblica. Libri VIII-IX). In entrambi i casi la democrazia – ora sulla bocca di tutti – non ne esce benissimo.
Come si può notare l’anarchia non viene neanche presa in considerazione, essendo il frutto di una reazione ad un potere o a un governo; trattandosi di “nongoverno” presuppone un altissimo senso civico dei facenti parte di una ipotetica comunità, la quale non sarebbe neanche più tale, poiché una comunità presuppone un… governo, una guida. O un’autarchia? Buio sempre più buio se il nostro scopo è quello di vivere e lavorare in una comunità di persone civili o “cittadini” (cives).
Siamo quindi nel campo dell’utopia (un non luogo) o dell’esistenza esclusiva finalizzata a combattere qualcosa o qualcuno.
Un esempio grave di anarchia (leggi anche pigrizia politica) è stato dato da quasi tutta la sinistra quando proponeva come unico proprio programma l’antiberlusconismo, anziché proporre una valida alternativa. Un livellamento verso il basso secondo il quale basterebbe dire “lui è peggiore di me” per essere “migliore” di lui. Non è certo questa l’aristocrazia pensata 2400 anni fa. È vero che oggi ci sono molti più parametri da considerare rispetto ad allora, ma, come ognuno potrà facilmente intuire, quello che viene spacciato per pura democrazia è un mix diabolico tra oligarchia e democrazia - in Italia - e monarchia e dispotismo - nel resto del mondo. Che cosa ne penserebbero Platone e Aristotele della democrazia degli USA esportata in Medio Oriente e Africa settentrionale? Meglio non accennare un’ipotesi, non sarebbe pubblicabile, anche perché implicherebbe un discorso legato alla visione del mondo da una prospettiva capitalistica finalizzata esclusivamente al profitto.
La soluzione a tutto questo potrebbe chiamarsi DEMOARCHIA, o, meglio, ARISTODEMOARCHIA, cioè governo (e non potere) nelle mani di “migliori” eletti, sì, ma direttamente dal popolo al massimo in due soli passaggi: il popolo elegge i propri rappresentanti di voto e questi eleggono i (pochi) “migliori”. Schema concettuale che in qualche misura rinvia alla politia aristotelica. Più modernamente, potremmo arrivare a parlare di CCC (Camere Circolari Concentriche): nelle buone Repubbliche, via via che ci si avvicina al centro, i posti a sedere, fisiologicamente diventano sempre di meno e le poltrone scottano sempre di più. Una poltrona non può e non deve essere comoda.
Si potrebbe obiettare che potere e governo sono sempre andati di pari passo, ebbene è proprio questo il guasto: una governante è la padrona di casa? No, è al servizio della casa, ed è pagata, giustamente, per farlo. Non si siede sulla poltrona, la spolvera.
I delegati, deputati, senatori, migliori – chiamateli come volete – saranno realmente responsabili (cioè ritenuti tali) del corretto funzionamento della cosa pubblica. Per intenderci pagati il giusto per eseguire dei compiti, non pagati molto (troppo) altrimenti potrebbero essere facilmente corrotti. Nella corruzione non esiste un tetto massimo al prezzo oltre il quale non sia lecito andare, ma, soprattutto, non esiste e mai esisterà il prezzo dell’etica. L’aristocrazia, infatti, si misura con il metro della virtù morale  non con il conto in banca.
Non a caso le piramidi egizie, maya, azteche, inca, sumere, assiro-babilonesi (ma anche la metafora della Torre di Babele) sono simboli di grandi imperi, spesso tirannici, dove un vertice insisteva (gravava) e veniva supportato da una base sempre più larga e sempre più lontana da quel vertice che, in alcuni casi, tuttora sorregge.A questo punto vi chiederete: “Ma Archimede che cosa c’entra in tutto questo?”. Il suo enunciato ci serviva per andare in Grecia, ma può essere facilmente parafrasato per descrivere l’attuale situazione socio-politica italiana, alla luce dei nuovi scandali. Vediamo.
Ogni politico immerso nei liquidi (soldi) riceve una spinta verticale dal basso verso l'alto, uguale per intensità al peso del volume di “affari” spostato.
Oppure.
Ogni cittadino immerso in una liquidazione coatta riceve una spinta verticale dall’alto verso il basso, uguale per intensità al peso della cartella esattoriale ricevuta.
Sostituite “spinta verticale” con “galleggiamento”, nel primo caso, e con “sopravvivenza”, nel secondo, ed otterrete la spiegazione di molti fatti più o meno recenti.

Carlo Pompei



Carlo Pompei, classe 1966, “Romano de Roma”. Appena nato, non sapendo ancora né leggere, né scrivere, cominciò improvvisamente a disegnare. Oggi, si divide tra grafica, impaginazione, scrittura, illustrazione, informatica, insegnamento ed… ebanisteria “entry level”.

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