Benedetto XVI
e la sociologia del soprannaturale
La magnifica Meditazione con cui Benedetto
XVI ha aperto i lavori del Sinodo vescovile sulla nuova evangelizzazione,
contiene un passo di grande rilevanza sociologica (e ovviamente, per
ricaduta, anche teologica). In particolare Papa Ratzinger, mostra di
essere buon sociologo della politica perché pone una questione fondamentale:
quella tra potere costituente e potere costituito: «La Chiesa – osserva il Papa -
non comincia con il «fare» nostro, ma con il “fare” e il “parlare” di Dio. Così
gli Apostoli non hanno detto, dopo alcune assemblee: adesso vogliamo creare una
Chiesa, e con la forma di una costituente avrebbero elaborato una costituzione.
No, hanno pregato e in preghiera hanno aspettato, perché sapevano che solo Dio
stesso può creare la sua Chiesa, che Dio è il primo agente: se Dio non agisce,
le nostre cose sono solo le nostre e sono insufficienti; solo Dio può
testimoniare che è Lui che parla e ha parlato. Pentecoste è la condizione della
nascita della Chiesa: solo perché Dio prima ha agito, gli Apostoli possono
agire con Lui e con la sua presenza e far presente quanto fa Lui » ( http://www.vatican.va/holy_father/benedict_xvi/speeches/2012/october/documents/hf_ben-xvi_spe_20121008_meditazione-sinodo_it.html ,
il corsivo è nostro).
Il Papa ribadisce l'importante distinzione,
condivisa dagli studiosi di scienze sociali, tra potere costituente e
costituito, riconducendola però all’interno di una visione
meta-sociologica, in cui il potere costituente rinvia,
in primis, a Dio. Ciò significa due cose: che, dal punto di vista
teologico, il potere conciliare (costituente), all’interno della Chiesa (entità
costituita) dipende dal volere di Dio; che, sotto l' aspetto sociologico,
quando si studia la Chiesa ,
va sempre tenuta presente l’interazione a tre ( se si preferisce… trinitaria)
tra potere costituente, costituito e volere divino. Ora i primi due fattori
possono essere studiati empiricamente, il terzo, imperscrutabile, no.
Come risolvere il problema? Forse si potrebbe ricorrere, per citare il
titolo di un eccellente libro di don Luigi Sturzo, a una sociologia del
soprannaturale, fondata sulla fede che anima interiormente ogni
cattolico. Il che può appagare il sociologo credente. Ma può soddisfare
anche chi creda in “altre” filosofie sociali, religiose o meno, della
storia? E che dire delle fin troppo prevedibili
reazioni dell'ateo o dell' agnostico? Insomma, una
sociologia (cattolica) del soprannaturale resta legata - crediamo - alla
conversione. Di conseguenza, come fare buona sociologia della
Chiesa Catttolica recependo al tempo stesso istanze empiriche e
teologiche?
Carlo Gambescia
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