La nostra società è liberale?
«Ma la nostra società è liberale?»,
così ci chiedeva ieri un dotto amico. A pensarci bene si
tratta di una domanda, soprattutto per un sociologo priva di significato. È
come chiedersi quanto fosse comunista prima del crollo
la società sovietica. Oppure quanto tuttora lo sia
quella cubana.
Purtroppo, il ragionamento di chi pone questo genere di
domande è semplicistico: si contrappone l’ideale (il liberalismo o il
comunismo), insomma l'armonia della società perfetta, alle
disarmonie della realtà. Di qui, la facile vittoria sulla carta
degli ideali rispetto al mondo reale.
Ora, che la gente comune ragioni in questo modo e che i
politici, più o meno onestamente, cavalchino la tigre dell’ideologia è
nell’ordine naturale delle cose sociali. Ma addirittura gli
studiosi! Non è infatti ammissibile che un uomo
di scienza indulga nel coltivare sogni di
introvabili società perfette liberali o comuniste che siano. Dal momento che
ogni società reale è sempre frutto di compromessi tra natura umana
imperfetta e la logica riproduttiva. altrettanto disarmonica, del potere
e delle istituzioni politiche. E poi, solo per fare un esempio banale:
quante specie di liberalismo e comunismo esistono? Moltissime, troppe. E
come mettere d’accordo i diversi sostenitori della varie correnti interne a
ogni linea di pensiero? Ci sarà sempre chi rivendicherà il proprio liberalismo
o comunismo, sulla base del metodo e/o della sostanza, come assolutamente
perfetti...
Perciò nessuna società potrà mai essere compiutamente
liberale o comunista. La perfezione non appartiene a questo mondo. Di
riflesso, lo studioso dovrebbe sforzarsi di indagare non tanto la
contraddizione tra ideali e realtà (mansione da lasciare agli ideologi), quanto
i concreti meccanismi sociologici, o costanti metapolitiche, che governano la
società in generale (sia liberale, sia comunista). E su questa base indicare i
pericoli insiti in ogni tentativo rivolto a costruire "sistemi
sociali", che proprio perché pretendono di essere
perfetti, rischiano invece di allontanarsi dalla verità dei
fatti e delle regolarità sociali e politiche. Verità che, come
mostra la storia del Novecento, secolo delle più sanguinose utopie, finisce
sempre per vendicarsi.
Carlo Gambescia
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