La scomparsa di Tina Anselmi
L’Italia delle permanenti sovietiche
Al
di là dei caduti per la
Resistenza , si pensi solo all’eccidio delle Fosse Ardeatine, la Prima Repubblica - per non parlare della Seconda - non ha avuto grandi figure pubbliche. Ad
esempio personaggi come Cavour, Garibaldi, Mazzini, Vittorio Emanuele II ( di meno) sono da sempre lì, nell’immaginario politico. Dopo di essi, il vuoto. Oppure la retorica fascista o catto-comunista della repubblica antifascista.
Antitotalitaria, no. Giammai. Perché si
rischiava di spiacere ai comunisti italiani, che andavano e venivano
dall’Unione Sovietica... Certo, gli altri andavano e venivano dagli Usa. Ma il
mondo era diviso in due, e la nostra metà era quella libera. Non c'era partita insomma.
Ecco,
Tina Anselmi, apparteneva, come dire, di nome e di fatto, all’Italia delle permanenti
sovietiche, nel senso delle “acconciature”
fatte in casa e alla buona per pochi
spiccioli, come prova la foto sopra, ma anche all’Italia che non voleva dispiacere ai comunisti, o
comunque, cosa più grave ancora, che si imponeva di contrastare il comunismo, inseguendo il Pci sul terreno della demagogia, predicando l’assistenzialismo e il complottismo: due strade, molto
scivolose, sulle quali, Tina Anselmi come Ministro del Lavoro e Presidente della
Commissione sulla Loggia P2, si lanciò con la stesso piglio di quando
faceva - e meritoriamente - la staffetta
in bicicletta per i partigiani.
Purtroppo, quel continuare a ricorrere i comunisti, anche quando la bicicletta non serviva più, contrariamente
a quanto auspicava il saggio
liberal-cattolico De Gasperi, fu come continuare il fascismo (come mentalità
dello stato padrone e sospettoso) con altri mezzi, certo democratici, ma totalmente estranei
alla civiltà liberale. Augusto Del Noce docet.
Per
queste ragioni non possiamo rimpiangere l’Italia delle permanenti sovietiche.
E, politicamente parlando, neppure Tina
Anselmi. Che, comunque sia, riposi in pace.
Carlo Gambescia
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