Il nuovo Presidente degli Stati Uniti
Trump, un populista?
In
Italia è iniziata la corsa,
soprattutto a destra, tra i populisti, per appropriarsi
del successo e della figura di Trump. Ora,
il primo errore che va evitato è di costruire una
categoria del populismo universale, sulla
base magari di rimasticature della legge marxiana della caduta del saggio di profitto, che vede Trump interprete di un’ alleanza tra ceti medi e proletariato, sempre
più poveri, contro un pugno di ricchi
sempre più ricchi. Sono stupidaggini che disonorano la sociologia scientifica
e contraddette, ad esempio, dalla riduzione del numero dei poveri su scala
mondiale e dal conseguimento di un
tenore (e soprattutto stile) di vita, non solo in
Occidente, dal quale difficilmente si potrà arretrare, a meno che non si tenti qualche esperimento socialista, protezionista o si subisca un’invasione.
Il
caso Trump, se proprio di populismo si
vuole parlare, è tipicamente americano, e rappresenta
il ricorrente conflitto tra Est e Ovest (in
senso lato); tra città e campagna; tra i
valori della sobrietà e il lusso (anche
intellettuale); tra l’America provinciale dalle spalle sudate e dai sani valori americani (famiglia, lavoro,
bibbia) e le élites effeminate, europeizzanti,
rovinate dal troppo studio. Ovviamente, su queste tematiche, che risalgono al
dibattito post-Indipendenza, sul
Federalismo, si sono innestati problemi congiunturali (tasse e spesa pubblica, immigrazione
clandestina). Sullo sfondo ideologico - si tratta
di un tema poco dibattuto nella campagna
elettorale e per nulla, di rimbalzo, in Italia - resta però la questione della libertà degli stati
rispetto al potere federale. Ad esempio, nella stessa tornata elettorale delle
presidenziali, in California e Massachusetts si è liberalizzato l’uso di una droga leggera per scopi ricreativi e
nel Nebraska e Oklahoma si è reintrodotta
la pena di morte. Nella stesso stato federale, insomma, si è liberi di operare
scelte, dal punto di vista morale, anche politicamente estreme (detto per inciso, prima di parlare di dittatura del p.c. negli Usa, si dovrebbe conoscere bene la realtà americana, che non è solo quella delle università di élite). In Europa, per non parlare dell’Italia, tutto questo sarebbe inconcepibile, e per
gli stessi populisti: fortemente motivati
da una concezione statolatrica della politica. Pertanto, sarà interessante
scoprire, come Trump, che a nostro avviso, resta più che un populista
un paleo-conservatore (quindi “anche”
un federalista/centralista), si comporterà in tema di libertà degli stati, difesa, trasversalmente e da sempre, dalle incarnazioni populiste della politica americana. Ad
esempio, la promessa abolizione ( o modificazione-trasformazione) della famigerata riforma sanitaria di Obama, potrebbe
incontrare degli ostacoli, proprio sul piano degli stati (la questione dei
finanziamenti pubblici promessi) e di riflesso tra i senatori repubblicani al Senato.
Un’altra
sorpresa, per i populisti europei, e per
coloro che sognano un Trump italiano, potrebbe essere rappresentata dalle politica estera ed
economica. Trump è un uomo d’affari, conosce l’economia e i benefici del libero commercio. E soprattutto
la natura parassitaria delle forme di protezionismo. Finora ha parlato al tempo stesso di lavori pubblici e
diminuzione delle tasse. Dovrà però scegliere. Tradotto: Trump non è di certo un anticapitalista.
Inoltre,
sempre perché è uomo d’affari, Trump non può non credere nella forza della trattativa,
anche sul piano internazionale, certo, sicuramente priva - molto
meglio così - di quello spirito universalista, tipico dei democratici e in particolare
di Obama. Tradotto: Trump è tendenzialmente un realista.
Infine,
rispetto ai molti populismi europei, capeggiati da gente senza arte né parte, vissuta di politica
o ai margini della politica, Trump è un
vero imprenditore, che si è fatto da
solo o quasi. In qualche misura potrebbe essere avvicinato a Berlusconi. In realtà, il Cavaliere - al di
là delle etichette affibbiategli dai suoi nemici - non era un populista, ma un moderato, fin
troppo politicamente ingenuo, che si è fatto mettere nel sacco. Trump, pur non avendo anch’egli grande
esperienza politica, sembra di tempra
più dura. E potrebbe difendersi meglio. Molto però dipenderà dalla qualità e
dal senso di responsabilità dei suoi oppositori nel tenere a bada, come dire, i facinorosi, nelle piazze come nelle
redazioni. Discorso che dovrebbe valere
anche per quei settori repubblicani, politicamente influenti, che non hanno gradito il successo del magnate. Ovviamente, visto che i processi di radicalizzazione politica sono a spirale, molto dipenderà anche dalla capacità dello stesso Trump di ragionare con quella moderazione che deve
distinguere il capo, piaccia o meno, di una élite imperiale. E soprattutto dalla scelta di validi consiglieri e collaboratori politici. Si possono pure criticare gli uomini dell'establishment, ma dell'establishment, in quanto tale, non si può fare a meno. Neppure un monarca assoluto ha mai governato da solo, figurarsi un Presidente degli Stati Uniti.
Insomma, ammesso e non concesso che il populismo possa far vincere, non basta per governare.
Insomma, ammesso e non concesso che il populismo possa far vincere, non basta per governare.
Carlo Gambescia
Letture profonda e sintetica. Ce ne fossero sociologi così, che non si nascondono dietro le parole ma vanno dritti al punto. In Italia manca un movimento organico, strutturato, conservatore. I forzisti li vedo in televisione (l'unico parlamento dove sono presenti spesso) ad arrancare e a schiumare rabbia per il potere perso. Salvini mi è simpatico in quanto grezzo e istintivo, ma alla prova di governo avrei seri dubbi. La signora Meloni è popolana, militante, ma non ha cultura né profondità, almeno è quanto appare nelle sue interviste. Più in generale, ci manca un Partito con un orientamento certo, anche fosse solo DIO PATRIA E FAMIGLIA. I numeri ci sarebbero pure, la maggioranza silenziosa ha un potenziale da catalizzare, ma non c'è la classe politica all'altezza.
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