Il dopo Trump
L’Occidente ha "riscoperto" il populismo
Sembra
che dopo la vittoria di Trump il mondo occidentale abbia scoperto il populismo... In realtà, il populismo non è assolutamente
una novità, al massimo si tratta di una "riscoperta": le élites e il popolo, come
impone l’ordine naturale delle cose sociali, non si sono mai capiti. E non possono
capirsi. Il famigerato problema della mutua comprensione, o meglio di un popolo educato da élites illuminate, ma in realtà recalcitrante, nasce storicamente con l’idea, in parte illuminista (l'uomo che deve essere educato o addirittura costretto ad essere "libero"), del cittadino perfetto, o comunque
perfettibile, che, dal punto di vista
pratico, risale allo sviluppo dei processi politici ed elettorali su larga scala, in chiave di
estensione del voto a tutti i cittadini,
succedutisi dall’Ottocento ad
oggi. Più il voto si è esteso, più si è
sviluppata la necessità di educare o comprare (in senso lato) l’elettore, o
tutte e due le cose insieme. Oppure, come è accaduto, di fare un passo indietro, riducendo o
azzerando il diritto di voto.
Le
democrazie censitarie ottocentesche, coniugavano il suffragio ristretto, se
spostate più a sinistra, con il progetto di educazione civile e civica; se
spostate più a destra, con chiusure fondate sul principio tutto per il popolo
nulla attraverso il popolo. Invece, le
democrazie totalitarie novecentesche, al voto sostituirono la petizione di
identità attraverso il plebiscito, organizzato dall’alto, in chiave di stato
caserma: al cittadino-elettore si oppose il cittadino soldato
(ideologico). Le democrazie welfariste - grosso modo post-Seconda Guerra Mondiale
- hanno invece puntato sulla compravendita (sempre in senso lato, sociologico) dei benefici
sociali, affiancando ad essa un progetto educativo (civico-civile) di
lungo periodo, senza però credervi troppo, come oggi spiega l’impossibilità di
riformare il welfare state.
Ora,
il popolo, almeno in Occidente (dove lo si è addirittura deificato), non può essere consapevole, per ragioni di psicologia collettiva,
della complessità del processo storico e sociologico appena illustrato, sicché il popolo continua a chiedere, proprio in nome della
democrazia, benessere e sicurezza. Di
qui, la ciclicità storica di ciò che si può definire, politicamente
parlando, il populismo. Si potrebbe risalire, nelle sue forme più estreme, ai livellatori, ai sanculotti, ai comunardi, eccetera.
In realtà, il
popolo, preso come entità collettiva, non può non essere populista, nel senso di pretendere sempre di più o
comunque di rifiutare il passo indietro in senso economico e sociale. Lo stile di vita, soprattutto se più accettabile e piacevole, è duro da perseguire, ma ancora più duro il rinunciarvi. Il problema della democrazia - ma di regola dei regimi elettivi
- non è il cittadino perfetto, che sappia autolimitarsi come un filosofo antico,
bensì il cittadino soddisfatto,
secondo standard sempre più alti, addirittura
illimitati.
Di
qui, la nascita, non tanto dei movimenti
populisti, quanto di leader demagogici, che promettono, al cittadino (in-)soddisfatto ciò che non potranno
mai mantenere, dal momento che, come sta accadendo, il welfare è costosissimo e impone risorse crescenti che possono essere
reperite solo producendo di più: cosa che può essere ottenuta o sottomettendo (militarmente) altri popoli, o tagliando il welfare e rendendo meno costoso il
lavoro. Due passaggi in contrasto con la
logica pacifista e welfarista delle democrazie dei nostri giorni.
Il
pericolo insomma, è quello di ritornare
allo stato caserma (auspicato, ma non apertamente, dai demagoghi populisti). Esiste un’alternativa?
Forse, ma difficilissima da realizzare, almeno oggi: il ritorno alla
democrazia censitaria dei pochi ma buoni. Ma dove trovare, in un sistema anti-meritocratico
per principio, élites degne, in grado di pilotare il sistema politico verso
una democrazia protetta ?
Insomma,
le élites e il popolo non si sono mai capiti. Il realista politico deve prenderne atto. L’educazione delle masse - come si diceva un tempo - non sembra funzionare in generale, figurarsi in chiave di autolimitazione socio-economica. Il
welfare per contro, quale compravendita (sociologica) del benessere economico, sembra aver favorito un lungo periodo di pace
interna. E anche di questo va preso atto. Ora
però sembra arrancare. Si dovrebbe perciò fare un passo indietro, senza per questo
tornare alla democrazia censitaria: un
passo indietro nel senso di tagliare gli elevati costi sociali. Ma come spiegarlo a chi non vuole o non può capire, quindi al popolo? Una specie di bambino viziato?
Il
che però spiega la "riscoperta" del populismo e il successo dei leader populisti. I quali però non dicono che il conto da pagare (il loro) rischia di essere salato.
Carlo Gambescia
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