mercoledì 23 novembre 2016

Berlusconi, Salvini, Meloni  e il referendum.
E continuano a portare acqua al mulino di Grillo...



Di regola i referendum dimostrano, proprio a livello di campagna elettorale ( e molto spesso di voto), i principali limiti della democrazia diretta: semplificazioni concettuali  degne della scuola materna; appello alle comunità delle emozioni (si noti il plurale), solleticando  gli istinti collettivi più bassi;  messa in mora di qualsiasi  tentativo di pacato ragionamento. 
Ed è quello che inevitabilmente sta accadendo (e non poteva non accadere). Si dice però: il popolo è sovrano. Giusto, ma è altrettanto vero che resta  facile preda del demagogo di turno. Di qui, le necessarie contromisure verso  l' utopistica democrazia diretta.  Come del resto  prova  lo sviluppo storico della democrazia rappresentativa. Non priva di difetti, ma capace di favorire quella prevalenza della ragione, quel giusto mezzo che può allungare la vita (come finora è stato) delle democrazie reali.
Ma c'è dell'altro. Quando una più che accesa campagna referendaria va a coniugarsi con quella delegittimazione reciproca tra opposizione e maggioranza,  che in Italia dura da più di vent’anni, si rischia veramente la crisi di sistema. E in questo quadro, poco promettente, la destra di Berlusconi, Salvini e Meloni che cosa fa?  Usa lo stesso feroce linguaggio anti-sistemico del M5S,  ma con minore credibilità politica (perché  ha  fallito la prova di governo), portando così acqua al mulino di Grillo. Il demagogo di turno.  Perciò  si potrebbe  ripetere, ma questa volta  in forma macroscopica,  se il No vincesse, innescando un  processo di disintegrazione politico-elettorale, facilitato dall'Italicum,  quel che è avvenuto  a Roma. Per farla breve:  regalare su un piatto d'argento  il Paese ai pentastellati.
Invece di isolare il partito di Grillo, sull’esempio storico dell’arco costituzionale (certo su basi nuove, non resistenziali), appoggiando Renzi, anche sul referendum, che in un’ottica di compromesso (di democrazia reale)  rappresenta il male minore, che cosa si fa?   Ci si divide,  aizzando le folle, contro un presunto dittatore, spianando così  la strada al dittatore vero.  
Parole grosse?  Grillo non è Mussolini, per carità.  Però non  è indenne da mal represse  pulsioni autoritarie. Per non parlare dei suoi parlamentari e militanti, nonché  di quella  bella  fetta d'italiani che intende la democrazia  come  sopraffazione:  la si  concepisce, infatti,  come un gioco a somma zero, privo di qualsiasi forma mediazione e compromesso. Insomma, siamo distanti anni luce  dalla democrazia rappresentativa e liberale.   
Concludendo, la deriva  referendaria incarna al meglio (si fa per dire...) lo spirito politico del grillismo. L’esatto contrario dello spirito che invece anima la destra liberale, anzi dovrebbe... Perché  Berlusconi, Salvini e Meloni, tutto sono fuorché liberali. 

Carlo Gambescia                  

2 commenti:

  1. Io vedo il rafforzamento, in senso autoritario, della riforma Boschi-Renzi, altro che liberale. Ho avuto la pazienza inenarrabile di leggere il brogliaccio scritto male e pensato peggio del duo di Piadena. Siccome non sono un accademico, ho chiesto il parere di un professore di Diritto Costituzionale col quale intrattengo rapporti epistolari sulla base di passioni comuni. Lui, sì, è un liberale a tutto tondo, e mi ha riferito che il parto di due cervelli piccini piccini non poteva che realizzare una pessima riforma ispirata da pessimi intendimenti per la nuova architettura costituzionale che si vorrebbe sostituire alla seconda parte dell'attuale Carta. penso di potermi fidare dell'analisi del prof. Nel mio piccolo avevo già intuito che si trattava di una trappola. Chiedere di cambiare non vuol dire cambiare in meglio, dichiararsi riformisti non basta, vorrei sapere cosa si vuole e come riformare, altrimenti c'è la magagna. Caro Carlo, tu sai della mia insofferenza acuta nei confronti di un giovane uomo arrivato a Palazzo Chigi non per intercessione della Madonna e men che meno del popolo, bensì grazie a manovre di Palazzo guidate da Re Giorgio, il noto riformista del PCi che ben vedeva i carriarmati sovietici come strumenti riformisti contro la conservazione... Già. Il popolo ha diritto di votare e pure incorre nell'errore di scelta. Capita. Peggio è vedersi governare da chi è sceso dal cielo e non è una divinità, anzi. Peggio è dover votare leggi astratte che dovrebbero essere discusse nelle sedi preposte, a largo consenso, visto che trattano di riforma costituzionale. Ma tant'è. E allora votare NO è una necessità, poiché il vecchio non sempre è obsoleto.

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  2. Non esistono costituzioni perfette. E' ovvio. Il punto non è questo. E ti ho già riposto:"Invece di isolare il partito di Grillo, sull’esempio storico dell’arco costituzionale (certo su basi nuove, non resistenziali), appoggiando Renzi, anche sul referendum, che in un’ottica di compromesso (di democrazia reale) rappresenta il male minore, che cosa si fa? Ci si divide, aizzando le folle, contro un presunto dittatore, spianando così la strada al dittatore vero."

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