Ieri sera è finita la miniserie televisiva diretta da
Graziano Diana
Anni
spezzati? Ma da chi?
La storia contemporanea è qualcosa di magmatico. Difficile da spiegare a scuola, figurarsi
attraverso una fiction televisiva. Ma addirittura impossibile in Italia,
dove il Sessantotto sembra non
essere mai finito. Cosicché fin dal titolo, la mini-serie “Gli anni spezzati”, delude.
Anni spezzati rispetto a che
cosa? Al Sessantotto giudicato a priori come
una vittoria della civiltà. E che cosa avrebbe impedito alla immaginifica rivoluzione sessantottina di progredire ? Il terrorismo, interpretato come antitetico
ai valori del Sessantotto. E
perciò fomentato da una gretta borghesia, incapace di capirne i
grandi valori. Salvo i tre protagonisti: il commissario, il
giudice, l’ingegnere: rarissimi esempi
di borghesi colti, onesti e laboriosi, “liberi” ma lasciati soli, e quindi traditi
dalla stessa classe di appartenenza.
Cosa dire? Che siamo davanti alla solita messa in scena per far
passare un preciso messaggio: che, in fondo, il terrorismo
non era figlio di una folle ideologia anti-borghese e pseudo-proletaria, predicata a sprangate, bensì di una borghesia cieca, incapace, per natura, di comprendere il necessario, provvidenziale, inevitabile spostamento dell’asse della storia da destra a sinistra.
Ora, nessuno contesta la libertà di interpretare la storia
dell’Italia contemporanea, seguendo i criteri
ideologici più differenti. Ci mancherebbe altro. Tuttavia,
il problema è che dal punto di vista
televisivo (di questo oggi ci occupiamo), sulle origini del terrorismo italiano sembra prevalere una sola versione. Il che non aiuta a capire...
Carlo Gambescia
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