mercoledì 29 gennaio 2014

Ieri sera è finita la miniserie televisiva diretta da Graziano Diana
 Anni spezzati? Ma da chi?  





La  storia contemporanea è  qualcosa di magmatico. Difficile da spiegare a scuola,  figurarsi  attraverso una fiction televisiva. Ma addirittura impossibile in Italia, dove il Sessantotto  sembra non essere  mai finito.  Cosicché fin dal titolo,  la  mini-serie  “Gli anni spezzati”,   delude.
Anni spezzati rispetto a che cosa? Al Sessantotto  giudicato a priori come una  vittoria della civiltà. E che cosa  avrebbe impedito alla immaginifica  rivoluzione  sessantottina  di progredire ?  Il   terrorismo,  interpretato come  antitetico  ai  valori del Sessantotto.  E  perciò  fomentato da  una gretta borghesia,  incapace di  capirne i  grandi valori.   Salvo i tre protagonisti: il commissario, il giudice, l’ingegnere:  rarissimi esempi di borghesi colti, onesti e laboriosi, “liberi” ma lasciati soli,  e quindi  traditi  dalla stessa classe di appartenenza.   
Cosa dire?  Che siamo davanti  alla solita  messa in scena  per far  passare  un preciso  messaggio:  che, in fondo,   il terrorismo  non  era   figlio  di una  folle  ideologia  anti-borghese e pseudo-proletaria,  predicata a sprangate,   bensì   di  una  borghesia cieca,   incapace, per natura,  di comprendere  il necessario, provvidenziale, inevitabile  spostamento dell’asse della storia   da destra  a sinistra. 
Ora, nessuno  contesta la libertà di interpretare la storia dell’Italia contemporanea, seguendo i criteri  ideologici più differenti. Ci mancherebbe altro.  Tuttavia,  il problema è che dal punto di vista  televisivo (di questo oggi ci occupiamo), sulle origini del  terrorismo italiano  sembra prevalere una sola versione.  Il che non aiuta a capire...                      
              Carlo Gambescia                 

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