giovedì 9 gennaio 2014

Il libro della settimana: Teodoro Klitsche de la Grange, Funzionarismo, Liberilibri 2013, pp. 156 – Euro  15,00 -  http://www.liberilibri.it/teodoro-klitsche-de-la-grange/215-funzionarismo.html




Teodoro Klitsche de la Grange  è  firma  nota ai nostri lettori. I quali di sicuro ne apprezzano  la  profondità di pensiero e la capacità  di  tratteggiare in poche pagine  una  questione politica, spesso  giuridico-politica, fissandone le remote origini, i contraddittori  sviluppi,  abbozzando  risposte e individuando  le questioni aperte. I  suoi  libri  sono spettacolari  galoppate,  in barba a tutti i gretti  specialismi accademici con tanto di numerini tabellari al seguito,   tra filosofia del diritto, scienza politica, storia  e diritto costituzionale. Anche quest’ultima  fatica  non sfugge  all’aurea regola di casa de la Grange.  Il titolo  Funzionariato (Liberilibri), pur  rinviando a  un dibattito antico,  tenutosi tra Otto e Novecento, evoca  una questione di grande attualità: quella del potere delle burocrazie. Usiamo il plurale non a caso, perché il fenomeno burocratico, travalica il pubblico e il privato  per insediarsi  in qualsiasi  forma di organizzazione sociale.  L’uomo, nonostante i proclami,  resta un animale burocratico: ha necessità di certezze e sicurezze di vita.  Di qui, la benevola (ma non sempre) dittatura sociologica della routine Bisogna prenderne atto:  dietro ogni rivoluzione c’è la ricostruzione. E alle spalle di quest’ultima, si affaccia sempre  un onnipotente  burocrate.
Non stiamo divagando, perché su questa consapevolezza sociologica (e antropologica),  frutto di un sano realismo cognitivo, Klitsche de la Grange ha costruito la trama del suo prezioso studio.  Dove ci  si occupa in particolare  della burocrazia pubblica dei moderni.  E del suo rapporto, per così dire,  di amore e odio con un potere politico-statuale,  dal quale  il burocrate, pur attingendo,  sogna di  emanciparsi,  pretendendo  però di non perdere nulla in termini di  sicurezza, immunità e prebende,      
Tre i piani di lettura.
Il primo,  paretiano,  che  indaga come (e quanto) l’ideologia burocratica sia  funzionale alla perpetuazione della struttura  burocratica: la funziona rinvia alla struttura e viceversa.  Del resto, come impone l’invisibile gioco degli interessi privati, il burocrate, anzi il funzionario (come poi vedremo…), al di là delle pubbliche dichiarazioni di fedeltà al bene comune ( purissime "derivazioni" paretiane),   non può  perseguire   l’interesse del pubblico. Per quale ragione?  Perché, come impone l’invisibile gioco degli interessi privati,  il suo scopo precipuo  è  curare  il proprio interesse, spesso identificandolo con quello del gruppo burocratico di appartenenza.   Si tratta, come ben evidenzia  Klitsche de la Grange,  di un vero e proprio “residuo” comportamentale, per dirla ancora con Pareto.  O se si preferisce un costante sociologica.  Detto altrimenti, il cosiddetto magniloquente  “governo delle leggi”, di regola,  sfocia nel tedioso governo dei burocrati.  E più la norma (ancora peggio se “grund”…) è  impersonale, più la sua applicazione diventa dominio  della straripante personalità collettiva e regolamentare della burocrazia. Alla quale nelle democrazie rappresentative,  a differenza dello stato assoluto, non c’è alcun  sovrano altrettanto potente in grado di opporsi.  Il che ovviamente,  non significa che si debba tornare al buon tempo antico.  Ma soltanto, che andrebbe ridotta, la sfera d’azione dell’intervento pubblico. Ma come?  
Questo aspetto conduce al secondo piano di lettura: quello dei rimedi. Klitsche de la Grange, non crede in salvifici  paradisi societari   vietati ai  burocrati. La modernità,  teatro  di  gigantismi,  non può farne a meno. In questo senso,  si contrappone “funzionariato”, come strapotere dei funzionari pubblici,  a “burocrazia”, quale fisiologico (entro certi limiti) strumento organizzativo : il primo  sarebbe una «deviazione» della seconda. « Il connotato principale - si osserva -   del funzionarismo è che esso è una deviazione della burocrazia: una burocrazia che non si riconosce  più come potere servente, ma in grado di soppiantare quello sovrano. È un’ “ipertrofia dell’ego” burocratico, la macchina che si considera pilota, l’esecutore che si pensa guida. Il vizio essenziale del funzionarismo è insomma quello descritto (e ripetuto più volte) da Max Weber, di credere di poter sostituire la politica, la classe politica e il politico con la burocrazia, come se una comunità umana potesse essere guidata da un potere per sé “intermedio”(tra vertice e base), da un aiutantato di servizio alla direzione politica e all’istituzione» (p. 117).
Pertanto, come si suggerisce,   l’unica  risposta  possibile è di tipo politico. Va riscoperta la  buona politica, fatta di decisioni,  di senso della misura e dell’opportunità,  di naturale  rispetto verso uomini e istituzioni. Obiettivi non facili da perseguire, soprattutto nel loro insieme,  dal momento  che le “congiunzioni” politiche, come quelle astrologiche, sono   frutto di misteriosi equilibri storici e non di formule precostituite.  E non tutti sono capaci di cogliere l’attimo (storico) fuggente…      
Il che  ci porta al terzo piano di lettura, quello del rapporto  fra  burocrazie funzionarie e decadenza dei sistemi politici.  Un filone di ricerca, caro, e da sempre,  a  Klitsche la Grange.   Qui  la domanda è:   se gli imperi crollano è colpa dello strapotere di avidi funzionari?   Ecco la sua risposta: « Probabilmente  non lo  è sempre in assoluto, dato che la storia ha visto stati “burocratici” avere una durata quasi (o ultra) millenaria, come il Celeste Impero o l’Impero romano d’Oriente da Diocleziano alla  caduta di Costantinopoli». Allora, assoluzione? No. Perché  resta «da chiedersi se questo, invece, possa succedere ove quella comunità, istituzione, formula politica abbiano “perso l’anima”» (pp.  121-122).
Si parla di “anima” ma alla fin fine si tratta sempre di politica. Come dare un’ anima alle istituzioni?  Può  bastare la decisione politica? E di chi?  Del popolo? Di un assemblea legislativa?  Del Presidente? Del Principe?  Della “Volontà Generale”?   
Purtroppo, il pur importante plebiscito quotidiano, per usare una celebre espressione, vive e muore di routine. Infatti, anche le grandi scelte epocali muoiono all'alba per annegamento:   nelle acque limacciose di un orario ferroviario, di un regolamento pensionistico, di una richiesta di indennità, di una circolare ministeriale... Insomma, per farla breve,   la domanda  sembra essere sempre  lo stessa, e da secoli:  sono gli uomini che fanno le istituzioni? O sono queste ultime che fanno gli uomini? 
D’altronde, come i suoi lettori sanno bene,  Klitsche de la Grange  sembra prediligere i finali aperti. Quindi  Funzionarismo  non offre soluzioni belle e pronte.  Ma, onestamente, alla domanda di cui sopra,  si può dare risposta?  E per giunta definitiva? Crediamo di no. 

Carlo Gambescia


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