Piazze (contro
le nozze gay) e democrazia
La
manifestazione parigina contro le nozze gay è già stata
archiviata dai media, prossimamente ce ne sarà una di coloro che sono a favore.
Intanto in Parlamento, dove Holland sembra disporre della maggioranza dei
voti, i lavori proseguono e probabilmente si giungerà all'approvazione di una legge sul matrimonio tra persone
dello stesso sesso e quindi all’equiparazione delle varie “tipologie” di
famiglia con tutti i diritti (e doveri) connessi.
Che dire? Sul piano
formale siamo davanti a una lezione di democrazia: si può manifestare,
esprimere il proprio dissenso civilmente in piazza e nelle sessioni
elettorali e parlamentari, dove poi però si
contano le teste e vince chi convince e perciò consegue più voti. L’alternativa
a questo scambio, diciamo così, di carezze, sarebbe quella di tagliare le
teste invece di enumerarle (e i francesi ne sanno qualcosa...). Quindi nulla da
eccepire.
E sul piano
sostanziale? Mah… Dovrebbero esistere, come si dice, valori non negoziabili,
nei quali tutti possano riconoscersi. Ma basta leggere Hobbes (Leviatano, il lucidissimo
Capitolo I, “Dell’uomo”), oppure aver frequentato qualche assemblea
condominiale, per capire che una base comune sul piano dei valori,
e perfino degli interessi, non è di questo mondo. Di qui la
necessaria coabitazione di valori diversi che può essere patteggiata
solo attraverso le procedure democratiche appena ricordate.
Naturalmente,
democrazia vuole, che le maggioranze non siano sempre le stesse. E che quindi
ogni minoranza, come - sembra - nel caso dei manifestanti francesi, possa
diventare maggioranza. Salvo poi accettare, una volta perdute le elezioni,
di passare la mano. E così via.
Si dirà: ma
questo andirivieni di minoranze e maggioranze non favorisce il relativismo dei
valori? Non solo lo favorisce ma ne vive: democrazia e relativismo sono
complementari. Tuttavia, sussistono (in "natura"
sociologica) un minimo e un massimo di tollerabilità legati alla forza
sociale delle diverse tradizioni culturali, religiose, politiche.
Insomma, come insegna Tocqueville, bisogna rispettare le maggioranze, evitando
di incorrere nei due eccessi opposti del divinizzarle o
mortificarle.
Del resto minimo e
massimo, di regola, tendono a confluire verso un punto di
equilibrio. Che è sempre storico. E che perciò muta di epoca in
epoca. Sta al bravo politico individuarlo di volta in volta. Ma questa,
forse, è un’altra storia.
Carlo Gambescia
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