martedì 15 gennaio 2013

Piazze  (contro le  nozze gay)  e  democrazia




La manifestazione parigina  contro le nozze gay  è già stata archiviata dai media, prossimamente ce ne sarà una di coloro che sono a favore. Intanto in Parlamento, dove Holland sembra disporre della maggioranza dei voti, i lavori proseguono e probabilmente si  giungerà all'approvazione di  una legge sul  matrimonio tra persone dello stesso sesso e quindi all’equiparazione delle varie “tipologie” di famiglia con tutti i diritti (e doveri) connessi.
Che dire? Sul piano formale siamo davanti a una lezione di democrazia: si può manifestare, esprimere il proprio dissenso civilmente in piazza e nelle sessioni  elettorali e  parlamentari,  dove   poi  però si contano le teste e vince chi convince e perciò consegue più voti. L’alternativa a questo scambio, diciamo così, di carezze, sarebbe quella  di tagliare le teste invece di enumerarle (e i francesi ne sanno qualcosa...). Quindi nulla da eccepire.
E sul piano sostanziale? Mah… Dovrebbero esistere, come si dice, valori non negoziabili, nei quali tutti  possano  riconoscersi. Ma basta leggere Hobbes (Leviatano, il lucidissimo  Capitolo I, “Dell’uomo”), oppure aver frequentato qualche assemblea condominiale, per capire che una base comune sul piano dei valori, e perfino degli interessi,  non è di questo mondo. Di qui la necessaria coabitazione di valori diversi che può essere patteggiata  solo attraverso le procedure democratiche appena ricordate.
Naturalmente, democrazia vuole, che le maggioranze non siano sempre le stesse. E che quindi ogni minoranza, come - sembra - nel caso dei manifestanti francesi, possa diventare maggioranza. Salvo poi accettare, una volta perdute le elezioni, di passare la mano. E così via.
Si dirà:  ma questo andirivieni di minoranze e maggioranze non favorisce il relativismo dei valori? Non solo lo favorisce ma ne vive: democrazia e relativismo sono complementari. Tuttavia, sussistono (in "natura" sociologica)  un minimo e un massimo di tollerabilità legati alla forza sociale  delle diverse tradizioni culturali, religiose, politiche. Insomma, come insegna Tocqueville, bisogna rispettare le maggioranze, evitando di incorrere nei due eccessi opposti del  divinizzarle o mortificarle.

Del resto minimo e massimo, di regola,   tendono  a confluire  verso un punto di equilibrio. Che è sempre storico. E che perciò  muta di epoca in epoca.  Sta al bravo politico individuarlo di volta in volta. Ma questa, forse, è un’altra storia.
Carlo Gambescia

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