Il libro della
settimana: Sergio Fernàndez Riquelme, La
Utopía del comunismo jerárquico. Politica y
Sociedad en Ugo Spirito, Prólogo de Pedro Carlos Gonzáles Cuevas ,
Isabor – AVK Verlag 2010, pp. 148 - c/ Molina de Segura 5, bloque 7, 4° C
- 30007 Murcia (España).
Sergio Fernàndez Riquelme è uno storico spagnolo, docente presso l’Università della Murcia, direttore de “La razón histórica”, con alle spalle notevoli saggi e libri dedicati alla storia delle idee. In particolare ricordiamo il lavoro pionieristico sul pensatore rumeno, padre del moderno corporativismo europeo, Mijail Manoilesco (2005).
Quest’ultima sua
fatica, La Utopía del comunismo jerárquico. Politica y Sociedad en
Ugo Spirito, non è come si potrebbe pensare una
semplice presentazione del filosofo italiano al pubblico
colto spagnolo. Nel suo efficace ritratto il pensiero di
Spirito acquisisce un respiro europeo. Il punto di
partenza, ovviamente, è quello dell’ “altra” Europa tra le due guerre: per
usare un linguaggio caro al fascismo "movimento",
l’Europa che si schierò intellettualmente dalla
parte del “Sangue" in guerra "contro
l’Oro”. Come del resto sottolinea nell’ appuntita prefazione Pedro Carlos
Gonzáles Cuevas, individuando, tra l'altro, anche
postumi punti di contatto ideale tra Spirito e il
pensiero "ribelle" contemporaneo. (pp. 5-17).
Il libro si articola
in due parti, cui si aggiunge una dignitosissima bibliografia finaledi e su il filosofo (pp. 137-144). La
prima parte è dedicata all’intreccio - vera caratteristica del
pensiero di Spirito - tra filosofia, scienza e politica (“El
filosofo y el político: de especulador teorético a consejero de príncipes”, pp.
27-53); la seconda alla sua teoria filosofico-economica, culminante
nella corporazione proprietaria e nell’autogestione sociale ( “El economista y
el téorico: Del corporativismo fascista al comunismo jerárquico”, pp. 55-135).
Stato organico o
comunitarismo integrale? Qual è la forma politico-sociale predominante nel
pensiero di Spirito? Lo storico spagnolo non scioglie completamente
il nodo, anche se sembra propendere per il comunitarismo integrale. A suo
avviso, il comunismo spiritiano sarebbe
il naturale punto di approdo, di un pensiero
segnato fin dagli inizi gentiliani, da una
fortissima istanza comunitaria, esplicitatasi prima, negli anni del fascismo, come comunione tra stato e individuo (il
comunismo gerarchico del fascismo corporativo), dopo,all'indomani
della guerra, nell'osmosi tra società e individuo (il comunismo sociale), quale
fulcro sociale di un gigantesco processo di sviluppo
economico, guidato dalla scienza, ma a vantaggio
dell’uomo e non del capitale.
Probabilmente il
pensiero di Spirito è condizionato (dall'inizio alla fine) da
una premessa conoscitiva fondamentale. Quale? Che il
sapere può cambiare in meglio l’uomo. Di
conseguenza il suo pensiero si sforza di inverare
in chiave comunitaria - attraverso l’aiuto determinante
della scienza - politica e società. Spirito, insomma, crede nel progresso
morale-scientifico dell’uomo. E per farla breve, sul valore,
purtroppo controverso, di questo
assioma, regge o cade il suo comunitarismo.
Carlo Gambescia
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