venerdì 18 gennaio 2013


Et voilà. Carlo Pompei  ci spiega, in poche e gustose  righe, perché le prossime elezioni non  influiranno più di tanto sulla  vita  degli italiani.   Insomma, se ci si perdona il gioco di parole: un voto, v(u)oto a perdere…
Chicca: la tagliente  immagine di “copertina” (diciamo così) è del Pompei grafico.  Buona visione e lettura. (C.G.)


Elezioni 2013 
Politica malata, 
tra controfigure e manette
di Carlo Pompei




Nosferatu-Monti è pronto a rientrare nel suo gelido sarcofago? L’ultimo Cavaliere (dell’apocalisse) ha stretto un patto con il diavolo, oltre che con Maroni e un chirurgo plastico? Il capo (stazione) del PD ha un asso nella manica, ma lo tiene ben nascosto? Il Grillo urlante vuole veramente governare? Se sì, ne ha la stoffa?
A queste domande cercheremo di rispondere effettuando una lettura dei loro atteggiamenti e propositi.
Il premier dimissionario probabilmente verrà rimesso in carica collegato a decine di porte usb alimentate ad energia sòlare (da sòla, in romanesco: fregatura), pronto ad ulteriori emergenze “tecniche” dettate dai Draghi della Bce. Monti non ha alcun carisma politico presso le masse: le manovre impopolari (IMU e IVA su tutte) che ha dovuto avallare sono assolutamente incompatibili con qualsivoglia speranza di ottenere consenso sufficiente alle urne, a meno che gli italiani credano alla favoletta della revisione delle tasse.
La favoletta riguarda anche il Berluscavaliere. Questi si farà disarcionare da un suo delfino (probabilmente non Angelino, ma un ripescato dalla Lega o da altra fazione coalizzata), ma soltanto quando avrà la sicurezza che la Magistratura lo lascerà in pace. Nel frattempo dovrà giocare la sua partita a scacchi con la morte (politica, si intende, quella biologica non riguarda un highlander della sua tempra). Berlusconi potrebbe avere buone possibilità per il suo fare “inclusivo” e per il fatto che, probabilmente – oltre tutti i suoi stipendiati diretti ed indiretti – tutti i tifosi del Milan lo votano (no, non stiamo scherzando).
Bersani dovrà finalmente scoprire le sue carte ed ammettere che i papabili “delfinocchi” comunque portano voti e questo gli causerà qualche grana non tanto nel rappresentare la sinistra, quanto quel centro che, demo-cristianamente, ambisce a conquistare. Il leader del PD è ancora in brodo di giuggiole per avere vinto le Primarie del proprio partito, ma non considera che tra i “fantastici cinque” era l’unico ad avere qualcosa da perdere nel confronto: Vendola e Renzi hanno i loro seguaci e tempo accessorio, Tabacci e Puppato sono stati presentati come due controfigure funzionali all’alone di democraticità del quale si ammanta la sinistra da una ventina d’anni (coincidenze?).
Infine il politicomico. Grillo dovrà affrontare problemi ben più seri di quelli rappresentati dal dover soltanto criticare l’operato di altri. Egli, infatti, confonde un palcoscenico con un palco da comizio, ma è comunque un predicatore che, in teoria, ha più probabilità di tutti di personificare quel malcontento serpeggiante tra i tartassati. Il paradosso è che, con il suo fare “esclusivo”, somiglia più a un dittatore (un subcomandante?) da America Latina che a un capo-popolo affascinato dalle “meraviglie” della democrazia.
Su tutto questo incombono scheletri negli armadi, scandali pronti a scoppiare come bubboni e il “fantasma” del semestre bianco del Colle che, a causa della coincidenza del compimento del settennato con la fine della legislatura, si preannuncia più nero della notte più buia…


Carlo Pompei, classe 1966, “Romano de Roma”. Appena nato, non sapendo ancora né leggere, né scrivere, cominciò improvvisamente a disegnare. Oggi, si divide tra grafica, impaginazione, scrittura, illustrazione, informatica, insegnamento ed… ebanisteria “entry level”.

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