Et voilà. Carlo Pompei ci spiega, in
poche e gustose righe, perché le prossime elezioni non
influiranno più di tanto sulla vita degli italiani.
Insomma, se ci si perdona il gioco di parole: un voto, v(u)oto a perdere…
Chicca:
la tagliente immagine di “copertina” (diciamo così) è del
Pompei grafico. Buona visione e lettura. (C.G.)
Elezioni 2013
Politica malata,
tra
controfigure e manette
di Carlo Pompei
Nosferatu-Monti è
pronto a rientrare nel suo gelido sarcofago? L’ultimo Cavaliere
(dell’apocalisse) ha stretto un patto con il diavolo, oltre che con Maroni e un
chirurgo plastico? Il capo (stazione) del PD ha un asso nella manica, ma lo
tiene ben nascosto? Il Grillo urlante vuole veramente governare? Se sì, ne ha
la stoffa?
A queste domande
cercheremo di rispondere effettuando una lettura dei loro atteggiamenti e
propositi.
Il premier
dimissionario probabilmente verrà rimesso in carica collegato a decine di porte
usb alimentate ad energia sòlare (da sòla, in romanesco: fregatura), pronto ad
ulteriori emergenze “tecniche” dettate dai Draghi della Bce. Monti non ha alcun
carisma politico presso le masse: le manovre impopolari (IMU e IVA su tutte)
che ha dovuto avallare sono assolutamente incompatibili con qualsivoglia speranza
di ottenere consenso sufficiente alle urne, a meno che gli italiani credano
alla favoletta della revisione delle tasse.
La favoletta
riguarda anche il Berluscavaliere. Questi si farà disarcionare da un suo
delfino (probabilmente non Angelino, ma un ripescato dalla Lega o da altra
fazione coalizzata), ma soltanto quando avrà la sicurezza che la Magistratura lo
lascerà in pace. Nel frattempo dovrà giocare la sua partita a scacchi con la
morte (politica, si intende, quella biologica non riguarda un highlander della
sua tempra). Berlusconi potrebbe avere buone possibilità per il suo fare
“inclusivo” e per il fatto che, probabilmente – oltre tutti i suoi stipendiati
diretti ed indiretti – tutti i tifosi del Milan lo votano (no, non stiamo
scherzando).
Bersani dovrà
finalmente scoprire le sue carte ed ammettere che i papabili “delfinocchi”
comunque portano voti e questo gli causerà qualche grana non tanto nel
rappresentare la sinistra, quanto quel centro che, demo-cristianamente, ambisce
a conquistare. Il leader del PD è ancora in brodo di giuggiole per avere vinto
le Primarie del proprio partito, ma non considera che tra i “fantastici cinque”
era l’unico ad avere qualcosa da perdere nel confronto: Vendola e Renzi hanno i
loro seguaci e tempo accessorio, Tabacci e Puppato sono stati presentati come
due controfigure funzionali all’alone di democraticità del quale si ammanta la
sinistra da una ventina d’anni (coincidenze?).
Infine il
politicomico. Grillo dovrà affrontare problemi ben più seri di quelli
rappresentati dal dover soltanto criticare l’operato di altri. Egli, infatti,
confonde un palcoscenico con un palco da comizio, ma è comunque un predicatore
che, in teoria, ha più probabilità di tutti di personificare quel malcontento
serpeggiante tra i tartassati. Il paradosso è che, con il suo fare “esclusivo”,
somiglia più a un dittatore (un subcomandante?) da America Latina che a un
capo-popolo affascinato dalle “meraviglie” della democrazia.
Su tutto questo
incombono scheletri negli armadi, scandali pronti a scoppiare come bubboni e il
“fantasma” del semestre bianco del Colle che, a causa della coincidenza del
compimento del settennato con la fine della legislatura, si preannuncia più
nero della notte più buia…
Carlo Pompei, classe
1966, “Romano de Roma”. Appena nato, non sapendo ancora né leggere, né
scrivere, cominciò improvvisamente a disegnare. Oggi, si divide tra grafica,
impaginazione, scrittura, illustrazione, informatica, insegnamento ed…
ebanisteria “entry level”.
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