Dopo la vittoria del Centrosinistra
Tutti più liberi (da Berlusconi)? Sì, ma non dalla
crisi economica e dai vincoli di bilancio
La sconfitta del Centrodestra (perché hanno perduto Pdl e Lega) ha una causa
evidente. E come si chiama? Crisi economica. Ma non è la sola, come vedremo.
Procediamo per gradi.
Dietro la batosta di domenica e lunedì non c’è la questione giudiziaria, il
solipsismo di Berlusconi, una campagna elettorale dai toni spropositati, ma un
fatto molto importante: l’assenza da parte del Governo in carica, al di là
degli interventi sugli ammortizzatori sociali, di una politica sociale capace
di rendere meno duro il peso della crisi sulle spalle delle famiglie italiane.
Diciamo che dietro la batosta c’è la politica economica della lesina di
Tremonti, politica che ha scontentato tutti. Semplificando: industriali,
impiegati, operai, insegnanti, agricoltori, giovani, studenti, lavoratori
autonomi, pensionati. Tutti settori, appartenenti all’intera società italiana,
dove nel 2008 il Centrodestra aveva largamente attinto.
E qui c’è un’altra osservazione da fare: storicamente, dalle politiche del 1994 in poi, il
Centrodestra ha sempre dimostrato, di non saper conservare il potere, dopo una
Legislatura (o quasi) al Governo (1996, 2006). Quindi la sconfitta di domenica,
segnala l’esistenza di forti possibilità che nel 2013 possa vincere il
Centrosinistra. Perciò, dopo aver dato il giusto peso alla crisi, è necessario
interrogarsi su un’altra questione altrettanto importante: nel Dna del
Centrodestra c’è traccia di politica sociale? No, almeno secondo gli elettori
di domenica e lunedì. E questo è un grosso problema, perché è con la politica
di welfare che si conserva il potere, soprattutto nei momenti di crisi. Del
resto, anche le passate sconfitte del Centrosinistra (2001, 2008) possono
essere ricondotte alla stessa ragione: mancanza di una politica sociale.
Analisi semplicistica? Forse. Il potere però, secondo la tesi di una tradizione
che va da Aristotele a Röpke, passando per Tommaso, si regge sul consenso, e il
consenso sulla buona vita, o più modernamente, sul welfare.
E qui si apre un altro problema: quello dei rigidi vincoli esterni dettati da
Bce, Fmi, società di rating; vincoli di tipo monetarista, resi ancora più duri
dal lento evolversi della crisi. E ai quali nessun Governo, di Centrodestra o
Centrosinistra, poteva sottrarsi in passato, figurarsi oggi. Insomma, i margini
di manovra per qualsiasi politica sociale rimangono molto limitati, e per
tutti: la "quadra" resta dura da trovare, e per qualsiasi forza
politica. Meno che per i rappresentanti dell’antipolitica: i parolai. E qui
pensiamo, in particolare, ai Grillo, ai Di Pietro, ai De Magistris, a certa
sinistra populista, in grado di vincere, sparandole grosse, come è avvenuto
alle amministrative di domenica e lunedì, ma non di governare, come appunto
mostrano le tribolate vicende dei passati governi non solo di Centrodestra...
In conclusione, nei panni del Centrosinistra, non canteremmo vittoria. Almeno
fino a quando la crisi non sarà passata. E, di riflesso, il rispetto dei
vincoli esterni meno impegnativo.
Carlo Gambescia
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