Gioco ricco mi ci ficco...
Il corpo di Osama,
Obama e gli antiamericani
È interessante,
anche se da copione, come il fronte antiamericano, nelle varie sfumature, stia
reagendo alla morte di Osama bin Laden. All’inizio, semplificando, ha sposato
la tesi del non è lui, o sei è lui, lo hanno tirato fuori dal frigorifero. Ora
che invece circolano filmati riguardanti l’ uccisione del terrorista, gli
antiamericani, cambiando al volo tesi, pongono l’accento sull’immane crudeltà
degli Stati Uniti Usa, mettendola sull’umanitario.
Naturalmente le tesi, in particolare quelle del frigorifero e della crudeltà,
possono essere “mescolate” insieme, sulla base dell’origine pregressa dei
filmati. Inoltre, va anche da sé, quanto le tesi accusatorie del variegato
fronte antiamericano collimino perfettamente con quelle del peggiore terrorismo
islamico. Del resto, in politica reale, "il nemico dell'amico e sempre
nostro amico". Regola che vale per tutti, antiamericani e americani.
Crediamo invece che le esitazioni politiche americane, come del resto la
ritrosia a mostrare il corpo di Osama bin Laden, evidenzino ancora una volta
due fatti: il primo congiunturale, il secondo istituzionale.
Il fattore congiunturale è determinato dalla debolezza della presidenza Obama.
L’attuale presidente - per dirla fuori dai denti - ha scarse o nulle capacità
politiche. È meno che mediocre. Di qui i tentennamenti decisionali e
l’incapacità di prendere partito e assumersi la responsabilità storica e
politica dell’eliminazione fisica di Osama, in ordine anche a “dettagli”, per
quanto moralmente orridi, a cominciare dalla necessità di esporre
“mediaticamente” il cadavere del terrorista, come del resto quella, giustissima
(dal punto di vista del realismo politico), di farlo sparire per evitare culti
e santuari.
E qui entra il gioco il secondo fattore, quello istituzionale; fattore che può
essere scomposto in due elementi: quello del pessimo rapporto storico tra
braccio militare e braccio politico: negli Usa in particolare, gli uni non si
fidano degli altri. Ciò significa che un’operazione militarmente riuscita come
quella dell’eliminazione di un pericoloso terrorista, rischia per conflitti
interni all’amministrazione civile e militare di non poter essere sfruttata a
fondo, soprattutto mediaticamente. Ma anche per un’altra ragione. Perché il
secondo elemento istituzionale rinvia al moralismo americano, ossia al timore
di finire “ingiustamente” sulla graticola mediatica, come toccò ad esempio ai
militari latino-americani che eliminarono Che Guevara. Moralismo
"impolitico", di cui la politica reale ( in cui ciò che è giusto lo
decide il vincitore), poi si vendica, come nel caso della assoluta necessità
politica (e simbolica ovviamente) di eliminare Osama. Come è stato. Di qui però
l’ipocrisia, ma anche il balletto delle versioni differenti. Aggravato, come
abbiamo asserito, dai tentennamenti di Barack Obama, personaggio politicamente
inconsistente.
Può darsi che nelle prossime ore gli Stati Uniti forniscano, finalmente, una
versione più completa e dettagliata, inclusi i particolari moralmente (ma non
“politicamente”) più ripugnanti. Ma purtroppo il guaio (politico) ormai è
fatto. Di fascine per accendere un grosso fuoco mediatico gli antiamericani ne
hanno già abbastanza.
Carlo Gambescia
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