Il libro della settimana: Riccardo
Campa, Mutare o perire. La sfida del transumanesimo, pref. di Stefano
Vaj, Sestante Edizioni 2010, pp. 310 euro 25,00 .
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La sfida del transumanesimo può finalmente
essere raccolta da chiunque, grazie alla chiara messa a punto di Riccardo
Campa, professore di sociologia della scienza, presidente dell’Associazione
Italiana Transumanisti, già direttore della World Transhumanist Association
(WTA): Mutare o perire. La sfida del
transumanesimo, pref. di Stefano Vaj (Sestante Edizioni 2010, pp.
310 euro 25,00 ).
Ma entriamo subito nel merito, citando dalla Carta dei Princìpi della WTA,
commentata da Campa:
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“Due punti di questa dichiarazione sono
particolarmente importanti sul piano etico: il primo è l’affermazione del
‘diritto morale’ di utilizzare la tecnologia per superare le limitazioni
biologiche dell’umanità; il secondo è l’affermazione che il titolare di tale diritto
non è l’uomo, ma ‘l’essere senziente’. Si tratta di una definizione ampia che
include l’uomo, ma insieme ad esso anche la macchina intelligente, l’animale
potenziato, l’alieno se esiste, e l’ibrido uomo-macchina (caso paradigmatico:
il cyborg). Siamo dunque di fronte - conclude Campa - ad una concezione della
bioetica radicalmente nuova; una posizione che in genere lascia perplesse le
persone più tradizionaliste e, di conseguenza, genera aspre polemiche”.
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E in particolare - aggiungiamo - con la Chiesa Cattolica. Polemich e inevitabili, perché, come ammette anche Campa, tra
cristianesimo e transumanesimo non c’è ponte:“Nel cristianesimo è Dio che si fa
uomo per donare la salvezza alle sue creature, nel transumanesimo è l’uomo che
si fa dio per salvarsi dal creatore”. Tuttavia preferiamo restare in ambito
sociologico, ponendo due questioni.
Innanzitutto, per dirla con Sorokin, se ogni sistema di pensiero sembra portato
nel tempo ad assolutizzare i valori in cui crede, il rischio “sociologico”
maggiore, consiste nella sempre possibile egemonia di un solo credo. Si tratta
di una “regola” sociologica che dipende anche dall’ eventuale “tasso di
radicalismo” contenuto in un’idea. E che sembra valere per il cristianesimo,
come per ogni altro sistema di pensiero.
Se le cose stanno così, che dire dell’overdose di radicalismo racchiusa nel
“mutare o perire” del transumanesimo? Esito di una scelta “presentata” come
obbligata fra il restare vittima dell’evoluzione-trasformazione (perire)
dell’uomo, o dirigerla (mutare), puntando su un’ evoluzione autodiretta ?
Il rischio “sociologico” del transumanesimo - per ora, semplice verità tra le
verità - è proprio nell’ aut-aut: un “di qua o di là” che in caso di vittoria”
rischia di risolversi nell’ assolutizzazione egemonica del Divenire
transumanista rispetto all’Essere cristiano. Per farla breve: perché fuggire
dalla Chiesa Cattolica per entrare in quella dei Transumanisti?
Ma non va ignorato un altro aspetto sociologico, legato alla fase in cui il
movimento, anche di pensiero, si fa istituzione. Ad esempio, per venire all’
attualità, come può essere articolato socialmente - istituzionalizzato, appunto
- il diritto, pur condivisibile, al testamento biologico? Verranno istituite
commissioni mediche, di “specialisti”? E su quali parametri? E in quali
strutture? Pubbliche o private? Come evitare il rischio della routinizzazione
delle decisioni? E quindi degli errori e abusi? E per favore, non si risponda
asserendo che il problema è in via di superamento “perché tanto i cyborg non
muoiono mai”…
Purtroppo, quel che può “filare” sul piano logico-ideologico, può non “filare”
sul piano pratico-sociologico. Le idee vanno sempre rapportate alle gambe
storte degli uomini. E il sociologo deve tenere in debita considerazione gli
effetti perversi delle azioni sociali, persino le più nobili.
Ciò non significa respingere l’idea di mutamento, bensì rivendicare la natura
complessa di ogni agire sociale e della società in particolare: un’ entità che
precede e va oltre l’uomo e per la quale tutto muta, nulla perisce.
Carlo Gambescia
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