Proposte anticorruzione
Perché non separare le
carriere dei manager?
Oggi le prime pagine dei giornali aprono con
due notizie: le indagini sul cardinale Crescenzio Sepe accusato di corruzione
nell’ambito dell’inchiesta sugli appalti alla “cricca” e la deludente prova
della nazionale di calcio con la Nuova Zelanda.
Ma allora l’Italia è il paese più corrotto in Europa? Difficile rispondere,
perché non esistono statiche sicure al riguardo. Alcuni sostengono che la
differenza è proprio nella società civile. Quanto più è libera, moderna,
secolare e distante dalla politica, tanto più un paese riesce a contenere i
“livelli” di corruzione entro limiti fisiologici. E l'Italia a modernità
sarebbe messa piuttosto male...
Si tratta di un’ipotesi interessante ma
difficilmente verificabile. La
Gran Bretagna e gli stessi Stati Uniti, di solito celebrati
come perfetti esempi di modernità civile, non sono affatto indenni dalla piaga
della corruzione.
Allora, tutto il mondo è paese? No. Diciamo che un inizio di spiegazione
(sociologica) può essere rappresentato dall’ampiezza della cosiddetta
"area grigia", dove si intersecano moralmente ed economicamente
poteri pubblici e privati. Sappiamo che la cosa potrà dispiacere a molti -
compreso chi scrive - ma alcune indagini mostrano che le economie miste a forte
predominio del pubblico sul privato - e in questo Italia e Francia hanno fatto
scuola - sono soggette ad alti "tassi di corruttività". O comunque
sia, sono più a rischio di altre.
Con questo non si vuole sostenere il contrario, ossia che l’economie private
siano virtuose. Anzi, come alcuni rilevano il rischio corruzione aumenta quando
si passa di colpo dal pubblico al privato - insomma, dove si privatizza -
perché la promiscuità persiste: l' “area grigia” non sparisce con un colpo di
bacchetta magica. Resta invece lì, con il suo pesante bagaglio di possibili
complicità tra ex funzionari pubblici “privatizzati e nuovi manager privati in
precedenza pubblici, o addirittura ministri. Parliamo di una persistenza, come
dire relazionale-morale e ambientale (in consigli di ammnistrazione,
commissioni di studio e controllo, gare di appalti, eccetera) che di regola
rischia di favorire tassi di corruzione ancora più elevati, rispetto a quelli
dell’economia mista.
Diciamo questo, solo per sottolineare la complessità sociologica della
questione.
Forse - la buttiamo lì -
andrebbero separate le carriere: un manager pubblico potrebbe essere obbligato
a restare, manager pubblico a vita. Un manager privato, manager privato per
sempre. E così via…
Troppo rigidi? Comunque sia, ci assale un dubbio. Quanto può essere credibile
proporre una soluzione del genere, in un paese dove il più grande imprenditore
televisivo privato è diventato Presidente del Consiglio?
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