Todos libertari?
Todos libertari? Pare proprio di sì. E per scoprirlo basta seguire
qualsiasi dibattito mediatico, dove ogni misura politica è sempre presentata
come apportatrice di maggiore libertà… Probabilmente il libertarismo, nel bene
e nel male, è il principale lascito politico del Sessantotto. Si pensi solo
alla questione del testamento biologico, che alcuni vorrebbero trasformare in
una specie di diritto civile alla “buona morte”. Saremmo perciò addirittura
davanti a un nuovo diritto soggettivo civile, magnificato dal politicamente
corretto post-sessantottino, spesso sconfinante a destra, come prolungamento di
quel diritto a “realizzarsi”, osannato da un pensatore come Marcuse, eletto più
di quarant’anni fa a profeta della contestazione.
Ovviamente, si può andare ancora più indietro. Fino al sacro diritto alla
felicità, sancito dai rivoluzionari francesi, frutto, per alcuni avvelenato,
del clima culturale illuministico, Durante il Terrore, mentre le teste ancora
cadevano, Saint-Just - un Di Pietro più acculturato e dalla ghigliottina facile
- dichiarò molto soddisfatto che “la felicità era un’idea nuova in Europa”…
Questo per dire che il pensiero politico e sociale otto-novecentesco, facendo
precedere i diritti del singolo a quelli della comunità, ha radici
profondamente libertarie. Il Sessantotto e la cultura successiva hanno
semplicemente portato alle estreme conseguenze il principio di felicità e
autorealizzazione.
.
I sei libertarismi
Quindi, per venire alle definizioni, un pensiero è libertario se
antepone l’individuo al gruppo: quando al massimo dell’ordine senza la libertà,
preferisce il massimo del disordine con la libertà.
Semplificando al massimo, possiamo ridurre a sei i tipi di libertarismo.
C’è il libertarismo neoliberista, o "miniarchico", che
vede nello stato un' istituzione che va ridotta ai minimi termini, per lasciare
spazio al mercato. Per il libertarismo "miniarchico", lo stato può
fornire, in condizioni di monopolio, soltanto protezione dalle minacce interne
ed esterne ; c’è il libertarismo
anarco-capitalista che
oltre a negare lo stato, vuole mandarlo in pensione, affidando la fornitura
della protezione ad agenzie private; c'è il libertarismo anarchico puro e semplice, che vuole distruggere lo stato con
metodi violenti; c’è il libertarismo
marxista, che condivide con quello anarchico, l'idea di
costringere l’uomo a essere libero, anche “a mazzate”; c’è il libertarismo conservatore,
antidemocratico, targato destra, che vuole il massimo di libertà, ma solo per
un pugno di anime belle; c’è infine il libertarismo
cattolico, che, come quello anarco-liberale, scorge nello stato
un nemico, ma invece di opporgli il mercato o le “mazzate”, porge l’altra
guancia, sventolando la cambiale in bianco di una libertà fondata sulla legge
divina. Ad eccezione dei cattocomunisti, che dai "libertari"
comunisti hanno invece entusiasticamente derivato l'idea che l'uomo deve essere
libero, almeno nell'al di qua, anche a mazzate....
Una precisazione: i libertarismi conservatore
e cattolico, non hanno basi illuministiche. Quello conservatore può essere
ricondotto a una visione aristocratica, per alcuni razzista, della storia
umana. Mentre quello cattolico a una concezione teologica, ultraterrena.
.
Tra il dire e il fare…
Però
sul piano pratico le sei categorie sembrano confondersi. E per una ragione
banale: gli uomini, quelli in carne e ossa, alla libertà spesso preferiscono la
sicurezza. Di qui quel mix di libertarismo e assistenzialismo che sembra
governare di fatto la nostra società: per un verso lo stato, per ragioni di
consenso, si sforza di accontentare tutti, recependo qualsiasi diritto
individuale, fino a quello della buona morte; per l’altro però, così facendo,
moltiplica leggi e burocrazie: a un tempo libera e intralcia le persone.
Insomma, todos libertari, ma a caro prezzo.
Un piccolo esempio. Il professor Veronesi ha sostenuto. che il “diritto di
morire”, scegliendo il come e il quando, fa “parte del corpus fondamentale dei
diritti individuali” come “il diritto di formarsi o non formarsi una famiglia,
il diritto alle cure mediche, il diritto a una giustizia uguale per tutti, il
diritto all'istruzione, il diritto al lavoro, il diritto alla procreazione
responsabile, il diritto all’esercizio di voto, il diritto di scegliere il
proprio domicilio” (Il diritto di morire,
Mondadori 2005)
Ora, sul piano “logico-ideologico” Veronesi ha ragione: una volta stabilita la
preminenza, appunto logica (il singolo uomo come “premessa
logico-argomentativa”) e ideologica dell’individuo (il singolo uomo come punto
di “partenza” e di “arrivo” di qualsiasi processo storico), la libertà di
scelta e azione dell’uomo, come singolo, deve essere totale.
Resta però un problema, che abbiamo più volte sollevato : come può essere
articolato socialmente il “diritto di morire”? Attraverso apposite commissioni
mediche, di “specialisti”, che decideranno quando e come “soddisfare” le
“richieste” dei singoli? E su quali parametri? E in quali strutture? Non
sussiste forse il rischio di commettere ingiustizie e abusi, una volta che a
occuparsi di questo problema saranno le stesse burocrazie mediche e politiche
che già ora non riescono a gestire in modo efficiente i nostri ospedali.
.La "cultura del piagnisteo"
Ripetiamo: quel che può tornare sul piano logico e ideologico,
purtroppo può non tornare su quello pratico e sociologico. Le idee vanno sempre
rapportate a una realtà concreta. E, purtroppo, l’astratta cultura
post-sessantottina dei diritti si è solo mostrata capace di far sorgere, per
dirla con Robert Hughes, una “cultura del piagnisteo”, dove tutti hanno diritto
a tutto. Basta solo piagnucolare (dai proprietari di criceti a quelli di una
seconda casa…) perché i poteri pubblici subito legiferino a manetta.
Ovviamente, tutti possono piangere calde lacrime, eccetto che gli operai,
soprattutto se metalmeccanici. Ma questa è un’altra storia…
Riassumendo: il libertarismo in pratica non funziona, o funziona sola a metà,
generando come è avvenuto, un libertarismo assistito di massa.
Inoltre, la tanto celebrata alternativa anarco-capitalista al libertarismo
assistito o piagnone è sicuramente irrealizzabile, quasi quanto quella proposta
dal libertarismo anarchico. Nel senso che, come ogni integralista,
l’anarco-liberale si batte per il puro ritorno dell’uomo allo stato brado. Una
pura utopia.
Conclusioni. Non esiste felicità intelligente
La conseguenza più importante del todos libertari è che oggi ogni questione
politica finisce per restringersi al conflitto tra anarco-capitalismo e
libertarismo neoliberista ("miniarchico") da una parte, e
libertarismo assistito dall'altro. Si pensi al sindacato che, a prescindere
dalla sigla di riferimento, sembra occuparsi più dei diritti civili che della
difesa dei posti di lavoro. Come nel caso della “difesa del consumatore”, vecchia
battaglia dei libertarismi anarco-capitalista e neoliberista , oggi abbracciata
con entusiasmo anche dal sindacato piagnone.
Quali soluzioni? Difficile dire. Il valore della libertà individuale, non ha
solo radici illuministiche ma anche greche, romane e cristiane. E quindi ha una
lunga storia dietro di sé . Fatta anche di contrapposizioni tra libertà
politiche, civili, religiose ed economiche. Che ovviamente non possiamo qui
ricostruire.
Crediamo però che il vero problema sia quello dell’ articolazione concreta
della libertà. La cui soluzione impone, tuttavia, un cammino difficile, se non
impossibile: come andare oltre il libertarismo assistito, senza però cadere
nella tagliola del libertarismo neoliberista ("miniarchico") e
anarco-liberale? Respingendo, ovviamente, qualsiasi disastrosa scorciatoia
totalitaria...
Un’autentica quadratura del cerchio. Perché si dovrebbe rinunciare ad essere
felici… Principio buono, forse, per le sole anime belle. Ma, come spiegarlo ai
miliardi di libertari assistiti , affamati al tempo stesso di libertà e
sicurezza a buon mercato? Anche perché, come ben sapeva Jean Rostand, non
esiste felicità intelligente.
Carlo Gambescia
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