Profili/7
Vilfredo Pareto
Suggerire una rilettura di Vilfredo Pareto (1848-1923)
non è facile. Per tre ragioni.
In primo luogo, per l'ampiezza dell'opera e soprattutto
per la necessità di distinguere tra l'economista e il sociologo. Due aspetti
interessanti e complementari della sua opera, ma che richiedono da parte del
lettore, o comunque dell'interprete, vaste conoscenze.
In secondo luogo, la sua opera, proprio per l'ampiezza, è
priva di organicità, e quindi non è facile indicare da quale libro iniziare a
rileggere o leggere per la prima volta Pareto.
In terzo luogo, perché su Pareto, ma oggi probabilmente
meno che passato, continua a pesare l'accusa di essere un conservatore, se non
proprio un reazionario, sostenitore dell'uso della forza in politica e dunque
"cattivo maestro" di crudeli dittatori.
Alla prima questione si può rispondere consigliando di
leggere il sociologo. Pareto sosteneva, già un secolo fa, che l'economia ( o il
solo homo oeconomicus) da sola non era sufficiente per studiare e capire il
perché delle azioni umane. Di qui la necessità, come prova la sua opera, di
fondare una "sociologia", che a differenza dell'economia si sforzasse
di spiegare anche i comportamenti "irrazionali" dell'uomo. E' inutile
sottolineare, alla luce delle "battaglie" antiutilitaristiche di
oggi, l'importanza e l'attualità di questo approccio.
Alla seconda questione si può replicare consigliando di
partire proprio dalla preziosa raccolta di Scritti sociologici, curata
da Giovanni Busino (il massimo studioso vivente di Pareto), Utet, Torino 1966 (www.utet.com/). Dove sono raccolti testi
metodologici e teorici (soprattutto articoli), di grande interesse, e veri e
propri gioielli politologici e sociologici, ricchi di osservazioni
profondissime, come Fatti e teorie (1920), Trasformazione della
democrazia (1921) e il gustosissimo Il mito virtuista e la letteratura
immorale (1914), testo in cui Pareto fustiga, spesso ridendo, e in certo
senso mettendosi sulla scia di Freud, quel finto moralismo di tanti ipocriti
castigatori dei costumi, che invece nasconde "altre" inconfessabili,
"pulsioni".
Alla terza questione non è facile rispondere in modo
netto, dal momento che Pareto, come pensatore realista, ha sempre ammesso che
la politica, non è solo dibattito, ma anche contrasto, decisione e uso della forza. Di qui, il fascino da lui esercitato su quei
movimenti politici che in un'epoca di gravissimi conflitti sociali, economici e militari, come quella apertasi dopo la prima guerra mondiale, avrebbero però
ridotto la politica, a differenza di quanto sosteneva il pluralista Pareto, al solo esercizio della violenza
fisica.
Comunque sia, Pareto morì il 19 agosto1923, in tempo per
rifiutare di sottomettere al Senato quei documenti a lui richiesti per la
convalidazione della nomina a Senatore del Regno, voluta da Mussolini, appena
giunto al potere. Ma sul pensiero politico di Pareto, che sostanzialmente era
un liberale conservatore, si consiglia di leggere i due volumi di Scritti
politici (1872-1923), curati da Busino (Utet 1974). A Giovanni Busino si
deve anche l'edizione delle Opere complete di Vilfredo Pareto, il lingua
francese, (Libraire Droz, Genève 1964, in corso di pubblicazione - www.droz.org).
Comunque sia, Pareto morì il 19 agosto
Buona lettura ai "coraggiosi". In tutti i
sensi.
Carlo Gambescia
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