La politica della "contemporaneità" e le questioni ecologiche
Indecisi a tutto
Spesso seguendo il dibattito politico, a molti capiterà,
come in questi giorni, di provare un senso di estraniamento, di fronte alla
superficialità di molte questioni dibattute e alla pochezza dei rimedi
proposti. Il problema non è solo italiano, ma riguarda un po' tutti i paesi del
"civile" occidente. E concerne l'incapacità delle classi politiche (o
comunque di una parte maggioritaria di esse) di "ragionare" in modo
politicamente incisivo e soprattutto in termini di "tempi lunghi".
Un grande storico francese, Fernand Braudel, parlava
sempre, a proposito dell'analisi storiografica, di tre livelli di
"temporalità": esistono i tempi lunghi geologici della geografia
storica, o se si preferisce delle grandi realtà socio-ambientali (ad esempio il
Mediterraneo); esistono i tempi plurisecolari dei grandi sistemi economici (ad
esempio il capitalismo moderno); esistono infine i tempi della politica e delle
decisioni immediate, da prendere addirittura giorno per giorno, e dunque di
cortissimo respiro temporale (ad esempio le decisioni di un re, di un generale,
di un governo democratico, sono sempre prese "sotto pressione", sulla
scia di "eventi" politici, o comunque, della
"contemporaneità"). La politica di oggi è appunto tutta
"ripiegata" sulla contemporaneità politica: scandali, questioni
finanziarie del momento, approvazione di leggi finanziarie annuali, battaglie
lobbystiche. Sui grandi temi legati ai tempi lunghi (come ad esempio la
questione ecologica, riproposta recentemente in Italia dalle lotte antiTav), e
ai tempi "medi" dell'economia (come ad esempio il grave problema
dell'iperconsumismo e dei suoi negativi effetti di ricaduta psichica, sociale
ed economica), nessuno decide: si preferisce rinviare, o come si dice
"passare la patate bollente" ai governi successivi.
Ad esempio la questione, posta in questi giorni, per il
momento molto cautamente, da alcuni politici di centrodestra come di
centrosinistra, sulla possibilità di "ritornare al nucleare",
riguarda per le sue conseguenze, nel caso sciagurato che un giorno si possa
concretizzare, problemi di lunga e media temporalità: ambientali di lungo
periodo (incidenti e inquinamento); economici di medio periodo ( variazione nei
costi delle materie prime e ristrutturazioni).
Ora, ammesso e non concesso che si apra un dibattito pubblico
sulla questione del nucleare, la nostra classe politica, abituata a occuparsi
di "scalate" (finanziarie), è "temporalmente" attrezzata,
come mentalità, per affrontare una volta per tutte, un tema così importante che
riguarda sicuramente alcune decine di generazioni future?
Carlo Gambescia
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