lunedì 16 gennaio 2006


La politica della "contemporaneità" e le questioni ecologiche

Indecisi a tutto




Spesso seguendo il dibattito politico, a molti capiterà, come in questi giorni, di provare un senso di estraniamento, di fronte alla superficialità di molte questioni dibattute e alla pochezza dei rimedi proposti. Il problema non è solo italiano, ma riguarda un po' tutti i paesi del "civile" occidente. E concerne l'incapacità delle classi politiche (o comunque di una parte maggioritaria di esse) di "ragionare" in modo politicamente incisivo e soprattutto in termini di "tempi lunghi".
Un grande storico francese, Fernand Braudel, parlava sempre, a proposito dell'analisi storiografica, di tre livelli di "temporalità": esistono i tempi lunghi geologici della geografia storica, o se si preferisce delle grandi realtà socio-ambientali (ad esempio il Mediterraneo); esistono i tempi plurisecolari dei grandi sistemi economici (ad esempio il capitalismo moderno); esistono infine i tempi della politica e delle decisioni immediate, da prendere addirittura giorno per giorno, e dunque di cortissimo respiro temporale (ad esempio le decisioni di un re, di un generale, di un governo democratico, sono sempre prese "sotto pressione", sulla scia di "eventi" politici, o comunque, della "contemporaneità"). La politica di oggi è appunto tutta "ripiegata" sulla contemporaneità politica: scandali, questioni finanziarie del momento, approvazione di leggi finanziarie annuali, battaglie lobbystiche. Sui grandi temi legati ai tempi lunghi (come ad esempio la questione ecologica, riproposta recentemente in Italia dalle lotte antiTav), e ai tempi "medi" dell'economia (come ad esempio il grave problema dell'iperconsumismo e dei suoi negativi effetti di ricaduta psichica, sociale ed economica), nessuno decide: si preferisce rinviare, o come si dice "passare la patate bollente" ai governi successivi.
Ad esempio la questione, posta in questi giorni, per il momento molto cautamente, da alcuni politici di centrodestra come di centrosinistra, sulla possibilità di "ritornare al nucleare", riguarda per le sue conseguenze, nel caso sciagurato che un giorno si possa concretizzare, problemi di lunga e media temporalità: ambientali di lungo periodo (incidenti e inquinamento); economici di medio periodo ( variazione nei costi delle materie prime e ristrutturazioni).
Ora, ammesso e non concesso che si apra un dibattito pubblico sulla questione del nucleare, la nostra classe politica, abituata a occuparsi di "scalate" (finanziarie), è "temporalmente" attrezzata, come mentalità, per affrontare una volta per tutte, un tema così importante che riguarda sicuramente alcune decine di generazioni future?

Carlo Gambescia

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