Il libro della settimana: Alain de Benoist, Comunità e decrescita. Critica della ragione mercantile, Arianna Editrice 2006, pp.224, Euro 12,95 .
http://www.ariannaeditrice.it/vetrina.php?id_macroed=691 |
Va dato atto a Eduardo Zarelli, fondatore dell'Arianna
Editrice (www.ariannaeditrice.it),
di saper ben scegliere i libri che pubblica. Il suo catalogo, pur non ampio,
può vantare tra gli altri, autori come Etzioni, Goldsmith, Sale, Sorokin,
Charbonneau, Bonesio e appunto Alain de Benoist.
In particolare, quest'ultimo volume che raccoglie il
meglio della più recente produzione teorica debenoistiana, si presenta di
grande interesse oltre che di piacevole lettura (grazie anche all'ottimo, come
sempre, lavoro dei traduttori).
I temi affrontati dal pensatore francese sono tutti di
grande rilievo: la "terza età" del capitalismo; il borghese; la
società depressiva"; libertà, eguaglianza, identità; il mito del
progresso; ecologia e partecipazione; federalismo. Va però segnalato in
particolare un saggio, che senza togliere nulla agli altri, vale l'acquisto
dell'intera raccolta (tra l'altro ben prefata dallo stesso Zarelli): quello
intitolato "Obiettivo decrescita!". Qui de Benoist, oltre a mostrare
come sempre un'ottima conoscenza critica e bibliografica della materia, riesce
a focalizzare gli aspetti filosofici e politici della questione.
Per un verso infatti, secondo de Benoist, l'idea di
crescita economica permanente, non può non condurre all'autodistruzione del
mondo in cui tutti viviamo ; per l'altro verso non si nasconde però due
problemi: il primo consiste nella difficoltà intellettuale, se non
impossibilità, di far accettare l'idea di decrescita a una cultura politica (a
destra e sinistra) restia a criticare, in nome dei sacri valori
dell'illuminismo e del progresso infinito, il mito della crescita economica a
ogni costo ; il secondo problema consiste nella difficoltà sociologica, se non
impossibilità , di mettere in pratica l'idea di decrescita, in una società, che
col consenso interessato dei politici, ha trasformato i suoi membri in bambini
viziati e annoiati.
De Benoist pone qui un problema fondamentale,
prepolitico, evidenziato a suo tempo, da Rousseau: se l'uomo deve essere
educato alla libertà. La libertà è qualcosa che si apprende o è innata
nell'uomo? E comunque sia c'è la libertà dell'uomo solitario, estraneo
all'altro, che vive nella giungla, e la libertà dell' l'uomo, essere sociale e
politico, che non può estraniarsi, perché vive in società...
In questo senso: deve l'uomo essere educato alla
"decrescita" (se questa appunto è una forma di libertà)? E se sì, da
chi? E come? Rispondere però, come ammette lo stesso de Benoist, non è
facile. Il quale si limita a designare nella democrazia partecipativa e nel
federalismo due preziosi strumenti di trasformazione sociale. Dando però così
una risposta politica a un problema prepolitico. A meno che, e su questo
sarebbe interessante un suo commento, il pensatore francese non consideri la
democrazia partecipativa e il federalismo, strumenti "prepolitici":
una specie di patrimonio antropologico, che l'uomo può riscoprire, senza
necessariamente sottoporsi a un "processo educativo" alle
"libertà partecipative e federali", imposto dall'esterno...
Carlo Gambescia
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