Vogliamo esaminare i fatti?
Le richieste russe hanno il carattere dell’ultimatum. Che cos’è un ultimatum? Nel diritto internazionale l’ultimatum rimanda alle ultime perentorie proposte di uno stato verso un altro stato, che, se non prontamente recepite, assumono il valore di una dichiarazione di guerra.
Di regola, come nel caso dell’ ultimatum dell’Austria alla Serbia nel 1914, comportano una grave violazione di sovranità. Gi austriaci pretendevano di sostituire la polizia serba nelle indagini sul mortale attentato di Serajevo.
La Russia, che già una volta, aggredendo, ha violato la sovranità ucraina, ora pretende addirittura, violandola di nuovo, oltre alle cessione dei territori, occupati illegalmente, il disarmo ucraino, la sostituzione di Zelensky dipinto come un nazista, dittatore, eccetera. Altrimenti la guerra continuerà.
Può uno stato, ora ridotto a meno di quaranta milioni di abitanti, come l’Ucraina, continuare ad essere definito libero e sovrano, dopo aver accettato un simile diktat?
Ora, piaccia o meno, dopo il 1945, il sistema internazionale si è retto sul rispetto del principio di sovranità, calpestato in Europa da Hitler e Mussolini.
Ovviamente, una cosa sono i principi un’altra la realtà. Il lettore, anche il meno preparato, non può non ricordare i numerosi episodi di violazione del principio di sovranità all’interno della sfera americana, russa, cinese.
Per una grande potenza il principio di sovranità è sempre un ostacolo all’ espansione, vista quasi come un fatto naturale.
Per contro, un’Europa indebolita dalla guerra fece sua, e in modo coraggioso e ammirevole, la difesa del principio di sovranità e di una interazione pacifica tra i popoli.
La guerra civile europea era pur servita a qualcosa. Di qui il processo di unificazione, che dopo la dissoluzione dell’Unione Sovietica, si estese, graditissimo, ai paesi un tempo imprigionati dietro la Cortina di ferro.
Non una pura espansione militare, ma lo sviluppo , ben accetto a quei popoli, di un comune progetto economico, sociale e culturale legato a uno stile di vita: quello occidentale. Si pensi a un naturale dilatarsi dell’economia e della società rispetto all’espansionismo di tipo politico-militare. Un vero sollievo per i popoli.
Progetto condiviso, anzi rilanciato dagli Stati Uniti, allora primo alleato europeo. E ovviamente contrastato dalla Russia post-sovietica, profondamente nemica del valori occidentali. Di qui la volontà russa di opporsi, anche violando la sovranità, alla “occidentalizzazione” – che non è parola ingiuriosa – dell’Europa Orientale.
Secondo Kissinger, nella gestione della politica estera, l’attenzione verso gli interessi resta sempre qualcosa di importante. Il che però, non significa che la convergenza nei valori non rafforzi i legami di un’alleanza.
Il concetto è esatto. E ci aiuta a capire il perché del voltafaccia americano nei riguardi dell’Europa. La politica estera di Trump ha come unico valore la magnificazione della forza.
Per contro l’Europa, dopo due guerre mondiali, continua a difendere quello dei diritto. Di qui la presente distanza, dal punto di vista dei valori, rispetto all’America di Trump. E di conseguenza l’ avvicinamento degli Stati Uniti alla bellicosa Russia di Putin.
Russia, che, sul piano degli interessi, altra grande intuizione di Kissinger, persiste nell’ errore della ricerca di un’espansione politica a Occidente, una “sovrestensione”, complicata da gestire, che favorì la caduta dei regimi zarista e sovietico (*).
Concludendo, i fatti cosa dicono? Che gli Stati Uniti, si badi quelli di Trump, e la Russia credono in solo valore: la forza.
Scelta estranea ai loro stessi interessi. Perché, per un verso sarebbe interesse degli Stati Uniti, non guastarsi con l’Europa e favorire l’occidentalizzazione del mondo, che in prospettiva, come si impara dallo stesso dibattito europeo, privilegia la pace e il commercio. E per l’altro, interesse della Russia a concentrarsi sulla democratizzazione e liberalizzazione interna, rinunciando alla “sovrestensione”, che invece accorcia la vita, come ricorda Kissinger.
Però, per ora, ciò non sembra possibile. Di qui la necessità dell’Europa, di rispondere alla forza con la forza. I russi e gli americani, come prova l’ultimatum russo di Putin caldeggiato da Trump, sembrano credere, ripetiamo, solo nel valore della forza. Ripetiamo: contro i loro stessi interessi.
Si dirà, come evocano i pacifisti, che l’Europa è destinata a soccombere, schiacciata tra i due giganti. E che una guerra atomica la ridurrebbe in cenere. Si chiama immaginazione del disastro.
Certo, si tratta di rischi che non si possono escludere. Però, ecco il punto, di ipotesi estrema in ipotesi estrema, si giunge a evocare come unica alternativa al “riarmo” la schiavitù. Il copione apocalittico, contempla la risposta “meglio schiavi che morti”. Fine delle trasmissioni.
Però se non fosse così? Nel senso che alle armi atomiche, di cui si sa troppo o troppo poco, nessuno ricorrerà? E che le risorse economiche e militari dell’Europa, una volta a regime, possono rivelarsi competitive e determinanti? E che infine la forza morale e psicologica del valori occidentali è superiore a quello della forza bruta dei nemici?
Il disastro va immaginato, proprio per essere evitato. Non è un alibi. Un passaporto per le macerie. Non va assecondato. Ma contrastato.
Carlo Gambescia
(*) Henry Kissinger, L’arte della diplomazia, Sperling e Kupfer, Milano 2004, gli ultimi due capitoli, 30 e 31.
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