Qual è la nuova parola d’ordine mondiale? Distruggere la sensibilità politica di sinistra, cominciando dalle élite. Ma si tratta solo di questo? Purtroppo c’è dell’altro. Oggi è sotto tiro l’idea stessa di modernità.
Partiamo però dai fatti. Diciamo pure dai dettagli.
Quanto accade negli Stati Uniti è molto preoccupante. Trump, sta piegando, con le buone o con le cattive, giudici e grandi studi legali privati al suo verbo. Nessuno si deve permettere di contrastare nei tribunali le sue decisioni, pena una persecuzione fiscale e poliziesca.
Ad esempio è fortemente significativa la sottomissione dello studio legale Paul, Weiss, Rifkind, Wharton & Garrison, uno dei più grandi degli Stati Uniti, costretto a promettere, per sopravvivere, di non occuparsi più di grandi questioni come la diversità, l’equità e l’inclusione.
Per non parlare dei giudici minacciati di incriminazione se oseranno opporsi, come di norma accade in ogni stato di diritto dove la giustizia è indipendente, alle misure sempre più repressive non solo verso i migranti ma contro gli stessi cittadini americani, a cominciare dalle storiche università della Ivy League (le più prestigiose) accusate da Trump di fare politica.
Avvocati, giudici, professori universitari, un ceto liberal, progressista, considerato colpevole di lesa maestà nei riguardi di un Presidente che non ammette il dissenso politico. Gli Stati Uniti sono veramente in pericolo. E soprattutto sono di cattivo esempio.
Inoltre, cosa non secondaria, la destra mondiale ha fatto di Trump un
idolo. E' diventata trumpista. Si vede in Trump l' Angelo Vendicatore che con la sua spada
fiammeggiante distruggerà le odiate élite politiche e intellettuali di
sinistra.
Ma non solo. Perché radici e finalità della rivolta trumpiana sono profonde. Hanno di mira la modernità. Vanno oltre quel Project 2025, nato dai cervelli reazionari della Heritage Foundation, recepito da Trump.
Altro esempio. Quel che sta accadendo in questi giorni in Italia, a proposito del Manifesto di Ventotene, è un buon esempio della nefasta influenza del trumpismo: un impasto di autoritarismo, disprezzo per il dissenso e odio atavico verso la modernità liberale.
Chi scrive non è mai stato tenero verso la sinistra, soprattutto in versione welfarista, ma quel che sta accadendo va al di là della destra e della sinistra, perché riguarda le fonti stesse della nostra libertà di uomini e donne moderni.
Va precisato che al momento se negli Stati Uniti la teoria si fatta pratica, e dalle parole contro la sinistra si trascorre ai fatti, in Italia siamo in piena fase di delegittimazione, la fase 1 che precede quella della estromissione.
Ad esempio, il gioco di prestigio delle destre che dipinge Prodi come un violento leader comunista che mangia bambini e giornaliste, cosa creduta, ci dicono i sondaggi, da più della metà degli italiani, è un altro passo avanti verso la creazione di un clima di delegittimazione.
Una atmosfera capace di favorire – ecco la fase 2, quella sta attraversando l’America – la repressione-distruzione di qualsiasi opinione, quindi non solo progressista. Ma che contrasti con l’ideologia del dio, patria e famiglia.
Inutile qui indagare colpe e responsabilità delle élite politiche e intellettuali di sinistra. Perché, ripetiamo, il problema va al di là dello schema politico progressisti-conservatori.
Ci spieghiamo meglio: il trumpismo mondiale rinvia al fiume carsico della controrivoluzione, che risale al rifiuto reazionario della modernità che ha preso corpo dopo la Rivoluzione francese. E che ha avuto un ultimo sussulto – e che sussulto – nel grande conflitto in difesa della civiltà liberale del 1939-1945. Vinto, e per fortuna, dalla liberal-democrazia. E ora, dopo ottant’anni di pace e progresso, il fiume carsico della controrivoluzione rivede la luce del sole.
Qui non è in gioco la dinamica destra-sinistra, ma la distruzione della ragione: di ciò che è alle basi della normalità liberale: mercato, stato di diritto, parlamentarismo, welfare. La modernità insomma.
Si pensi a un bisogno politico profondo, addirittura atavico, inespresso per lungo tempo ma latente, cioè sempre vivo, che riemerge dalle profondità reazionarie della storia.
Un qualcosa, che di forza propria, scavando tra le rocce dei più reconditi siti della civiltà liberale, a poco a poco ha modificato il paesaggio politico e intellettuale, prima sotterraneo poi di superficie, fino a venire allo scoperto, alla luce del sole.
Purtroppo, non è come si vuole credere una normale reazione della destra alla cultura woke o agli eccessi del welfare. Qui siamo davanti allo straripante ritorno di una forza che i più tradizionalisti tra i pensatori di destra, attribuiscono a tradizioni millenarie autocratiche, gerarchiche, militariste, per le quali la modernità resta una specie incidente di percorso.
Cosa volete che siano, si sente ripetere, due o tre secoli di liberalismo dinanzi a cinque mila anni di dominio della Tradizione (ovviamente con la maiuscola)? L’uomo, si dice, è inevitabilmente attratto – ecco il fiume carsico – dai valori della tradizione ai quali non può prima o poi ritornare. Ma quale normalità liberale… La vera normalità è quella della Tradizione: un capo, una fede, una terra da difendere…
Per inciso, Umberto Eco a suo tempo parlò di Ur-fascismo, di fascismo eterno, fascismo che cova sotto la cenere. In realtà, come ammettono candiamente alcuni pensatori tradizionalisti – si pensi a Evola – il fascismo non fu che una incarnazione storica, anche abbastanza plebea, della Tradizione, di qualcosa che era ed è prima e dopo i fenomeni strettamente storici. Perciò crediamo si debba parlare di Ur-Tradizione. Qualcosa di ancora più profondo, atavico, feroce, straripante. Che non tollera ostacoli di nessun tipo. Figurarsi quattro gatti di intellettuali e politici di sinistra.
Il che spiega a meraviglia l’accanimento contro la sinistra e contro ogni forma di liberalismo, giudicato come il “nemico numero uno” dell’Ur-tradizionalismo.
Tuttavia, ripetiamo, la guerra di Trump e dei trumpisti, anche europei, non è contro la sinistra ( avversario transeunte), ma contro la modernità (avversario epocale).
Ne sono consapevoli fino in fondo? Difficile dire. Un Bannon, lettore di Evola, già consigliere di Trump, probabilmente sì. Ma si pensi anche al modernismo reazionario di un Musk, roba da Terzo Reich. Da tempeste, tradizionaliste, d’acciaio. Su Marte.
La lista potrebbe continuare anche perché il tradizionalismo,
consapevole o meno, mescola bene l’individualismo aristocratico con la
fedeltà gerarchica al capo, tipica ad esempio nel seguito a cavallo,
gli hetairoi (compagni), di Alessandro Magno. E che ritroviamo in non
pochi collaboratori politici di Trump, anche di alto livello, da
Vance, R.F. Kennedy jr. , Hegseth, Witkoff, e così via.
Un coacervo di Übermenschen (Superuomini), che come potenziali diadochi, potrebbero venire alle mani in caso di successione.
Comunque sia, il "superomismo" spiega, tra le altre cose, ammirazione di Trump per gli autocrati, a cominciare da Putin…
L’ora è grave. La modernità è sotto tiro.
Carlo Gambescia
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