Un esempio di realismo politico strumentale? Zoppicante o addirittura fasullo, per essere più espliciti? Si legga qui:
“Chi ripete ossessivamente che l’Italia dovrebbe scegliere tra Europa e USA lo fa strumentalmente, per ragioni di polemica domestica o perché non si è accorto che la campagna elettorale americana è finita, dando a Donald Trump – piaccia o no – il mandato di governare e di conseguenza ai partner occidentali di fare i conti con questa America”.
Così Giorgia Meloni ieri al Senato (*) .In quel “piaccia o no” c’è il trucco. A dire il vero di strumentale c’è solo il ragionamento di Giorgia Meloni.
Si sostituisca al nome di Trump quello di Hitler, di Mussolini o di qualche altro dittatore e si faccia lo stesso ragionamento. Poiché “Tizio” è al potere bisogna tenerne conto.
Facilissimo, no? E invece si tratta della stessa logica pseudo-realista che spinse negli anni Trenta del secolo scorso Gran Bretagna e Francia a “fare i conti” con Hitler. Come? Cedendo. Fino a quando non invase Polonia. E finalmente si comprese qual era il gioco del dittatore nazista.
Il realismo politico, cioè tenere conto dei rapporti di forza, è importante, ma ancora più importante è il non snaturare i propri valori politici. Per capirsi: se l’interesse spinge all’ alleanza con il diavolo, i valori sono lì per fare da freno, agire come una specie di spirito del bene che non può favorire il suo contrario, lo spirito del male.
Si dirà: 1) Trump non è Hitler; 2) L’Italia ha tutto da perdere da un conflitto, dal commerciale al politico, con gli Stati Uniti; 3) L’Italia, può tranquillamente tenere i piedi in due staffe, anzi addirittura in tre, addirittura quattro, Russia, Ucraina (e cinque) con Israele. Senza dimenticare (sei) la Cina. Roba da saltimbanchi.
Vediamo meglio.
Si noti al punto 3), una specie di ecumenismo bilaterale, in linea – quando si dice il caso – con il bilateralismo, a sfondo nazionalistico, rilanciato da Trump.
Quanto al punto 1), Trump ha lo stesso approccio aggressivo di Hitler alla politica interna e internazionale. Inoltre ha la stessa capacità del Führer di imbrogliare le acque: di parlare di pace agendo da uomo di guerra che approfitta dei deboli. Inoltre, la visione politica di Trump è decisamente autoritaria, se non addirittura dittatoriale.
Trump non accetta alcun tipo di freno (costituzionale, giudiziario, politico, mediatico, politico) al suo potere. In questo momento i giudici americani si stanno interrogando, e con grande preoccupazione, sull’ipotesi, molto realistica, che Trump punti a ignorare i controlli di legittimità costituzionale sugli ordini esecutivi per andare avanti come un treno nell’implementazione del suo progetto politico chiaramente eversivo. Cosa gravissima.
Infine al punto 2) è certamente vero che, sul piano dell’interesse, l’Italia avrebbe tutto da perdere da un conflitto politico-economico con gli Stati Uniti, però è altrettanto vero che sul piano dei valori, assecondare il progetto trumpiano, significa prendere le distanze dalla liberal-democrazia e dalla stessa Europa liberale.
Facciamo solo un esempio: le indiscrezioni sulla telefonata di ieri tra Trump e Putin confermano l’assenza di qualsiasi accenno al ruolo dell’Europa. Americani e russi la giudicano un soggetto passivo, come la stessa Ucraina del resto. Territori da spartire.
Cosa vogliamo dire? Che se l’Europa è giudicata da Trump res nullius, figurarsi l’Italia. Pertanto buon senso imporrebbe legami più stretti con l’Europa liberale. Proprio per difendersi, tutti insieme, dal progetto trumpiano di nullificazione politica dell’Europa, dell’Italia e ripetiamo dell’Ucraina. Al momento qualcosa si muove (riarmo e coalizione volenterosi), ma l’Italia frena.
Trump, con sguardo rapace, scorge nell’Europa occidentale un ricco giacimento finanziario off shore dal quale drenare denaro e risorse. Le stesse tesi di Hitler.
Qui però viene alla luce la natura strumentale del realismo politico di Giorgia Meloni. Che non potendo condividere i valori liberali europei, perché come ex missina, quindi neofascista, non li ha mai amati, evoca il realismo politico come scudo per favorire la strategia di Trump. Del quale invece condivide i valori, anche se evita di ammetterlo ufficialmente. Inutile ricordare gli abbracci, anche ideologici, con Bannon, Musk e lo stesso Trump.
Giorgia Meloni, con la scusa di un realismo politico, ufficialmente attento agli interessi dell’Italia, difende invece valori antiliberali, che condivide con Trump.
In realtà il gioco della Meloni è ancora più subdolo. Perché mescola realismo politico e concetto di pace. Il suo pseudo ragionamento è questo: Trump lavora per la pace, quindi tenere conto di Trump, significa lavorare per pace. Il problema è che non è universalmente riconosciuto che Trump lavori per la pace. Quindi la premessa maggiore è a dir poco zoppicante.
Al di là di questo, è interesse dell’Italia legarsi al carro di Trump, che poi sembra essere lo stesso di Putin?
E qui di nuovo gli interessi rinviano ai valori. Quindi, detto per inciso, non è vero che in politica estera gli interessi debbano avere la meglio sui valori.
Perché se si crede nei valori liberali, si deve dire no a Trump, come un tempo lo si disse, seppure in ritardo, a Hitler.
Se invece si crede nei valori autoritari, ci si può accodare, pronti a raccogliere le briciole che cadranno dalla tavola dei padroni.
Come il duce a Salò.
Carlo Gambescia
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