mercoledì 21 agosto 2024

In fuga dalla libertà. I pellegrini politici di Putin

 


Putin è così fiero dei valori tradizionali russi, al punto di invitare a trasferirsi in Russia tutti coloro, in particolare gli studenti, che li condividono e si sentono nei loro paesi “perseguitati” dal “globalismo liberista”. A tale proposito ha approvato un decreto che ne faciliterà l’ingresso, eccetera, eccetera (*).

A prima vista non c’è nulla di male. Anzi da un punto di vista politico la misura può essere interessante per scoprire il numero di veri ammiratori tra i giovani, del sistema politico russo. Si pensi a un gigantesco sondaggio d’opinione “con i piedi”.

Molti lettori ricorderanno il caso, per ora unico, della studentessa Irene Cecchin, trasferitasi a studiare in Russia, bisognosa, come pare, del “sostegno umanitario” di Mosca (**).

Un paese liberale, a meno che non sia in stato di guerra, diciamo ufficialmente, non può impedire ( anzi non deve) ai suoi cittadini di trasferirsi ovunque essi desiderino. Come pure è tenuto a mantenere aperte le sue porte a tutti. La logica liberale è ubi bene, ibi patria. Purtroppo, ecco un aspetto interessante, nel caso di Mosca non vale la reciproca: ai russi, giovani o meno, è vietato trasferirsi all’estero, per condividere i valori occidentali. I russi non sono liberali.

Che cosa possa spingere un giovane a riconoscersi nei “tradizionali valori” russi non è di facile individuazione. Probabilmente la causa è nello spirito di contraddizione che caratterizza il conflitto intergenerazionale tra padri e figli. Semplificando: il padre dice A, il figlio risponde B, e così via.

Quanto agli adulti si tratta chiaramente di forme di disadattamento sociale, di mancato inserimento nell’ambiente socioculturale di nascita e di provenienza. Cioè “no” e “fuga” sono quasi sempre frutto di un fallimento sociale che si tramuta in scelta politica, spesso radicale e irrazionale nel senso della sua finalizzazione (si predica la libertà per poi finire in carcere).

Del resto credere che la stessa Russia che ha aggredito l’Ucraina sia interessata alla pace del mondo ha dell’incredibile. Quasi come ritenere  che gli asini possano volare, o, stessa cosa,  credere nella natura pacifista del movimento terrorista  Hamas.  Sono idee contrarie al senso comune. Eppure.

Esiste comunque un problema di fondo, che rinvia all’altra faccia della medaglia liberale.

Il sistema liberale occidentale per un verso è fondato sulla libertà, per l’altro i suoi cittadini sembrano non esserne fieri. Per contro, i russi che da secoli neppure sanno cosa sia la libertà si mostrano fieri di essere schiavi.

Non è facile contrastare il concetto politico di servitù volontaria. Lo schiavo che vuole essere schiavo difficilmente cambia le sue idee. Ovviamente, come dicevamo ieri, idee frutto di una razionalizzazione-giustificazione, che nel caso russo si risolve nella celebrazione dei valori tradizionali, eccetera, eccetera.

La stessa logica della schiavitù volontaria può essere estesa ai pellegrini politici che sognano di trasferirsi in Russia. Si pensi, come precedente storico-politico (ma anche sociologico), agli ammiratori della Germania nazista, dell’Italia fascista e della Russia comunista tra le due guerre mondiali. Entusiasti di visitare e addirittura trasferirsi nei paradisi totalitari.

Che fare? Si dice che l’ Occidente debba nutrire più rispetto e orgoglio per i propri valori. Ma come? Purtroppo la libertà ha come controindicazione il rifiuto della libertà. Si può usare la forza, come una specie di trattamento politico obbligatorio, per impedire ai pellegrini politici  di commettere atti di autolesionismo politico?

Sarebbe una misura ripugnante.

Cosa pensare allora? Che la libertà rappresenta al tempo stesso il punto di forza e di debolezza dell’Occidente. Magari ci si può consolare con il fatto che i pellegrini politici, cioè gli aspiranti schiavi, al momento siano pochissimi.

Può bastare? No. Perché esiste a livello di massa un atteggiamento di diffusa indifferenza verso la liberal-democrazia e l’idea stessa di libertà. Un impiegato, un artigiano, un commesso, una cassiera, un tassista, un agricoltore, eccetera, non sono toccati dalla soppressione di un giornale, dal licenziamento di un professore universitario, dall’imprigionamento di un dissidente politico.

Per quale ragione? Perché il “popolo” liquida l'esercizio della libertà di pensiero come un’ occupazione da ricchi sognatori o da intellettuali sfaccendati: “Io mi alzo presto ogni mattina, non ho tempo per occuparmi di politica”.

Si tratta dello scivoloso terreno sociale che favorisce la nascita delle dittature: “Che importa votare se un buon tiranno si occupa del mio bene perché sa quel che è bene per me?”.

Sotto questo aspetto il principale rischio del nostro tempo è la fuga dalla libertà (“Io mi faccio i fatti miei”) che può favorire la possibile saldatura politica tra i pellegrini della schiavitù e l’ indifferentismo politico di massa. Pura dinamite metapolitica.

Attenzione, non si tratta della fuga dalla libertà “psicanalizzata” da Fromm, in uno sciagurato e fin troppo fortunato libretto, in cui si mettono sullo stesso piano capitalismo, comunismo e fascismo, ipotizzando, come alternativa alla società occidentale , un mondo perfetto e irrealizzabile basato su una miracolosa riforma della personalità individuale.

Il vero rischio, che tutti corriamo, è quello di una fuga dalle libertà concrete dell’Occidente, frutto di un preciso sistema politico ed economico, sicuramente imperfetto, che può piacere o meno, ma che può essere definito, in modo altrettanto certo, migliore di tanti altri sistemi. A cominciare dall’autocrazia moscovita.

In definitiva l’autentico punto della questione è il seguente: come veicolare all’interno della società occidentale, soprattutto tra le masse (perché i pellegrini politici sono irrecuperabili), il senso collettivo, e prima ancora individuale, di una libertà imperfetta, che proprio perché tale è superiore all’assenza di libertà?

Carlo Gambescia

(*) Qui: https://www.lastampa.it/esteri/2024/08/20/news/putin_asilo_agli_occidentali-14569506/ .
(**) Qui: https://www.lastampa.it/cronaca/2024/02/22/news/studentessa_irene_cecchini_putin-14090122/
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2 commenti:

  1. Quello che sta accadendo sembra una grottesca caricatura dello Scontro di civiltà, che io, più correttamente, definirei Scontro tra civilizzazioni (culturali), dove viene contrabbandato un confronto, inesistente, fra comunità organiche immaginarie. Tocca rileggersi Parsons, Huntington e persino Durkheim. Le basi. Saluti

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  2. Sì. C'è un lato tragicomico. Grazie per averlo evidenziato. Ricambio i saluti.

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