martedì 6 agosto 2024

L’amore per l’Occidente

 


Talvolta ci chiediamo perché sia così odiato l’Occidente euro-americano, rappresentato da un insieme di costumi e attività culturali, politiche ed economiche all’insegna della libertà individuale.

Il disprezzo per la libertà individuale è antico. Ha radice nella chiesa e nello stato, come entità assolutistiche. E non è mai scomparso del tutto. Però, attenzione, il principio di uguaglianza e il principio della sovranità del popolo possono essere altrettanto tirannici del principio di sovranità divina – di un potere che discendeva da dio – che caratterizzava il potere della  chiesa e dello stato assoluto.

Diciamo pure che il principale nemico dell’Occidente, apportatore di odio, è in una visione che penalizza la libertà individuale. E poiché l’individuo è al centro della visione liberale, l’Occidente, prima che democratico è liberale. Mai dimenticarlo.

Quanto ai suoi nemici, pensiamo a concezioni religiose e politiche che pongono una qualche forma di comunità, spesso con a capo un profeta, un re, un papa, al di sopra della libertà individuale. Ancora peggio quando il senso di comunità rinvia alla nazione e alla razza.

Qui però nascono alcuni problemi, perché nello stesso Occidente sussistono divisioni interne sul valore da attribuire  all’individualismo liberale. Si pensi al pensiero socialista che punta sull’uguaglianza, addirittura sostanziale. O al pensiero cristiano che antepone alla libertà individuale dogmi e dottrine.

Riassumendo, l’odio verso l’Occidente è l’odio verso quell’individualismo che ritroviamo invece nei grandi navigatori, nei grandi imprenditori, nei grandi scienziati, insomma in tutte le  figure che hanno fatto grande l’Occidente, attraverso la libertà dei mari, di commercio, di parola.

Di regola, il nemico dell’Occidente, non conosce la storia dell’Occidente. Oppure , se la conosce, la interpreta dal punto di vista comunitarista – cioè olista, del tutto, (òlos, dal greco), che deve sempre prevalere sulla parte, l’individuo. Di conseguenza la storia dell’Occidente viene dipinta come un processo di disgregazione e decadenza, a mano a mano che l’individuo si distacca dal potere assoluto di  entità olistiche come la chiesa e lo stato. Mai dimenticarlo: dietro la tesi della degenerescenza è sempre in agguato un pensiero nostalgico, reazionario e controrivoluzionario, che vuole imporre le vecchie catene all’individuo.

Ancora oggi, lo stato è raffigurato dai nemici dell’individualismo, come un utilissimo strumento per asservire l’individuo. E qui si pensi a moderni fenomeni politici come il fascismo, il nazismo, il comunismo, interni allo stesso Occidente. La stessa visione welfarista, dell’assistenza all’individuo dalla culla alla tomba, non favorisce lo sviluppo di una sana etica individualistica.

Come si può intuire l’odio verso l’Occidente rinvia a nemici esterni e nemici interni. Si può contrastare? Riteniamo si debba riscoprire l’ amore per l’Occidente come dedizione appassionata ed esclusiva a un sistema di vita basato sulla libertà individuale. Insomma verso l’individuo come punto di partenza per una società libera e aperta.

Un inciso per i lettori di buona volontà. Chi desideri approfondire il ruolo determinante dell’individualismo liberale nella storia dell’Occidente, non può non leggere la Storia universale di Jacques Pirenne. Opera fondamentale, oggi purtroppo poco citata (*).

In realtà ai nostri giorni resta difficile parlare di individualismo incorrotto. Puro. Per contro, sussiste un vivace individualismo protetto. Spurio. Le retoriche, spesso intransigenti sull’eguaglianza, rappresentano il corollario ideologico del welfare state. Pertanto nelle nostre società l’amore per lo stato, che vede e provvede, ha quasi sostituito quello per l’individuo, come entità capace di fare da sé. E questo è un fattore di crisi. Detto altrimenti, lo stato pretende di proteggere l’individuo dall’individualismo, di conseguenza l’individuo, completamente circuito, si lascia dolcemente scivolare nella melassa del welfarismo, perdendo vigore e capacità d’iniziativa, se non per reclamare i diritti sociali più curiosi, come il famoso “signorino viziato” teorizzato da Ortega y Gasset.

A parte quanto detto fin qui, ci si chiederà come sia possibile nel mondo di oggi segnato da un odio ingiustificato verso  l' l’Occidente, conciliare  l'individualismo, che è apportatore di pace e commerci,  e  la difesa dell’individualismo, magari armata. Nell’Ottocento, periodo d’oro del liberalismo individualista, una classe politica liberale, un poco ovunque nell’Europa dell’Ovest, riuscì a conciliare libertà individuale e spirito di nazionalità. I vari risorgimenti nazionali, che imposero in alcuni paesi il ricorso alle armi, ne sono un esempio luminoso. Ecco, allo spirito di nazionalità andrebbe sostituito lo spirito dell’Occidente. Da difendere se occorre, anche con le armi. Come avvenne contro il nazifascismo.
 

Cosa non facile, che impone un grande senso dell'equilibrio politico. Si chiama anche senso della realtà.  Che si può perdere.  Ad esempio, lo spirito di nazionalità, già nel Novecento, una volta sganciato dal liberalismo costituzionale e dalla libertà di mercato, si tramutò nello spietato nazionalismo del fascismo e del nazismo. Tuttora rispolverato dai cosiddetti sovranisti. Esiste  poi una logica di potenza, diciamo  di ricostituzione del potere, che vede insorgere, anche all’interno del mondo occidentale, rivalità scalari tra grandi e medie potenze. 

I problemi da risolvere sono enormi. E le classi politiche occidentali sembrano titubanti sul ritorno a un individualismo incorrotto, perché ne diminuirebbe la capacità di controllo sull’elettorato. Però l’Occidente, come dicevamo, è diventato grande solo grazie alla diffusione dell’individualismo, in particolare economico. Al quale però si deve tornare, in quanto materia prima, come la parola per il linguaggio, per rilanciare lo spirito dell’Occidente.

Occorre, se ci si perdona la caduta di stile, un ritorno di fiamma. Di nuovo amore.  Per l'Occidente.  Si deve tornare a credere nelle capacità dell’individuo. Non è questione neppure di numeri e demografia. Ma di recupero di valori ideali, prima che materiali.

Quasi un miracolo di questi tempi. Lo riconosciamo.

Però una cosa è certa. A salvare l’Occidente dai suoi nemici non saranno né le ideologie antioccidentali, anche quelle apparentemente meno pericolose, come il welfarismo, né peggio ancora l’agnosticismo ideologico a sfondo pessimistico. Perché, in quest’ultimo caso, non si possono mettere sullo stesso piano Washington e Hitler.

Carlo Gambescia

(*) Qui: https://www.ebay.it/itm/261358730069 . L’opera, non più ristampata, si ferma all’inizio degli anni Settanta del secolo scorso. Ma è così ben impostata che il lettore ha tutti gli strumenti per proseguire le indagini da solo.

Nessun commento:

Posta un commento