sabato 3 agosto 2024

Gorgia Meloni e la strage degli innocenti

 


La mattina del 2 agosto 1980, per una di quelle inspiegabili circostanze del destino, pur dovendo scendere a Roma, non passai da Bologna, altrimenti…

Ho perciò seguito per tutti questi anni processi, polemiche, e vicende politiche intorno al terribile attentato, sempre con una personale partecipazione.

Ogni anno il 2 agosto il mio pensiero va sempre agli innocenti che non furono favoriti da un destino benevolo.

Sotto l’aspetto giudiziario non possono più sussistere dubbi sulla natura politica delle strage. Come pure su quello metapolitico. Si rifletta: in un paese, uscito da una guerra civile, il terrorismo resta l’unica arma nelle mani degli sconfitti. Che poi sull’ uso della violenza fascista si siano innestati interessi geopolitici e trame politiche nulla toglie nulla aggiunge alle tremende responsabilità storiche del fascismo e del neofascismo: attori politici che hanno sempre teorizzato la violenza come unico strumento di lotta politica. Quindi il passaggio all’atto, come nel caso di Bologna e anche di altre stragi, era inevitabile.

Ecco, credo che l’espressione “strage degli innocenti”, nel senso di viaggiatori che avevano la sola colpa di trovarsi alla stazione nel momento dell’esplosione, sia quella giusta, nel senso derivato dalla radice della parola stessa. Il solo ricordarli ogni anno rimanda a   un atto di giustizia, per quanto formale,  verso coloro che non ci sono di più. E soprattutto verso le loro famiglie.

Sotto questo aspetto, Giorgia Meloni sembra non possedere alcun senso di giustizia. Anche quest’anno, in occasione della celebrazione del 44° anniversario della strage di Bologna, controbatte stizzosamente alle critiche, ma non scioglie il nodo fondamentale: quello della sistematica teorizzazione della violenza da parte del Movimento sociale. Teorizzazione che deriva dal fascismo e che è  alle origini culturali del terrorismo. La leader di Fratelli d’Italia sembra preoccuparsi più difendere la memoria missina che la memoria delle vittime.

Inoltre quest’anno nelle sue parole si può notare un pericoloso scivolamento verso il “modello Mussolini”. Intanto riportiamo le parole di Giorgia Meloni.

«Sostenere che le “radici di quell’attentato oggi figurano a pieno titolo nella destra di governo”, o che la riforma della giustizia varata da questo governo sia ispirata dai progetti della loggia massonica P2, è molto grave. Ed è pericoloso, anche per l’incolumità personale di chi, democraticamente eletto dai cittadini, cerca solo di fare del suo meglio per il bene di questa Nazione » (*).

La Meloni polemizza con Paolo Bolognesi, presidente dell’associazione familiari delle vittime. Il punto inquietante, che mi ha particolarmente colpito, è dove la Meloni parla di pericolo "per l'incolumità personale di chi, eletto, eccetera, eccetera", facendo riferimento a se stessa. Insomma, si paventa un attentato contro la sua persona, favorito, se non addirittura animato, da chiunque osi sollevare critiche nei riguardi della teorizzazione sull’uso della violenza politica da parte del Movimento sociale, che è agli atti. E non solo giudiziari. Basta  infatti  sfogliare qualsiasi manuale storico e sociologico sul fascismo e sul neofascismo.

La Meloni nega l’innegabile. E, altro dettaglio non secondario, parla di sentenze che “attribuiscono” la strage “a esponenti di organizzazioni neofasciste”. Il verbo “attribuire” è di una ambiguità assoluta. Soprattutto quando l’ “attribuzione” rimanda a un terzo: dio, un giudice, un padre, eccetera. “Attribuzione” come frutto di decisione altrui, che può essere giusta o meno.

Per capirsi: un leader normale in un paese normale, cioè senza scheletri fascisti nell’armadio, avrebbe parlato di sentenze che “provano”, eccetera, eccetera, non di sentenze che “attribuiscono”, alimentando ipocritamente una “richiesta di giustizia” delle famiglie, che però va nella direzione opposta a quella prescelta da Giorgia Meloni: le famiglie vogliono  risalire alla "cupola", andando oltre, si dice, gli esecutori neofascisti, Giorgia Meloni vuole invece che la strage sia “attribuita” ad altri. Insomma, anche se non lo dice apertamente, vuole discolpare i “suoi”.

Dicevamo del modello Mussolini. Nel 1925-1926, il duce subì tre attentati, che contribuirono all’emanazione delle cosiddette “leggi fascistissime”, per liberarsi definitivamente dal peso, insopportabile per un fascista, di ogni opposizione democratica.

Pertanto l’idea che ogni critica sia pericolosa per “la persona” di Giorgia Meloni guarda al modello Mussolini. Ci spieghiamo meglio.

In primo luogo, la libertà di opinione e di critica viene equiparata al favoreggiamento della violenza contro la stessa Meloni; in secondo luogo, si cerca, diciamo sotto sotto,  di creare consenso intorno al varo di misure liberticide, come quelle del 1925-1926, nel disgraziatissimo caso che qualche sciagurato oppositore provasse a passare all’atto.

Come si può intuire, siamo ben oltre le polemiche politiche intorno alla strage di Bologna. Purtroppo sembra essere in gioco, come mai nel passato della Repubblica, la stessa libertà degli italiani.

Carlo Gambescia

(*) Qui: https://www.governo.it/it/articolo/dichiarazione-del-presidente-del-consiglio-giorgia-meloni-occasione-del-44-anniversario .

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