lunedì 5 agosto 2024

Fidarsi dell'Italia? Una parola!

 


“Che gli italiani lascino subito il Libano”. Le parole  del Ministro degli Esteri Tajani, che da giovane era di fede monarchica (quindi di fughe se ne intende), hanno un grande valore simbolico. Gli italiani, come le famose galline del film scelgono sempre la fuga. E purtroppo di stare dalla parte sbagliata. Quasi sempre quella che sembra al momento la più conveniente.

La politica dell’Italia verso Israele è a dir poco ambigua, storicamente ambigua, per la famosa preferenza palestinese, prima sposata della democrazia cristiana, poi dai socialisti, infine da Berlusconi. Ma si potrebbe risalire al Mussolini presunto amico dell’Islam e degli arabi in particolare. Ovviamente in chiave antibritannica e antifrancese. Oppure, perché più vicini a noi, agli abbracci tra Berlinguer e Arafat.

Oggi Giorgia Meloni, ammiratrice di Enrico Mattei, che, è bene ricordarlo, Israele non vedeva di buon occhio, va in Cina a stringere la mano a un dittatore. Di più: si comporta con Israele da cerchiobottista di prim’ordine. E briga con libici, tunisini, egiziani, sicuramente non sinceri amici di Gerusalemme, per contrastare l’immigrazione attraverso l’edificazione dei campi di concentramento dall’altra parte del Canale di Sicilia. Paga i secondini. Per il bene dei migranti ovviamente… Per difenderli dall’illegalità… E con i campi di prigionia in Nord Africa, come la mettiamo? Sono legali dal punto di vista della dichiarazione dei diritti dell’uomo? Capito? Si critica Israele per come tratta i palestinesi. Però…

Insomma due pesi due misure. In realtà siamo dinanzi a una carognata verso povera gente – i migranti – che cerca solo una vita migliore. Ma si sa le carogne, soprattutto in politica,  sono sempre forti con i deboli e deboli con i forti.

Fortunatamente Israele può contare sugli Stati Uniti, sulla propria coesione interna e sulla superiore tecnologia militare. E del resto, Gerusalemme sa benissimo di non poter contare sull’Italia politica. Esistono da noi associazioni e gruppi pro Israele, ma i governi, come scrivevamo, hanno sempre privilegiato i nemici di Israele. O comunque, come in tante votazioni all’Onu, la benevola neutralità verso i palestinesi. La merce di scambio – ecco l’italiano gallina in fuga davanti alla storia – è sempre la stessa: evitare di trasformare lo Stivale in teatro di attentati terroristici.

Si rifiutavano, e si continuano a rifiutare, le responsabilità storiche dell’Occidente, che vanno oltre i meri interessi italiani, nei riguardi della libertà e della sicurezza dello stato d’Israele. Che,  non si dimentichi  mai,  ricopre  il  ruolo di primo bastione, contro il fondamentalismo, non degli innocui gommoni pieni di bambini, ma dei razzi  e delle bombe maneggiati da esperti  e motivati soldati politici,  in un'area geopolitica ben più importante del secondo fronte italiano, per così dire.

Realismo politico dalla vista corta, al quale basta che le bombe non "piovano" in casa nostra.  Non "pioverebbero", che per pochi minuti,  nel disgraziato caso della caduta di Israele. Per l'inferno,  sarebbe solo questione di  tempo, brevissimo tempo.

Il tutto commisto a certo fraintendimento dell'onore nazionale. Di marca fascista.  Ancora oggi, certa destraccia al governo – si pensi al ministro Musumeci, siciliano, missino fino alla cima dei capelli – ha il coraggio di celebrare l’episodio di Sigonella, quando Craxi facilitò la fuga di alcuni terroristi palestinesi con le mani sporche di sangue. Una vergogna. Altro che “onore nazionale”.

Sul punto va anche detto, che gli stessi amici dei governi italiani al di là del Canale di Sicilia, sanno benissimo di che panni ci vestiamo. Una prova? Il tiranno  Gheddafi, prima grande amico di Berlusconi e dell’Italia (una bugia ovviamente), poi abbandonato al suo destino (pura  verità). Insomma, sanno benissimo, che la stessa sorte può toccare agli attuali leader filoitaliani. Ottime basi per una alleanza…

Dell’Italia, storicamente parlando, nessuno si fida. C’è una tradizione letteraria in argomento, piaccia o meno, che risale a Machiavelli. Che qualche fondamento ha, non tanto a causa di Machiavelli, grandissimo teorico della politica, spesso incompreso, ma per il comportamento non proprio inappuntabile, delle nobili dame italiane andate  spose qui e là nell’Europa del Cinque-Seicento (Caterina de’ Medici ad esempio, coniuge di  Enrico II di Francia). E poi i Cellini, i Cagliostro, i Casanova. Quei  "paraventi" degli ambasciatori veneti.  Perfino Mazzini, all’inizio,  in Gran Bretagna era guardato con sospetto. Praz, grande storico della letteratura, ci ricorda che nel romanzo gotico inglese, l’italiano è raffigurato quasi sempre  come personaggio torbido.

Si lascino stare le belle parole della retorica diplomatica. La Francia ad esempio fu pugnalata due volte: nel 1870 e nel 1940. La stessa Francia di Napoleone III – che con la Gran Bretagna di Palmerston – aveva favorito l’unificazione italiana. Solo per dirne una.

L’Italia, per dirla con il Bacchelli de Il Mulino del Po, è un coniglio mannaro. La sua classe politica è spregiudicata, infida, pronta a tutto, disposta a piegarsi davanti al più forte. Come fece Mussolini con Hitler. E come Giorgia Meloni, sottobanco, tenta di fare oggi con i nemici di Israele.

Carlo Gambescia

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