giovedì 8 agosto 2024

George Washington e Adolf Hitler pari non sono

 

 


Il lettore non si allarmi a causa dell’incipit che segue, perché l’argomento che oggi tratteremo, anche se apparentemente “alto”, ci aiuta a capire la realtà politica che ci circonda.

L’incipit è questo: Mosca, Pareto e Michels, tre grandi protagonisti della scienza politica del Novecento, teste all’altezza, o quasi, di Hobbes, Locke, Spinoza, hanno però commesso un errore. Quale?

Innanzitutto l’errore non è ascrivibile, diciamo direttamente, alle lore opere. Ma al tipo di lettura, da parte di interpreti poco scrupolosi e poco preparati, che ne è stata data. Favorito però in qualche modo, come vedremo, da certo loro purismo scientifico a rischio politico, soprattutto quando portato all’eccessso.

Innanzitutto diciamo che l’approccio dei nostri tre maestri è quello del formicaio. Ci spieghiamo.

A loro avviso la società, soprattutto quella politica, va studiata in vitro, “sotto vetro”, come in laboratorio. Si pensi quindi a un formicaio ricostruito in laboratorio, per così dire dentro una teca. Pertanto nessuno sconto nei riguardi delle forme di regime politico e degli uomini politici. Per capirsi: 1) che sia democrazia o dittatura sono sempre in pochi a comandare sui molti; 2)tutti i “politici”, una volta sotto vetro, si somigliano, pertanto Adolf Hitler uguale a George Washington.

Va però sottolineato che sul piano personale Pareto, nonostante le tardive simpatie fasciste, era per l’assoluta libertà intellettuale; Mosca, da principio non del tutto sfavorevole al primo governo Mussolini, dopo l’assassinio Matteotti, e le successive leggi speciali, capì che la sua critica al parlamentarismo era andata ben oltre il bersaglio prescelto; Michels, diciamo il  vero  fascista fra i  tre, morì nel 1936, all’inizio della svolta totalitaria di Mussolini, pertanto, sull’uomo, resta il cosiddetto beneficio del dubbio. Avrebbe seguito il duce fino in fondo? Difficile rispondere.

Ora il problema qual è? Che talvolta ci capita di leggere interpretazioni, soprattutto quando si tratta di studiosi di destra, non sappiamo se in buona o cattiva fede, focalizzate sull’approccio formicaio. Diciamo molto piegate sul lato scientista, se si vuole purista, delle opere di Mosca, Pareto, Michels. Che per dirla tutta è anche quello più oscuro, tenebroso se si vuole. Del resto nessuno è perfetto, neppure un grande pensatore. Figurarsi gli epigoni.

Per quale ragione oscuro? Per una semplice ragione di inevitabile ricaduta politica.

Perché, seguendo la logica politica del formicaio, per un verso si rischia di aprire, politicamente parlando, la porta alle dittature, perché se sono sempre in pochi a comandare, il problema non è più quello della forma di governo (liberal-democratica o meno) ma dei contenuti di governo ( il suo successo o meno); per l’altro, sempre in chiave politica, se Giorgio Washington e Adolf Hitler pari sono, si rischia di attribuire ai seguaci di Hitler una rispettabilità politica che non meritano, perché una cosa è la democrazia americana, un’altra la dittatura nazionalsocialista. Basta chiedere a qualsiasi onesto storico.

Cosa vogliamo dire? Che l’approccio formicaio, può anche essere giustificato, ma deve essere corroborato, prima e non dopo che le cose precipitino, dalla condivisione dei valori liberal-democratici. Che sono l’orizzonte politico-morale entro il quale il mondo moderno ha conosciuto lo sviluppo di una libertà e di un tenore di vita privi di precedenti storici.

Come evitare la deriva formicaio senza per questo tradire la scienza?

Si potrebbe parlare di realismo politico liberale. Anche perché il lato luminoso del pensiero di Mosca, Pareto e Michels rinvia alla circolazione delle élites. Tradotto: governano in pochi, ma non sono mai gli stessi (ed è proprio questo l’aspetto che “sfugge” all’ interprete malintenzionato). Anche perché, cosa non secondaria, la liberal-democrazia, come metodo, rimanda alla scheda elettorale e non al fucile mitragliatore. Quindi alla tolleranza, al rispetto delle minoranze (eccetto quelle nemiche del liberalismo, sempre per il discorso che pari non sono), alla libertà di scelta dell’elettore, eccetera, eccetera. Che poi la liberal-democrazia non sia un sistema perfetto e che, come la storia  delle forme politiche insegna, non durerà per sempre, non significa che debba essere preferita la dittatura. Che di inconvenienti ne ha di maggiori.

Riassumendo, la scienza politica – chi scrive parlerebbe però di scienza metapolitica – non può non essere realista e al tempo stesso liberale. Si studi pure l’uomo in vitro, ma senza cedere nulla ai nemici del liberalismo. Perché Giorgio Washington e Adolf Hitler pari non sono.

Dicevamo dell’attualità, dell’importanza di capire la realtà che ci circonda. A parere dei lettori, la classe politica oggi al governo, ammesso e non concesso che conosca il pensiero di Mosca, Pareto e Michels, quale volto sceglierebbe? Quello tenebroso del formicaio? O quello luminoso della libera circolazione delle élites? In altri termini, dittatura, larvata o pasticciata quanto si voglia, o un sano realismo liberale?

Piccolo aiutino: la cosiddetta legge sul premierato (*) va nella direzione del formicaio…

Carlo Gambescia

(*) Qui alcuni miei articoli in argomento: https://carlogambesciametapolitics2puntozero.blogspot.com/search?q=premierato .

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