L’autorevole rivista britannica osserva che la forza di Putin è rappresentata dalla debolezza dell’Occidente. In che senso? Per la semplice ragione che ogni aereo, carro armato, drone, proiettile non inviato a Kiev è un punto messo a segno da Mosca. Ed è ciò che sta accadendo. Perché l’Occidente tentenna. Offrendo così alla Russia il debole fianco, eccetera, eccetera.
A dire il vero non è una grande scoperta. Chi scrive – come altri osservatori, non molti in verità – è dall’inizio dell’aggressione russa che reclama un crescente supporto militare all’Ucraina.
Le guerre, piaccia o meno, si vincono sottraendo l’iniziativa militare all’avversario. La tecnica, concettualmente parlando, è antichissima: lo si deve terrorizzare e costringere alla fuga, per uccidere o imprigionare il suo esercito in rotta. Il nemico deve avere una tremenda paura di combattere, che deve rimanergli addosso per un tempo indefinito. E come si fa? Lo si terrorizza sconfiggendolo sul campo in modo inequivocabile.
Per fare tutto questo occorrono una ferrea volontà morale (di vincere) e armi (per vincere): due fattori che portano alla vittoria, che, a sua volta, consiste, nella distruzione materiale e morale del nemico. È un processo circolare: per vincere servono le armi, ma per poterle usare occorre determinazione morale. A Saigon, ad esempio, non mancarono armi e appoggi, fu assente invece la forza morale.
L’Ucraina ha dimostrato – e con con onore – di saper resistere moralmente quando ha respinto la prima offensiva russa nel febbraio-marzo del 2022. Dopo di che, grazie agli aiuti militari dell’Occidente, non sempre adeguati, ha comunque provato di essere in grado di difendersi e contrattaccare. Nei limiti però di aiuti militari che, come spiega “The Economist”, si sono nel tempo rarefatti.
Un giusto richiamo alla realtà delle cose. Dal momento che proprio per questo motivo, la guerra è precipitata in una condizione di stallo.
Un punto morto ( o quasi) che però favorisce oggettivamente i russi. Perché fruiscono di maggiori risorse militari e morali, sebbene queste ultime nel senso costrittivo delle dittature.
Perciò, come giustamente si interroga “The Economist”, esiste il fondato rischio che Putin possa vincere (“Is Putin winning?”).
Si può allontanare questo rischio? Si può evitare che una vittoria militare, oltre a evitare come primo obiettivo che gli ucraini perdano la libertà, rafforzi il grossolano senso di autostima di una dittatura? Quella russa? Che sogna di sottomettere prima tutta l’Europa orientale e poi dividere e impossessarsi dell’Europa occidentale? Mangiando una foglia per volta come se l' Europa fosse un carciofo?
Come si esce da questo vicolo cieco? Qual è il vero punto della questione? Che l’Occidente euro-americano lesina armi e aiuti all’Ucraina perché non crede che la Russia nutra disegni egemonici come quelli appena accennati.
L’Occidente è pacifista e proietta la propria ideologia pacifista sul nemico. Avendo da tempo rinunciato a ogni volontà di potenza all’esterno ( i processi di decolonizzazione del Secondo dopoguerra ne restano la prova più evidente) come pure all’interno ( il massiccio depotenziamento delle virtù militari e della figura stessa del “guerriero”, ridotto a caricatura hollywoodiana), gli Stati Uniti e l’Europa non credono in una Russia – per capirsi – hitleriana. Alcuni osservatori, in particolare in Europa, considerano Mosca addirittura un’ottima alleata in funzione anticinese.
Quest’ ultima è solo un’ ipotesi geopolitica, quindi meccanica, che trascura il vero nocciolo del problema. Quale? Ripetiamo: che l’Occidente, imbevuto di pacifismo, non è più in grado, né culturalmente né psicologicamente di riconoscere il nemico.
Come abbiamo più volte scritto l’Occidente oggi è incapace di “pensare” la guerra.
E questo è un segno di grave decadenza.
Carlo Gambescia
Buongiorno sig. Gambescia, vengo al punto, la sua lettura e' come sempre acuta, soprattutto sull'attitudine pacifista Europea, le ragioni della quale sono certamente legate alla natura stessa dell'Europa, unità politica ma militarmente coperta da un ombrello a egemonia statunitense ma lei ne ha scritto decine di articoli illuminanti, la cosa su cui non concordo e le chiedo perciò ragioni a supporto, e' la sicurezza con cui considera il putinismo al pari di un hitlerismo paneuropeista, ovvero alla leggerezza con cui da' per scontata la loro ambizione egemonica sul continente. Rimanendo ai discorsi pubblici e all'operato politico degli ultimi vent'anni tutto ci fa pensare che la Russia putiniana abbia puntato a una sfacciata e neppure troppo velata difesa del suo rivendicato spazio o sfera di influenza. E da qui tutti i discorsi, credo sinceri, seppur discutibili, su un mondo multipolare. Non e' un caso che Biden in uno degli ultimi discorsi abbia prorprio preso le distanze da questa retorica/ideologia dicendo che gli Stati Uniti non supportano l'Ukr secondo 'logiche di sfere di influenza' e interesse nazionale. Un discorso bello, a mio avviso ingenuo, sicuramente sincero, ma bello, molto 'mission oriented'. Tornando al punto: e' positivamente saggio considerare la Russia 'male assoluto' da sconfiggere oppure e' meglio riconoscerne realisticamente le rivendicazioni e a partire da queste imbastire una politica che sia di contenimento, sicurezza ma anche normalizzazione. Perché se azzardi un aiuto che non puoi dare fino in fondo sperando di risvegliare così spiriti bellici sopiti non e' che hai meno colpe perché dopo puoi consolarti con un utopismo ideologico da buone intenzioni ma cattive realizzazioni. E non e' che dopo ti giustifica l'averci provato, ma 'il popolo bue preferisce termi caldi e buoni sentimenti'. Questo e' celodurismo da poltrona quasi equivalente al pacifismo da divano. A noi serviva e servirebbe un'alleanza militare europea, non un esercito europeo, magari con un presidio e contingente stabile in Ucraina come deterrenza, diplomazia con obiettivi chiari, stabilizzazione delle relazioni e un percorso di normalizzazione progressivo e non demonizzazione della Russia.Finora i nemici giurati di Putin che hanno soffiato sul fuoco di Euromaidan (il gruppo democratico alla Blinken e repubblicano alla McCain) non hanno mostrato di sapere aiutare fino in fondo quelli a cui vendevano democrazia e liberalita'. Insomma, se volevamo aiutare gli Ukr liberali a camminare sulla strada dell'emancipazione, minacciati da vicino com'erano, forse lo abbiamo fatto nella maniera sbagliata e continuiamo a non fargli capire cosa vogliamo. Se gli vogliamo liberali e nel loro territorio integro o se ci accontentiamo di quanto guadagnato finora e sotto il nostro ombrello...
RispondiEliminaGrazie dell’interessante commento. Che ho visto solo ora (5 febbraio 2024). Probabilmente, come dice lei, c’è un eccesso di sicurezza da parte mia. Però, se mi ha letto con attenzione, non mi riferisco mai a Putin. Diciamo che dal punto di vista dell’analisi metapolitica, la Russia, da quando esiste, come potenza ( da Pietro il Grande, più o meno) ha sempre guardato con brama a Occidente. Una brama due volte corrisposta (Napoleone e Hitler). Quindi il rischio, diciamo “metapolitico”, dello scontro egemonico esiste”. Per contro sul piano politico, come dice lei, servirebbe maggiore prudenza, meno proclami, e magari più fatti da parte dell’Occidente euro-americano. Ma anche qui la Russia non aiuta. Comunque, ripeto, la sua analisi è molto interessante e in qualche misura bilancia la mia. Grazie ancora.
RispondiEliminaCosa dire? Grazie a lei e alla pazienza con cui legge e commenta i commenti e sempre grazie ai suoi contributi e approfondimenti.
RispondiEliminaE io ricambio: grazie a lei.
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