Se l’Italia fosse un paese normale, cioè moderno, Chiara Ferragni sarebbe considerata un fiore all’occhiello. Una donna, che dal nulla, ha costruito una fortuna. Un esempio di merito, immaginazione, economia di mercato. Di capitalismo.
E invece no. Guai elevarsi e fatturare. Alla prima occasione, gli sciacalli della destra hanno dipinto questa donna come una specie di boss del marchio anonimo organizzato. Va precisato che, pure la sinistra giacobina non scherza. Berlusconi, un uomo che dal nulla ha inventato la televisione privata, è tuttora dipinto, quindi anche da morto, come il capo della anonima televisiva organizzata. E ora la sinistra, nonostante i proclami femministi, si prepara a cassare anche la Ferragni.
Si rifletta. Non è solo semplice invidia. L’invidia può produrre emulazione positiva. In realtà è autentico odio per chiunque abbia raggiunto il successo.
Dietro questo atteggiamento da iene, titolo tra l’altro di un fortunato programma Mediaset (effetto imprevisto delle azioni sociali), c’è l’odio per l’iniziativa privata. Per chiunque voglia fare da solo e che “riesca”. Quest’ultima è la cosa peggiore per le iene di destra e sinistra.
Non è solo invidia verso la ricchezza, come alcuni dicono, ma qualcosa di antropologico (in senso culturale): vero e proprio odio verso la volontà di fare, verso l’impegno individuale, verso la voglia di migliorarsi o anche solo di nutrire ambizioni.
Si prenda un altro esempio, Aboubakar Soumahoro. Probabilmente, non si è circondato delle persone giuste ( suocera e moglie, cognato). Però resta un modello di mobilità sociale: un migrante che ha saputo scalare la nostra società, laicizzarsi, studiare, scrivere libri, entrare in parlamento, tramutarsi in un moderno uomo occidentale. Un esempio per gli altri migranti. Nulla da fare. Il “negro”, non poteva non sapere, perciò deve essere distrutto.
La destraccia, che sui femminicidi, prima di condannare vuole capire l’esatta dinamica dei fatti, parla addirittura di “banda” Soumahoro. Va aggiunto che anche la sinistra giacobina lo ha ormai abbandonato al suo destino, come Danton, che fu ghigliottinato.
La sinistra è moralista, la destra è qualunquista. Però tutte e due odiano il merito. E soprattutto rifiutano l’idea stessa di mobilità sociale, legata all’economia di mercato. Detto altrimenti, all’economia capitalistica: la gigantesca molla economica della modernità. Una mano invisibile che fatto crescere un ceto medio, modellato i costumi, cambiato destini, elevato i capaci a prescindere dalla posizione sociale.
Quando la sinistra tira fuori dal cilindro l’accusa di “patriarcalismo” contro la destra, dovrebbe prima riflettere su se stessa, poi su questo problema. Perché non si può al tempo stesso avversare la destra e avversare il capitalismo, imponendo più welfare, più assistenza, più carità pubblica: quella carità statale che corrompe e penalizza gli spiriti animali del capitalismo, nel bene come nel male. Il “pacchetto” capitalismo va accettato nella sua interezza.
Dietro l’arcaica avversione della destra, che ha radici anticapitalistiche, verso la mobilità professionale della donna, c’è l’avversione verso la mobilità in quanto tale, cioè di uomini e donne. Avversione che a sua volta è la stessa avversione nei riguardi del merito, e di un sistema che premia il merito come il capitalismo, che caratterizza la sinistra. Però ecco il punto: non si può essere al tempo stesso dalla parte della donna e contro la società capitalistica.
Perciò, come dicevamo, non si tratta solo di invidia, ma di un anticapitalismo che accomuna destra e sinistra. E che rimanda a una società italiana tuttora in larga parte tributaria di una mentalità arcaica che vede nel successo mondano, altro principio fondante del capitalismo, soltanto un segno di prepotenza, inganno, corruzione, criminosità.
Un atteggiamento “patriarcale” sul quale pesa il lascito di una obsoleta cultura sociale cattolica che tuttora condiziona mentalmente, quindi in modo irriflesso, destra e sinistra. E che spiega la rilevanza dell’assistenzialismo, forma di carità pubblica, come rassegnazione individuale verso la propria condizione sociale. Si chiama immobilismo.
Un’ ultima cosa, l’articolo che abbiamo appena finito di scrivere non è controcorrente. Ad essere controcorrente, rispetto alla modernità, è l’Italia. Ma in un paese che non è normale suonerà controcorrente. Già sembra di sentire i “patriarchi” di destra e sinistra: “Gambescia difende Chiara Ferragni e Aboubakar Soumahoro. È dalla parte dei corrotti e dei criminali”.
Idioti, Gambescia difende l’idea di moderna mobilità sociale capitalistica, che non è di destra né di sinistra. Si chiama progresso.
Carlo Gambescia
Sicuro che Ferragni, Soumahoro, Berlusconi, con le rispettive Family, e, perché no, Briatore Santanché e altri self- made men de' Noantri siano un buon campione di liberalismo?
RispondiEliminaCaro Massimo Z, mio vecchio lettore, è ovvio che no (in particolare gli ultimi due, aggiiunti da lei...). Legga con attenzione: parlo di mobilità sociale capitalistica. Nel bene e nel male. Non di teoria liberale. Moblità, sconosciuta all'esterno dell'Occidente capitalistico. Nota come progresso. Un pacchetto unico. Piaccia o meno.
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RispondiEliminaLo so, mi perdoni, la mia era una forzatura - consapevole e voluta - volta a disvelare come la sua visione di liberalismo triste mi pare tratti come sinonimi liberalismo, capitalismo e progresso (appunto, un pacchetto unico). e che qualsiasi tipologia di liberalismo archico (liberalsocialismo o socialismo liberale) sia (stata) foriera solo di burocratizzazione e costi sociali. Mi sbaglio? Saluti e Auguri
:-) Sì, ha ragione, il liberalismo macro-archico (liberalsocialista) è foriero di guai... Quello archico, triste, per ora, è più utopia di ripiego che realtà vivente. Quando sono di cattivo umore evoco invece il liberalismo micro-archico e an-archico. Però questa mattina non lo ero... Ricambio saluti e auguri!
EliminaBuongiorno sig. Gambescia, concordo con lei sull'invidia come sentimento diffuso verso chi ha raggiunto il successo economico (e' un ladro? E' uno sfruttatore? Ecc), percio' faccia Ferragni la sua fortuna, però da qui a lodarla...Insomma, basta 'fare fortuna' per essere presi a esempio? O meglio, io non nego nemmeno al criminale patente certe doti, se le ha: intraprendenza, carisma, sicurezza ecc. Perciò perché negare a Ferragni le sue doti, però trovo sociologicamente giustificabile e non troppo grave che un imprenditore che fonda il suo successo su di lei come brand e non su un prodotto, quindi sulla sua immagine costruita e ricostruita e senza nessuna competenza specifica che non sia la vendita di uno spirito di successo e imprenditorialita' superficiale possa essere esposta a tale reazione, che prima che invidiosa e' di delusione. Direi che, parafrasando un vecchio proverbio, 'chi semina sogni, raccoglie risvegli'...Quindi, bruttissimi gli sciacalli, io preferirei il nobile Virgilio che guarda e passa, però sinceramente, fatico a issarle torno il quadrato liberale, perciò la predica, per quanto in generale valida, qui la trovo leggermente pretestuosa.
RispondiEliminaCapisco la sua lettura Samuele (a proposito, mi chiami Carlo, semplicemente). E apprezzo la sua “urbanità” nel commentare e porre domande. Sì, il rischio della “pretestuosità” è sempre in agguato. Grazie del consiglio.
RispondiEliminaPerò, in questo caso, mi consenta due osservazioni. Primo. Credo nella presunzione di innocenza. E per la Ferragni, siamo agli inizi. Quindi non desidero accodarmi al populismo giustizialista. Secondo. In Italia abbiamo sessantamila dentisti, la maggior parte con famiglia. E mi sembra che solo la Ferragni - figlia di un dentista - sia diventata milionaria. Ha saputo, diciamo, “fare fortuna” Quindi qualche qualità esemplare c’è. Certo, concludendo, il “quadrato liberale” potrebbe starle stretto. Però…
P.S. Sarei lieto se lei si presentasse meglio, in privato ovviamente. Un minimo di “conoscenza”, perfeziona, almeno su questa pagina, lo status di commentatore. Grazie. Qui: biblscienpol@zohomail.eu
Buonasera sig. Gambescia, grazie per la risposta. Leggo il suo blog da almeno da 12/13 anni, ho letto con profitto alcuni suoi libri e in passato, qualche anni orsono, ho pure scritto qualche commento. Io ho 38 anni e vivo in Veneto dove sono docente di Storia e Filosofia ad un Liceo scientifico. Il tema Ferragni e' emerso anche con gli studenti, ricordo più di una perorazione appassionata di qualche mia studentessa, che peraltro ha trovato il mio consenso. Si lamentavano delle critiche gratuite e spesso accese che venivano fatte alla coppia, difendendone, appunto, l'intraprendenza e il successo -mi creda che , diversamente che in passato, giovani studenti oggi sono molto sensibili a 'chi fa i soldi', il semplice fatto di averli fatti e' per loro prova inequivocabile di valore indiscutibile. Naturalmente concordo con lei su quanto sopra, non godo per il loro linciaggio mediatico (garantiamo sacro), non penso faccia bene a nessuno e sicuramente concordo che possa esserci anche una componente di invidia verso chi e' in vista, m anche un Acerra vendetta verso chi si e' spesso erto a paladino morale e attivista senza averne il carisma e la credibilità. Per quanto riguarda il suo successo, ripeto, penso sia innegabile la sua intraprendenza, per la quale però non provo invidia, perché altre figlie di dentisti possono essere persone meravigliose anche con un conto in banca minore ma pur nel loro piccolo innovative, creative ecc. Ferragni e Fedez mi sembra si siano impegnati in format comunicativi e culturali spesso svilenti, improntati a superficialità, pregiudizio, ingenuita' ecc. Quindi indirettamente credo non abbiano nemmeno contribuito troppo a quell'humus culturale su cui possa fiorire una sana cultura autenticamente liberale.
RispondiEliminaUn saluto e Buone Feste a Lei e i suoi cari
La rigrazio della sua risposta. Ragionevole. Le lascio perciò l'ultima parola. Professore, mi chiami pure Carlo. Ricambio saluti e auguri. :-)
RispondiEliminaGrazie mille Carlo! Naturalmente anche lei può chiamarmi Samuele e grazie ancora per la sua ventennale e preziosa riflessione!
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