Lascia a dir poco perplessi il fatto che un giallista armeno, naturalizzato greco, debba fare la lezioncina all’Occidente a proposito dell’invasione russa dell’Ucraina.
Parliamo di Petros Markarīs, il padre letterario del commissario Charitos, il Maigret ateniese, tradotto in Italia da Bompiani (I labirinti di Atene). Insomma abbastanza noto anche da noi. Qui il suo articolo (*).
Chiunque abbia radici armene non può non saperla lunga sulla terribile natura del militarismo e sui perversi legami tra nazionalismo e dittatura. E invece…
La buona disposizione degli armeni, diciamo a trattare – parliamo di brava gente, colta, laboriosa, abile negli affari – non impedì il genocidio. Ai militari turchi nulla importava della benevolenza armena. Di porgere l’altra guancia… Quei poveretti chiedevano solo di essere lasciati in pace. I turchi li massacrarono – donne, vecchi e bambini – come armenti da sacrificare al dio del nazionalismo. Gli armeni erano il nemico da cancellare, punto e basta. Minavano la purezza del sangue turco.
Eppure Markarīs addossa all’Europa e agli Stati Uniti la colpa dell’invasione dell’Ucraina. Si doveva trattare. Si doveva obbligare Zelenski a piegarsi. Certo, con i russi a pochi chilometri da Kiev. Che, come spiega la giustizia internazionale, fucilavano e stupravano.
Markarīs accusa l’Occidente di aver fomentato la guerra negli ultimi settat’anni. Di aver ucciso un sogno: la pace.
Non cita la guerra di Corea, ma da quella del Vietnam in poi, non ne perde una. Accusa Europa e Stati Uniti di voler esportare la democrazia sulle baionette. Di qui, le guerre giuste, difensive, dei popoli da “democratizzare”. O comunque un’opera di destabilizzazione della pace mondiale. Le sue tesi ricordano quelle dei sovietici negli anni Cinquanta del Novecento. “Loro” i buoni, tutti gli altri i cattivi: i nemici della pace.
Non si potrebbe essere più faziosi di così. Come se Unione Sovietica, Cina, Islam fondamentalista non fossero mai esistiti.
In pratica Markarīs, ammesso e non concesso che sia in buona fede, crede che basti la benevolenza per non essere massacrati. In realtà, a trattare – qui la ricetta di Kissinger, citato a sproposito dal giallista – si deve essere in due. La volontà deve essere reciproca. E i russi, ripetiamo a pochi chilometri da Kiev, non avrebbero mai accettato di trattare. Se non imponendo la capitolazione ucraina. Macron a questo puntava. Un astuto bouquiniste, altro che l’amico della pace con la mano sul cuore…
Quel che più ripugna dei pacifisti alla Markarīs è il nascondersi dietro la glicemica democrazia dei popoli: una specie di zuccherosa parola magica. Saranno i russi i liberarsi di Putin, gli afghani dei talebani, eccetera, eccetera.
Sciocchezzuole. Che ci vuole... Certo, come gli armeni si liberarono dei turchi.
Carlo Gambescia
(*) “Il sogno della pace è finito”: https://www.editorialedomani.it/idee/cultura/crisi-ucraina-pace-guerra-cittadini-politici-potere-rincari-sanzioni-diplomazia-sre7525n
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