Forse erriamo però Corrado Augias dà l’impressione di una persona, anzi di un intellettuale che sembra ritenersi più furbo di tutti. Insomma di saperla lunga, perché coltissimo, eccetera, eccetera.
Ovviamente, la cosa è facile quando si ha a che fare con personaggi come l’onorevole del Partito Democratico Andrea Romano, che, come si legge,
“ ‘ha presentato alla Camera in una conferenza stampa. Il documento Disinformazione sul conflitto russo-ucraino curato dalle organizzazioni non governative Federazione Italiana Diritti Umani e Open Dialogue [in cui ] infila in un calderone putiniano Alessandro Orsini e Corrado Augias insieme a Oliver Stone per un’intervista a Vladimir Putin. La ‘colpa’ di Augias è quella di aver condotto una puntata di Rebus intervistando lo storico Alessandro Barbero ‘ ” (*).
Ecco la replica di Augias alla “lista di proscrizione”:
“ ‘Cadono le braccia. Non per l’accusa insensata ma per i suoi estensori. Mi chiedo dove prendano le loro informazioni, con quale criterio, quale preparazione, le valutino. Sono andato con la memoria alla ricerca di una possibile fonte. Credo di averla trovata nel fatto che, nel corso del programma Rebus (Raitre), ho detto che bisogna anche tenere presenti le ragioni storiche che possono aver motivato il dittatore russo nella sua aggressione all’Ucraina. Il sottotitolo del programma è il celebre motto virgiliano ‘Rerum cognoscere causas’, cercare di capire perché le cose avvengono’ ”.
Perfetto. Risposta condivisibile. Però, come dicevamo, Augias, gioca di furbizia. O se si preferisce pecca di reticenza, dice e non dice. Si legga come prosegue l’autodifesa:
“ ‘È evidente che anche un tiranno come Putin avrà avuto bisogno di trovare ai suoi stessi occhi una qualche giustificazione all’aggressione e ai crimini che ne sono derivati. Questa giustificazione può averla trovata in un’idea che percorre la storia russa, attraversa i secoli dagli zar a Dostoevskij a lui stesso: l’idea di un impero che non è né Occidente né Oriente, quindi titolato a congiungere i due mondi in nome di una sua peculiare forza morale’ . Ma se – specifica Augias – ‘Putin non è paragonabile un gigante della letteratura mondiale, è da una precisa tradizione culturale che ha preso la sua ispirazione, c’è un altro saggio illuminante, che ho appena recensito per il Venerdì. Lo ha scritto Masha Gessen, nata a Mosca poi naturalizzata americana. Il sottotitolo parafrasa un dramma di Brecht:L’improbabile ascesa di Vladimir Putin. Descrive con un accattivante stile narrativo la conquista del potere da parte di un uomo che non s’è risparmiato nulla per arrivare alla sua posizione e, ora, per mantenerla. Avevamo tutto sotto gli occhi da tempo, scrive Gessen, e ci siamo rifiutati di vedere”. Così conclude, lasciando spazio all’inciso finale: “Esorto gli estensori dell’accusa a coltivare la lettura e, volendo, a qualche parola di rammarico ‘ ”.
Furbizia forse è parola forte? Offensiva? Giudichi il lettore, dopo aver letto le nostre ragioni.
In primo luogo, Augias omette un fatto importante: che l’idea degli Zar e di Dostoevskij volta a rivendicare l’unicità della Russia va letta in chiave antioccidentale. Detto altrimenti, non si tratta, come vuole far credere Augias, di un concezione neutrale e inoffensiva al di sopra dell’Occidente e dell’Oriente, ma di una vera e propria pistola carica puntata sull’Ovest. Quanto all’Oriente, per Mosca non è mai esistito, se non come prolungamento della Russia oltre gli Urali. Insomma, certe cose non si possono non dire.
In secondo luogo, Putin viene inquadrato come un uomo di potere (il che non è falso), sul quale, una volta caduto dal trono, come si lascia intendere, si chiuderanno le placide acque di una normalità di ritorno, tutt’al più percorsa da qualche lieve, seppure eccentrica, increspatura nazional-popolare, tipo quattro nostalgici dei Romanov. In realtà, le cose, sociologicamente parlando, non stanno così: nessuno governa da solo, soprattutto quando, a differenza delle democrazie occidentali, il confine tra macchina politico-militare post-sovietica e ideologia panslavista non esiste. Altro che “peculiare forza morale” delle idee di Dostoevskij. Tra l’altro, chiunque abbia letto le opere di un illustre slavista italiano, il professor Giusti, sa benissimo, che Dostoevskij, pur non essendo un militarista, era slavofilo, cioè contrario a qualsiasi rapporto con l’Occidente.
In terzo luogo, la tesi del non potevamo non vedere – noi occidentali – assume un aspetto sinistro da servizi segreti. Che si doveva fare? Fare fuori Putin? Avvelenarlo, come si usa in Russia? O limitarsi, cosa non facile per un’economia aperta come quella occidentale, a non fare affari con gli imprenditori russi, pardon, “oligarchi”? Sono cose che si devono dire. Ma Augias tace. Gli impedimenti oggettivi, ossia l’ ”idea che percorre l'intera storia”, non vale solo per la Russia di Putin, ma vale anche per l’Occidente, la cui unicità, piaccia o meno, è rappresentata dal cercare di fare buoni affari con tutti. A dire il vero, una specie di pistola ad acqua… Ma Augias tace.
Insomma, le “liste di proscrizione” vanno sempre criticate e condannate. Ci mancherebbe altro. Come però vanno biasimati gli intellettuali come Augias, che si nascondono dietro una cultura, che è tale, non tanto per virtù propria, quanto per ignoranza altrui. Infatti, siamo i primi in assoluto a muovere queste critiche specifiche, culturali. Se la sinistra, stupidamente proscrive, la destra, forse perché filoputiniana, si è limitata al solito idiota giochino destra contro sinistra, dell’ “adesso Augias ti lamenti, perché la sinistra questa volta ha ostracizzato te”. Scemenze da talk show.
Invece la cosa più grave, è che in questo modo Augias veicola, e non si capisce bene perché (certamente non per amore della verità), un'idea dell’invasione russa dell’Ucraina in realtà non obiettiva. Altro che il virgiliano “Rerum cognoscere causas”…
Carlo Gambescia
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