Inviteremmo gli amici lettori a concentrarsi su un altro aspetto della questione Salvini-Russia. I voti che a destra questo ennesimo scandalo sposterà verso Giorgia Meloni, che in cuor suo gode del nuovo infortunio politico in cui è incorso il leader della Lega.
Giorgia Meloni più affidabile di Salvini? Bah… In realtà, la Meloni sull’invasione dell’Ucraina da parte della Russia ha mantenuto un furbo atteggiamento cerchiobottista. Per capirsi: sì all’invio di armi (non specificando se pesanti o meno), sì e all’aiuto ai profughi, sì alle sanzioni (ma con un occhio alle bollette). In sintesi, la Meloni ha dichiarato, che, in caso di vittoria elettorale, la sua politica verso l’invasione russa dell’Ucraina sarà la stessa del governo Draghi.
Si tratta di una dichiarazione sibillina. Tipico cerchiobottismo di “copertura”, perché nasconde due fatti:
In primo luogo, che la politica degli Stati Uniti e dell’Unione Europea è attendista, e che quindi per ora esclude impegni militari diretti: si spera insomma che la Russia si stanchi e che con qualche concessione territoriale dell’Ucraina, si giunga “finalmente” alla pace. Un attendismo che al momento, per Fratelli d’Italia, se ci si passa l’espressione, viene proprio a puntino. Il famoso cacio sui maccheroni.
In secondo luogo, che nulla si dice sulla politica estera in generale. Di fatto, Giorgia Meloni, sul punto specifico, ha sempre rivendicato libertà di azione nei riguardi dell’ Unione Europea e degli Stati Uniti. Dietro il suo cerchiobottismo si nasconde un approccio sovranista. E resta assai breve il passo dal sovranismo al nazionalismo – culturalmente parlando – per un personaggio politico che proviene dalla destra neofascista: parliamo di una giovanissima iscritta al Fronte della Gioventù.
Insomma, essere dalla parte dell’Ucraina, come si proclama, non significa nulla. E di certo, le dichiarazioni meloniane non offrono alcuna garanzia politica per il futuro. Insomma, non esiste alcuna certezza circa la fedeltà di Giorgia Meloni ai valori atlantici ed europeisti. Per contro, il partito che rappresenta, parliamo dei quadri, si muove, e decisamente, secondo un’ ottica nazional-conservatrice, distante anni luce da una visione liberale, fiduciosa verso la democrazia parlamentare, i diritti civili e le libertà di mercato. Insomma, la società aperta.
Nei discorsi della Meloni, e qui fa testo l’ultimo tenuto in Spagna, dinanzi al pubblico estremista di Vox, affiora una rabbia verso i valori liberali veramente impressionante. In quel suo libro, l’ultimo, che si dice vendutissimo, non c’ è alcun sincero accenno alla cultura liberale. Si faccia un raffronto con il Gianfranco Fini de Il futuro della libertà: Giorgia Meloni è due, tre passi, forse quattro indietro.
A suo tempo, Fini, pur non essendo politicamente più limpido di "Giorgia", era circondato da un gruppo di intellettuali che amavano definirsi libertari. Lo fossero o meno ora non è importante. Quel che invece conta è che non erano rabbiosamente nazional-conservatori come l’entourage politico di Giorgia Meloni. Ad esempio, mai le donne del gruppo intellettuale “libertario” avrebbero sottoscritto la definizione di cui ama fregiarsi Giorgia Meloni: “ Donna, madre, cristiana e italiana”.
Tra l’altro, se la Meloni fosse veramente donna, madre e cristiana, nell’accezione universalista di tale triplice terminologia, se si vuole liberale, nutrirebbe un atteggiamento diverso verso le povere madri che affogano con i figlioletti nel Canale di Sicilia. E invece, a suo tempo, “Giorgia” voleva inviare la Marina Militare per respingere con la forza i barconi pieni di disperati.
In realtà, Giorgia Meloni è solo “italiana”, in chiave – e usiamola questa parola… – veterofascista: il suo essere “donna, madre, cristiana” è ricondotto, in termini, nazional-conservatori al suo essere prima di tutto “italiana”. Per capirsi: nel senso dei figli donati dalle “donne” alla patria, più o meno in armi, con il cappellano benedicente. La cultura politica di Giorgia Meloni, per dirla con un quasi dimenticato liberale italiano, Ernesto Rossi, è quella dell’aspersorio e del manganello, quando serve. Una visione arcaica, se non tribale, che si scontra inevitabilmente con il pluralismo liberale.
Dimenticavamo, se si vuole una buona sintesi, del pensiero nazional-conservatore, quindi per capire il senso dei nostri rilievi, si legga il “Manifesto dei conservatori” di Prezzolini, una della cose peggiori che egli abbia mai scritto, in cui si difende "il proprio odore" contro "il puzzo degli stranieri".
Probabilmente, Giorgia Meloni, neppure lo ha letto. Diciamo allora che è nazional-conservatrice per imprinting politico missino. Il che è cosa peggiore. Soprattutto per chi si appresti a governare l’Italia.
Carlo Gambescia
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