Il Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (Ecdc) comunica che “solo Italia e Spagna, nell’Ue, presentano aree di colore giallo, quindi non ancora a rischio elevato di contagio. Il resto dell’Unione è rossa o rosso scuro” (*).
Tutto bene per noi allora? No. Perché il rischio di nuove chiusure, è reale. Basta che cambi il colore.
Inoltre, l’ Italia, nonostante sia ancora “gialla”, ha adottato, preventivamente il cosiddetto “Super Green Pass” per i mezzi pubblici, ristoranti e altri locali al chiuso. Le forze di polizia provvederanno ai controlli, eccetera.
Insomma, non c’è di che essere allegri. Chi arresterà la marcia di Golia?
Si rifletta su un punto in particolare. Il seguente: le autorità sembrano concordare sul fatto “che nella fase attuale, nella quale la campagna vaccinale è in corso, le indicazioni scientifiche internazionali non escludono la possibilità che il soggetto vaccinato possa contagiarsi, pur senza sviluppare la malattia, e diffondere il contagio” (**).
Riassumendo: zona a colori europea e italiana (quindi sistema automatico pavloviano); introduzione del Super Green Pass (quindi forti limiti alle nostre libertà); incertezza sulla relazione tra contagi e vaccinazioni ( le autorità scientifiche“non escludono…”), sono tre fatti che indicano che la macchina politico-poliziesca-sanitaria, costruita negli ultimi due anni, non sembra allentare la morsa sulla nostra vita sociale
Auspichiamo che i difensori della politica della sorveglianza, anche in buona fede, si propongano, finalmente, di riflettere su una questione fondamentale.
Che l’appello delle autorità politiche e sanitarie a “fare i bravi” (semplificando) è basato sull’ipotesi che una volta che saremo tutti vaccinati, potremo tornare a una libera vita sociale.
Ora però, se, come si legge, sono le stesse autorità a nutrire dubbi sull’ipotesi vaccino-salvezza collettiva (“non escludono…”), il rischio vero non è solo quello dei sacrifici inutili, ma di sottomettersi, senza sapere fino a quando, ai voleri della macchina politico-sanitaria di sorveglianza. Che di volta in volta – vista l’assoluta assenza di certezze – alzerà inevitabilmente l’asticella dei vaccini (due dosi, tre dosi, quattro dosi, e così via), come quella delle misure restrittive di sicurezza sociale (“Super Green pass”, "Super Super Green Pass”, “Super Super Super Green Pass”, e così via).
Anche perché (ammessa e non concessa la perversa logica welfarista dell’assistenza totale), la cosiddetta normalizzazione sarebbe collegata ( persistendo, come sembra, l’incertezza) a colossali investimenti nella sanità pubblica. A che scopo? Poter elevare i parametri di sicurezza al momento vincolati alla disponibilità dei posti letto nei reparti di intensiva, dai quali, per l’appunto, dipende il ritmo delle aperture e delle chiusure.
Investimenti insostenibili per tre ragioni: 1) dal punto di vista dell’esplosione della pressione fiscale; 2) dell’indebitamento pubblico che giungerebbe alle stelle; 3) della redistribuzione interna della spesa pubblica sanitaria che inevitabilmente andrebbe ad avvantaggiare alcuni settori, penalizzandoli altri.
Pertanto, l’ incertezza sull’ipotesi salvifica e l’impossibilità di investimenti fanno sì che la macchina politico-sanitaria della sorveglianza si auto-sostenga promettendo ciò che non può mantenere.
Naturalmente, poiché come è noto l’organo finisce sempre determinare la funzione, la macchina politico-sanitaria della sorveglianza, proprio perché si auto-alimenta grazie alla logica dell’emergenza sine die, non può non costituire un ostacolo al ritorno alla normalità, perché verrebbe meno la rendita politica di cui ora gode. Quindi, in qualche misura, si tratta di una logica che va oltre l’epidemia, pardon la pandemia.
Il che spiega misure per un verso risibili come il Super Green Pass e l’espressione arcigna ma buffa, dei burocrati politici e sanitari che vivono di questo. Come pure l’uso diffuso dell’antica tecnica del bastone e della carota verso cittadini trattati come bambini.
Lo statalismo ha un lato tragicomico, che i russi conoscono bene, anche in letteratura, da Gogol’ a Solženicyn.
Fino a quando però? Difficile dire. Perché si tratta di un fenomeno strutturale: qualcosa, purtroppo, che si riproduce indipendentemente dalla volontà degli individui. Fino al punto, come accade nei grandi sistemi totalitari, che non è più necessario impartire ordini perché tutti obbediscono “in automatico”.
Certo, non siamo ancora a tal punto. Però la marcia di Golia fa paura…
Carlo Gambescia
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