Esiste una fallacia argomentativa che ogni studioso di scienze sociali deve sempre cercare di evitare: quella della pars pro toto. Tecnicamente si parla di fallacia di composizione
Detto altrimenti, di attribuire, sul piano della spiegazione, la proprietà di una “parte” del fenomeno (pars) a “tutto” il fenomeno (toto).
Ad esempio, se per ipotesi, in una forza politica comunista prevalessero i calvi, sarebbe errato dedurne una correlazione positiva tra calvizie (parte) e comunismo (tutto). Inoltre, si commetterebbe lo stesso errore, anche se tutti i membri di un partito comunista fossero calvi. Solo nel caso che tutti i calvi della terra fossero comunisti si potrebbe avanzare l’idea di una qualche relazione positiva tra perdita dei capelli e opzione falce e martello.
Fermo però restando che la calvizie rimarrebbe un aspetto esterno, superficiale del comunismo. Di conseguenza la verifica dell’ipotesi dovrebbe essere estesa ai fattori interni: condizione sociale, economica, lavoro, studi, valori, eccetera. E qui di nuovo, comparirebbero i rischi di scambiare la parte, cioè uno dei singoli fattori ricordati, con il tutto, la scelta comunista.
Non sono diventato folle… Perché proprio a questo tipo di fallacia, pensavo, leggendo del “trionfo” del Presidente Mattarella alla Prima della Scala. Dal pubblico, durante sei minuti di applausi, si è levato più volte il grido di bis, nel senso, ovviamente, di un altro settennato.
Perché però parlare di fallacia? Per una semplice ragione. Oggi alcuni osservatori, commettendo l’errore pars pro toto, parlano di un’Italia che amerebbe alla follia Mattarella fino al punto di implorarlo. Di chiedergli insomma di rimanere al Quirinale.
Quale Italia però? Quella della “Prima” della Scala. In passato contestata proprio perché alto borghese. E tale è rimasta. Perciò, gli applausi per Mattarella provengono dalle élite dirigenti, raccolte, a campione, intorno alla rappresentazione del “Macbeth” di Giuseppe Verdi.
Ciò significa che l’alta borghesia, una fascia della popolazione italiana, rappresentata nel “Campione-Scala”, una parte comunque, si riconosce politicamente in un Presidente di centrosinistra. E l’altra Italia, il tutto, quella non presente, neppure in campione? Bella domanda…
Insomma, una cosa è chiara. Che – se ci si passa lo stupido gioco di parole – coloro che identificano l’Italia della “Prima” della Scala con l’Italia del “Sottoscala”, commettono la fallacia pars pro toto.
In buona o cattiva fede? Giudichino i lettori.
Carlo Gambescia
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